100 anni fa l’Italia entrò nella Prima guerra mondiale: un doveroso omaggio

A differenza delle altre guerre, la Prima guerra mondiale non ha una serie di cause ma concause.

La seconda guerra mondiale ebbe una causa scatenante certa nel ripristinare l’onore (presunto tale) calpestato nella prima, grazie a un nuovo sentimento nazionalistico molto più forte e maturo rispetto l’inizio del XX° secolo. Il nuovo nazionalismo ebbe la forza di formare il fascismo (1922)  il comunismo (1917) il nazismo (1933) e il franchismo (1936) mentre negli anni antecedenti la prima guerra mondiale si limitò agli isterismi dell’opinione pubblica, che le cancellerie d’Europa non seppero gestire perchè impreparate alla dimensione sociale dello Stato.

La prima guerra mondiale scoppiò invece per una serie di concause tra cui un ceto sociale non rappresentato nel governo (borghesi e proletari), gli effetti della grande depressione del 1875 nel crollo dei prezzi agricoli e la forzata emigrazione nelle città dei contadini arruolati nel proletariato industriale, quindi un’incredibile pressione sociale al cambiamento, un’arte impazzita nella ricerca maniacale del “nuovo”, indipendentemente dalla qualità, (è così ancora oggi nei consumi degli occidentali e nello shopping) la pressione delle donne per una nuova realtà nella società, l’assenza di un luogo di composizione delle diatribe internazionali (Il Concerto europeo del 1815, inaugurato al Congresso di Vienna, non fu più adeguato) l’estrema superficialità e immaturità dei regnanti dell’epoca che si circondarono di mediocrità (lo è ancora oggi osservando i governi d’Italia, nella Ue e nell’amministrazione statunitense) lo sganciamento dell’economia dalla politica e infine gli effetti del nazionalismo all’interno degli imperi. La lista non è certamente completa e spiega come la prima guerra mondiale fu voluta da tutti, contribuendo in un modo come nell’atro a “stappare il tappo” alla bottiglia di champagne!

Lo studio approfondito di questo evento, oltre ai fatti squisitamente storici concatenati, tipici di ogni evento umano, rivela sotto traccia una realtà molto più complessa. Il mondo occidentale riesce a passare, in un baleno, dalla follia e divertimento sfrenato della Belle Epoque e Art Nouveau al più disastroso evento bellico dell’intera storia dell’umanità. Clamorosamente vengono smentite delle certezze granitiche come una guerra breve e la superiorità dell’interesse economico su quello politico. Il riferimento ad oggi per l’euro e la globalizzazione sono immediati. In quest’epoca come allora, viviamo di certezze così fragili!

Specificatamente sul caso italiano, comunemente chiamato “il dilemma del 1915” che poi sarà ancora vissuto l’8 settembre 1943, e nell’ingresso nell’euro nel 2001, ci sono delle considerazioni speciali da fare. L’Italia si trovava in un’alleanza che tradì per schierarsi “dall’altra parte”. Entrò in guerra con la scusa delle terre irridenti per completare il Risorgimento, ma in realtà se “irridente” erano Trento e Trieste, lo erano anche Nizza e la Corsica, come una delle menti più brillanti di allora, l’ambasciatore italiano a Berlino, Bollati, dichiarò. La scusa italiana nascose un bisogno di potenza verso l’Adriatico, sostituendo il ruolo dell’Impero Austriaco a danno delle ambizioni albanesi e serbe. Non ultima, come considerazione, va ricordato come il Trentino non fosse particolarmente interessato a diventare italiano, trovandosi molto bene nel seno dell’Impero Austriaco; chi dichiarò questo fu Alcide De Gasperi, già parlamentare a Vienna. Si aprono così degli angoli bui che svelano l’azzardo dell’Italia nel voler entrare in guerra.

