Internazionalizzazione con dazi; quanto sono immaturi coloro che si agitano per le nuove politiche di dazio applicate dagli Usa verso l’Europa!

E’ completamente arrogante e fuori dal tempo pretendere di produrre un prosciutto di San Daniele solo nel nord del Friuli per esportarlo negli Stati Uniti.

Quando sarà possibile capire questi concetti così elementari?

Certamente il Parmigiano Reggiano proviene dalla produzione di latte locale (sarà poi vero?) ma la sua stagionatura, ad esempio, è possibile in Vermont.

Si apre, nella nuova internazionalizzazione, voluta dalla Brexit e dalla Presidenza Trump un concetto di prodotto completamente diverso rispetto alla prima era della globalizzazione.

Chi vuole vendere sul più grande mercato di consumo del mondo (Stati Uniti d’America) deve anche produrre in quella terra assorbendone una quota di disoccupati.

IL DAZIO NON SI APPLICA A CHI PRODUCE NEL MERCATO DOVE VUOLE VENDERE IL PRODOTTO.

Espresso in forme ancor più chiare a una classe imprenditoriale oggettivamente ignorante, chi non apre una sede all’estero paga pegno.

Tutte le merci europee che sono prodotte in Europa o peggio assemblate in Cina e rifinite in Europa per essere vendute negli Usa, pagano il dazio.

Il concetto è valido perché, con il dazio, si pagano I DANNI che produce una merce straniera in terra d’America, senza contribuire, in posti di lavoro, al benessere collettivo.

In Europa si gioca a fare gli ecologisti nell’ubriacatura da Greta-gretini quando negli Usa si pensa all’elettore americano che ha necessità di lavorare.

Ancor peggio in italia dove si pensa agli immigrati, neppure ai connazionali! L’italia resta un’anomalia da cui appunto: l’anomalia italiana.

A questo punto l’internazionalizzazione diventa selettiva.

chi sa e può o vuole, anche con i fondi dello Stato, aprire una sede all’estero (negli Usa) impiegando almeno 7-12 dipendenti locali, evita il dazio. Gli altri pagano pegno perché producono un danno sociale all’America.

Chi non ha capito alzi la mano!