Le gestione del fenomeno immigrazione. Nuove tendenze del Governo (ipotesi al vaglio al Consiglio dei Ministri del 31 maggio 2011)

La gestione dei flussi migratori al vaglio del Governo. La crisi da eccesso d’immigrazione che l’Italia sta sopportando, ha spaccato il paese. La maggioranza dei cittadini non è disposta ad accettare quanto le istituzioni sono “costrette” a tollerare, rammentando che tutta l’attuale legislazione in materia è carente di un referendum.

Nessun italiano ha mai votato espressamente una modifica nella qualità della sua vita quotidiana, ovvero la mescolanza di culture e razze diverse. Preso atto di quanto il Paese sia diviso va anche notato come neppure di fronte alle più cruenti crisi si possa contare sulla compattezza nazionale per affrontare le situazioni più difficili.

Il rischio da eccesso d’immigrazione non riguarda solo un numero di persone “che non si sa dove mettere” ma rappresenta un rischio di destabilizzazione per il Paese.

Non ci sono precedenti per queste dimensioni, ogni regione italiana si è dichiarata contraria all’accoglimento, ma il Governo insiste per una sistemazione (forse temporanea) per questa gente. Sarebbe stato saggio “chiudere” l’Italia per “eccesso di immigrati” già due mesi fa, ma questo non è avvenuto e piangere su quanto non fatto, conta veramente poco.

La gestione del fenomeno e l’annesso rischio di destabilizzazione per il Paese, dall’immigrazione, deriva da:

– una crisi economica (a questo punto sociale) che non accenna a diminuire i suoi effetti, per cui si rinvia sempre di più il rilancio, da cui però un numero di disoccupati in netta crescita;

– nonostante l’alto numero di senza lavoro, il 31 gennaio di quest’anno con il click day, si sono autorizzati ben 98mila nuovi immigrati (legali) a entrare nel paese;

– oggi le previsioni parlano di altri 80mila immigrati (clandestini) da ospitare in Italia, con arrivi a un ritmo di 2mila persone al giorno;

– va ricordato come i profughi palestinesi, negli anni Settanta, ospitati negli Stati confinanti a Israele, cercarono d’impadronirsi di quelle nazioni da cui furono prontamente cacciati o eliminati (vedi settembre nero in Giordania) ma così non fu in Libano. Oggi gli Hezbollah sono quei palestinesi di allora, sostenuti dall’Iran, che hanno costituito uno stato dentro lo stato (nel sud) Quindi non va dimenticato il pericolo per una Nazione, quando i profughi rappresentano una dimensione eccessiva e organizzabile in termini antitetici alla comunità originaria;

Con questi elementi urge trovare una soluzione per la gestione del flusso, indipendentemente dalla fazione politica d’appartenenza.
Ancora sotto shock dall’iniziativa francese in Libia, tesa a fomentare la rivolta per appropriarsi di un mercato che era sotto l’influenza italiana, (pure necessità elettorali finalizzate alla rielezione dell’attuale presidente) il Governo italiano sta studiando una contromossa, che se avesse successo, potrebbe cambiare l’intero asse dei rapporti con il Nord Africa.

Memore di quanto gli americani fecero con noi nel 1946 con il Piano Marshall, il Governo starebbe studiando la possibilità di:

– all’immigrato che accettasse di rientrare nel proprio paese concedere un buono (3/5mila euro) a patto che si dichiari disponibile per essere formato su una specifica attività lavorativa;

– l’Italia s’impegnerebbe così a costruire con i suoi mezzi e materiali officine meccaniche, capannoni industriali fornendo macchinari, tecnologia e il necessario per avviare micro e piccole attività industriali e meccaniche, a favore del mercato interno tunisino o libico che sia.

Se un progetto di questo tipo potesse decollare, rappresenterebbe un rilancio della nostra economia nell’intera area del Mediterraneo e un volano per le imprese, incastrate in un mercato interno non adeguato al ritmo di produzione necessario al mantenimento degli attuali livelli occupazionali. In pratica si farebbe di necessità virtù, perseguendo un modello di crescita e sostegno economico già sperimentato positivamente.

Fin qui il progetto a livello di concetto, ma perché possa diventare una strategia, servirebbe il pieno accordo, sostegno e impulso della Confindustria e delle altre forze politiche. Su questo piano l’appello a tutti gli imprenditori d’Italia è semplice: come cittadini ma anche quali capi delle vostre imprese, possiamo spingere per un progetto d’interesse nazionale oltre i partiti e gli interessi particolari per giungere a un modello di sviluppo per altre nazioni sotto la direzione e la progettualità dell’Italia?