Questo sconcertante atteggiamento italiano di triplice tradimento, sia verso gli alleati (austro-tedeschi) che nei confronti del paese (la guerra non viene decisa in parlamento) come verso la casa regnante italiana (Il governo Salandra ipotizzò la perdita della monarchia se non si fosse agito in fretta) rivela la complessità della società moderna, attuale e globalizzata dove il tradimento dei valori e accordi presi è una costante. Il riferimento non è più solo all’inganno della moneta unica (le condizioni della Romania sono pari a quelle tedesche per avere la stessa moneta?) ma anche all’incredibile conflittualità di coppia che produce una mortalità dell’amore al 42% nelle coppie sposate (dato certo) che diventa il 60% (dato stimato) includendo le coppie di fatto. Il tradimento è la regola nella società moderna. Non è forse un tradimento anche quello consumato dagli studenti islamici che hanno studiato nelle scuole occidentali, educati a principi di democrazia che oggi tagliano la gola in nome dell’ISIS?

La Prima guerra mondiale ha aperto tutte queste dinamiche che 100 anni dopo assumono una forma “definita” nella totale indefinitezza.

Del resto la paura di perdere il regno non fu solo italiana, ma certamente anche per lo Zar e in forme minori per il Kaiser.

Allargando l’ottica sull’intero Occidente europeo, sconcerta la clamorosa superficialità del piano Schlieffen, con cui la Germania attaccò la Francia. L’illusione che tutto debba proseguire secondo i piani ha certamente alzato il numero di morti a un livello sconosciuto fino ad allora. Alla “stupidità senile” o immaturità del Piano Schlieffen, non furono meno colpevoli/immaturi gli stati maggiori degli altri eserciti, incuranti dei segnali già lanciati dalla Guerra Boera, la Guerra civile americana e la campagna russo-giapponerse, che modificarono completamente il modo di combattere di allora. In pratica l’intera intellighenzia militare occidentale non fece “i compiti a casa”, perdendo l’occasione per capire che il mondo era cambiato e non lo compresero neppure quando i loro soldati morirono in quantità enormi. Quanta superficialità.

La superficialità e l’immaturità sono le parole chiave per capire la Prima guerra mondiale.

Attenzione: questa celebrazione della Prima guerra mondiale non disprezza il sacrificio che fu sofferto da tutti per disegnare un mondo nuovo. Al contrario, sia per emozione che per studi appositamente realizzati su questa pagina di storia, il rispetto spesso si fa lacrime e brividi nella memoria verso quanto accaduto in ogni lato del fronte. Il terribile dubbio, ormai quasi certezza, è che il nuovo mondo, emerso dalla Prima guerra mondiale, non sia migliore di quello vecchio. In pratica, è pensabile che abbiamo sbagliato i conti portando la guerra in nervosismo sociale e individuale, quindi conflittualità, unendo il tutto a disoccupazione e precarietà. E’ l’alfabeto della globalizzazione.

Il mondo era globalizzato all’inizio della Prima guerra mondiale nella coscienza d’essere francesi, britannici, tedeschi e italiani come spagnoli e russi. Oggi il mondo è globalizzato nell’incoscienza delle radici culturali: cosa siamo?

Concludendo, la Prima guerra mondiale, nello stile della più genuina psicanalisi, rivela nascoste molte più realtà rispetto quelle di facciata che si chiamano azzardo, impreparazione, superficialità, sofferenza & sacrificio senza un perchè (il ricordo va alla carica di cavalleria italiana contro gli austriaci, il giorno prima della cessazione delle ostilità, per avere qualcosa d’epico da ricordare negli anni avvenire. Chi lo ha raccontato alle famiglie dei caduti e feriti che fu un’altra prova per giocare?) bugie, nichilismo e quindi la superficialità di un uomo che per definirsi ha tolto la D alla parola Dio, per rivelarsi un IO povero e immaturo. A quando il riscatto?  Potremo immaginare un uomo nuovo realmente preparato e profondo anziché ubriaco d’internet dove tutto s’afferma senza capire?

Dov’è il nuovo uomo (invertendo le parole dall’abitudinario “uomo nuovo”) nel cui nome è stata aperta e combattuta la Prima guerra mondiale?