Hong Kong, l’ex colonia britannica incautamente ceduta alla Cina comunista dal governo inglese nel 1°luglio 1997 esprime, da diversi mesi una decisa posizione: No a sentirsi cinesi nella Cina comunista.

Si tratta di un concetto che la stampa globalizzata tende a soffocare e non considerare perchè attacca uno degli aspetti fondamentali del sistema globalizzato.

Smontare la Cina comunista significa chiudere definitivamente l’era globalizzata per come oggi la percepiamo riprendendo la nazionalizzazione degli Stati. Mi spiego. Si tratta di passare da un mondo “tutto uguale e collegato, almeno nei consumi” alle singole culture e nazionalità.

Attualmente e solo per necessità commerciali, si “pensa” che tutte le persone sul pianeta Terra siano uguali. L’obiettivo è semplice. Passare oltre la 9 civiltà esistenti al mondo da 50mila anni, a patto che si standardizzino i consumi.

Ecco come la parità tra razze diverse dovrebbe essere assicurata: attraverso il consumo massificato e unificato.

Ovviamente così non è. Le differenze culturali restano. La differenza di genere è una realtà non modificabile. Esistono 9 modi di vivere nel mondo, 9 per vestirsi, amare, mangiare e morire.

La differenza culturale non è modificabile perchè le persone vogliono restare diverse.

Chiarita la crisi del sistema globalizzato, nel dettaglio si arriva alla Cina che ne rappresenta uno dei punti nodali.

Cos’è la Cina se non una dittatura comunista assimilabile a una colonia prodottiva per l’Occidente?

Infatti la Cina non produce per se stessa ma per il mondo. Inoltre il Partito Comunista cinese non può tollerare la nascita delle classi sociali in Cina perchè ciò annullerebbe il “tutti uguali” necessario alla permanenza del partito al potere.

Su tutto c’è anche da considerare l’anacronismo della presenza di una dittatura in epoca contemporanea.

In effetti la Russia non è una democrazia, anche se apprezzabili sono i tentativi per assomigliarci. Comunque la dittatura, nel suo concetto di oppressione come fu quella comunista in Russia, esprime una visione politica al tramonto nell’assetto culturale moderno.

Mai come oggi la Cina comunista è sotto attacco concentrico.

Gli Stati Uniti, grazie al suo presidente e per motivazioni economiche, sono in guerra con la Cina, finalmente! Hong Kong dichiara al mondo che è meglio non essere cinesi nella Cina comunista.

Passando per Hong Kong e Washington emerge un quesito: la Cina comunista ha un futuro?

Prabilmente siamo alla fine della Cina comunista, ma il vero quesito è come ne uscirà questo paese dalla trasformazione/evoluzione politica. Tutte le componenti dell’attule Cina (vedi il Tibet ad esempio) resteranno unite o si scinderanno in altrettanti stati?

L’Asia è in trasformazione, esattamente quello che non piace agli investitori in fuga da quell’area, dove certamente il Giappone e l’India restano ancora punti di riferimento certi.

La rabbia della democrazia mordendo la dittatura comunista. Una rabbia che coglie anche l’Italia dove l’ex PCI, oggi PD, torna al potere pur sconfitto alle recenti elezioni politiche del 2018. Un nuovo colpo di stato targato Mattarella (il secondo di questo “Presidente”).