Sanzioni economiche e conseguenze in ambito macroeconomico; si tratta di un argomento attuale, molto applicato nel corso della storia, ma non studiato adeguatamente in dottrina. L’unico vero studio, per altro a livello di solo articolo, neppure tradotto in italiano, risale al 1992, pubblicato nel 2004, rivisto nel 2022  e si riferisce al contributo di Jonathan Eaton (laureatosi nel 1972, vivente) e Maxim Engers, docente d’economia all’università della Virginia, negli Stati Uniti, tuttora in attività.

Lo studio dei due ricercatori è rintracciabile nella rete Web al seguente indirizzo: https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=285416 

e ripreso dall’Università di Chicago con il seguente riferimento: https://www.journals.uchicago.edu/doi/abs/10.1086/261845?journalCode=jpe

Questo è quanto la dottrina offre al momento.

L’analisi considera i danni inflitti alle due parti, ovvero di colui o di quello Stato/organizzazione a cui è imposto un ritardo di sviluppo economico, sociale e politico, ma anche il danno derivante dalla mancata vendita che subisce la Nazione (colei che agisce contro) che non esporta quanto vorrebbe. Si tratta di due effetti da considerare.

Per studiare questa dinamica la ricerca, quella poca applicata sino ad oggi, ha adottato la teoria dei giochi di John Nash (premo Nobel nel 1994 all’economia per lui matematico ed economista, vissuto tra il 1928 e il 2015).

Ebbene nel più totale rispetto (quanto venerazione per il prof Nash) la teoria dei giochi, nella sua interazione strategica tra le parti non appare, al momento la strada più proficua per lo studio delle sanzioni.

Considerando gli effetti che le sanzioni hanno generato sull0 stato iraniano per la proliferazione del terrorismo e del nucleare quale arma offensiva (al momento “canaglia” quindi sofferente per una dittatura religiosa di stampo islamico) e sulla Russia in esito all’invasione dell’Ucraina  (il popolo russo anch’esso vittima di un’ennesima dittatura passata dallo stadio comunista a quello nazionalista), nei due casi citati s’osservano degli effetti nuovi.

In termini empirici le “sanzioni” che avrebbero dovuto infliggere un ritardo nello sviluppo dell’Iran e Russia, hanno in realtà agito come sussidio (aspetto studiato sia in micro come macro).

Il sussidio ha permesso lo sviluppo in Iran, ad esempio, dell’industria bellica per cui oggi i droni (veicoli a decollo e attacco senza pilota umano, quindi indicati in codice come UAV – unmanned aerial vehicle) ampiamente venduti dagli iraniani ai terroristi d’Hamas e ai russi. Per quanto concerne la Russia il “sussidio” ha consentito lo sviluppo di un’economia di guerra con grandi stanziamenti da parte dello Stato. E’ grazie a questi imponenti stanziamenti statali che la Russia ancora non risente, sul piano economico, della morsa che le sanzioni avrebbero dovuto infliggere.

Viceversa, quella Nazione che non ha venduto, con sussidi statali ha ri-orientato il mancato fatturato verso altri mercati con alterne fasi di successo.

Concludendo, le sanzioni danneggiano in prima battuta chi le infligge. Il recupero, come fatturato perduto, per lo Stato che agisce contro altri, avviene nel corso del tempo (ma quanto?). Ecco il punto, una nuova frontiera di ricerca: quanti mesi servono allo Stato che ordina le sanzioni per recuperare quel fatturato non venduto?

La ricerca sulle sanzioni prosegue su queste pagine.