Il vero rischio che deriva dalla pandemia da polmonite cinese non riguarda il solo calo del PIL, ma colpisce l’indebitamento dello Stato italiano sul PIL.

Mi spiego.

Qualche giorno fa è stato pubblicato uno studio, in questo sito, che aggiorna la perdita del PIL da virus cinese passando da un -2% al -5%.

Questo studio è confermato. Di seguito il link dell’articolo:

ecco lo studio che aggiorna la perdita del PIL derivante dalla polmonite cinese dal -2% al -5% per il 2020

Come solo indicato in prima pagina di un quotidiano italiano, oggi 27 marzo 2020, con il deficit sul PIL da spesa pubblica in 160% qui si spiega l’opposizione della Ue all’emissione di titoli pubblici comunitari.

Cercando di spiegarmi va rammentato come l’Argentina nel 2001 sia fallita, come Stato, raggiungendo il 155% d’indebitamento sul PIL.

La Grecia è ugualmente fallita al 187% mentre il Giappone, con il 267% d’indebitamento, non ha alcuna intenzione di fallire!

A conti fatti il raggiungimento del 150% d’indebitamento sul PIL da parte del debito pubblico, indica uno sbarramento dove il pagamento degli interessi diventa così pesante da non garantire la restituzione del debito.

Vuol dire, che il vero rischio, per uno Stato, è quello di non saper ripagare il debito (titoli pubblici) ai cittadini e investitori quindi fallisce.

E’ anche vero che per distorsioni al mercato, applicate dal Governatore Mario Draghi (motivo per cui non è qui apprezzato), il tasso d’interesse applicato sui titoli di Stato italiani è oggi ridicolo, anzi troppo basso.

Sempre ad opera di queste distorsioni, anche lo spread sui titoli pubblici italiani è falso.

Per quanto tempo sia lo spread, sia gli interessi sul debito pubblico potranno artificialmente essere tenuti su livelli non reali?

Per non reale vuol dire non corrispondenti al vero rischio che il debito pubblico italiano esprime.

Con queste considerazioni la Ue NON VUOLE ENTRARE NEL RISCHIO ITALIANO quindi abroga l’idea di un’emissione unica, comunitaria, di titoli di stato che comprenda anche l’Italia.

Si rammentano alcuni dettagli: lo Stato italiano costa 25 miliardi al mese.

Attualmente chi ci ha “messo i soldi”, per sostenere lo Stato Italiano, sono le banche che ricevono gratuitamente dalla Bce il denaro.

Il denaro della Bce è letteralmente stampato (l’operazione si chiama QE – quantitative leasing) senza alcuna relazione al PIL esistente/prodotto.

Va altresì rammentato che si stampa tanta moneta (in tempi normali) per quanto è stato prodotto in un anno, appunto il PIL.

Ne consegue che tanto PIL tanta moneta.

Il Governatore Draghi dal 2015 ha avviato una stampa di carta moneta da 80 miliardi al mese che si concluse a fine 2018.

Questa ingente immissione di liquidità sul mercato, ha determinato l’artificioso ribasso degli interessi sui titoli pubblici e dello spread.

Al momento, la fiammata inflazionistica che naturalmente si dovrebbe avare da Qe non si è ancora manifestata nella Ue restando al 2,5 negli Usa.

Il vero rischio, oggi, non è il calo del PIL da polmonite cinese, ma il fallimento dello Stato italiano per eccesso di debito.

In pratica l’Italia produce “100” e spende 160.

Chi ha governato l’Italia dal 2012 ad oggi (sempre il Partito Democratico) è corretto che risponda al Paese del suo fallimento.

Va ricordato che l’indebitamento pubblico è partito dal 1975 con l’istituzione degli Enti Locali, Regioni, Provincie e Comuni.

Seguendo molto attentamente lo sviluppo dell’indebitamento sul PIL, due anni fa, alle elezioni politiche del 2019 il debito era al 132,4%

A gennaio 2020 la Ue ha aggiornato il debito italiano al 136%.

Oggi la stampa italiana esce con il 160% spiegando quale sia il vero rischio che corre l’Italia in queste settimane.

Dai conteggi che ho fatto nei miei studi, in realtà, arrivo al 145% d’indebitamento sul PIL, però è possibile che la stampa sia più aggiornata rispetto le mie ricerche.