QUESTA VERSIONE DEL TESTO E’ STATA APPOSITAMENTE MODIFICATA PER CONSENTIRE UNA MIGLIORE LETTURA ALLA COMUNITA’ DEL PARKINSON

Riflessioni sul il prigioniero da Parkinson in merito al volume di spesa farmaceutica che affronta per sopravvivere

il prigioniero da parkinson

Una signora, prigioniera da Parkinson, dichiara in una conversazione rivolta verso di me: noi siamo dei malati preziosi all’industria farmaceutica perché ognuno di noi spende una grande quantità di denaro (chi 20mila o 30mila e di più) in farmaci. E tu pensi che ci vogliano guarire? Ma per cortesia! noi siamo il motore economico di un sistema che ha bisogno del nostro essere malati alla faccia del tuo dirci che invece siamo dei prigionieri da Parkinson. Anzi, tu che non sei malato come me, devi sapere che se il corpo non ti risponde più colpisce anche la mente e i neuroni che smettono di funzionare come dovrebbero. Siamo un tutto integrato: mente e corpo. Devi essere malato come me per capirlo!
Per lanciare una terapia sociologica riabilitativa della personalità servono degli argomenti; cosa posso rispondere a queste considerazioni a un prigioniero da Parkinson?

Ritengo che Il prigioniero da Parkinson sia un consumatore come tutti. Per quanto mi riguarda  compro tutti i giorni il pane, quindi la casa e un’auto ogni tot anni, ma non per questo mi sento sfruttato dalla società che spinge comunque verso un consumo sfrenato immorale.
Dove la differenza? io che mi diverto e mangio mentre iprigioniero da Parkinson sopravvive tra mille sofferenze? o meglio spiegato, tra me che consumo per scelta al posto del il prigioniero da Parkinson che ne è costretto?
La differenza è morale non sostanziale.

Una guerra alza il PIL del paese eppure le persone muoiono e soffrono! Avere la febbre e comprare i farmaci alza il PIL e allora? Posta in questi termini la specificità de il prigioniero da Parkinson decade!
Il mio obiettivo è semplice e diretto: smettere di sentirsi vittima sacrificata sull’altare del consumo o, ancora peggio, identificarsi nel malato al centro di una “sfortuna” senza precedenti, piangendosi addosso per il resto della vita. Basta! non se ne esce più fuori da questo delirio dantesco se ci si impegna e persevera nel soffrire. Il prigioniero da Parkinson soffre come un malato di tumore, di SLA etc.. e consuma come chiunque altro anche se non gode della scelta al consumo in ambito farmaceutico.
Passiamo a un altro aspetto ugualmente importante.
Il corpo, l’anima e la facoltà di produrre pensiero sono un tutt’uno, per cui se una parte è danneggiata colpisce anche le altre? Spiegato meglio, se il corpo è ferito anche la mente smette di funzionare come dovrebbe seguendo il male che ha colpito una delle 3 aree vitali della persona?
Io non lo credo, non sono in accordo con questa teoria del tutto insieme.
Non lo son perchè penso a 3 entità completamente diverse: quella corporea, la emozionale e infine cognitiva (capacità di produrre pensiero)
Uno dei miei padri spirituali, il prof. Milton Erickson (lo scienziato che ha lanciato la terapia breve che più volte cito nelle mie riflessioni) ha sofferto le pene dell’inferno in ogni senso e lato, cessando la vita per malattia. Ebbene nonostante l’intenso dolore fisico, Ericsson ha prodotto una delle creazioni più esemplari dell’epoca moderna: la differenza tra un malato e il paziente (il primo è anonimo con cura standard, il secondo richiede una terapia personalizzata)
Perdere una gamba vuol forse dire che non si possono più provare emozioni (area emotiva) o produrre pensiero nuovo (parte cognitiva)? Non avere un braccio inibisce il poter amare o procreare figli?

Ebbene se queste considerazioni sono vere, si confermano 3 aree distinte nell’essere umano:

– quella corporea;

– quella emotiva (capacità di provare emozioni e sentimenti)

– quella cognitiva (capacità di produrre pensiero)

Le 3 aree sono ovviamente connesse, ma anche indipendenti tra loro.
Concludendo, il prigioniero da Parkinson non è più/meno sfruttato di altri nella logica della società dei consumi. Non solo, ma ritenersi “sterile” sul piano emotivo e cognitivo, perché in sofferenza corporea, è una giustificazione per non reagire nella conquista di una qualità di vita necessaria alla dignità per esistere.
Auguro a tutti di riappropriarsi della propria dignità umana.

Un ultimo aspetto: quale la differenza tra carcerato e il prigioniero? Secondo me il carcerato si è immedesimato nella galera cessando di pensare e provare emozioni, mentre il prigioniero lotta per restare libero pur essendo in prigionia. A chi sto cercando di parlare, a dei carcerati o prigionieri?