Il bluff cinese è sotto gli occhi di tutti eppure solo qualche mese fa si sprecavano le previsioni di sorpasso della Cina sugli Stati Uniti d’America.

Il punto debole delle previsioni, soprattutto quelle macroeconomiche, è sempre lo stesso: ragionare per progressione aritmetica anzichè con il raziocinio.

La Cina era e resta un paese arretrato, gonfiato per questioni ideologiche interne; del resto è una dittatura comunista.

Che i comunisti, compresi quelli italiani del PD e company, vivano di propaganda non stupisce; lo hanno sempre fatto per coprire le loro povertà.

Ciò che lascia perplessi è l’Occidente che alimenta il proprio nemico.

La Cina è una dittatura, ovvero un sistema politico e militare ostile alla democrazia. Perché s’importa dalla Cina anzichè produrre in Patria?

La parola Patria è poco conosciuta in Occidente e dimenticata in Italia, ma particolarmente viva in ogni nazione comunista compresa la Cina stessa.

Importare dalla Cina vuol dire mancare di rispetto al nostro livello di civiltà nel lavoro e dignità sociale. Ogni manufatto importato rappresenta un lavoro in meno per i nostri figli disoccupati. Qualcuno riesce a capirlo?

Oltre al binomio import dalla Cina e disoccupazione nazionale, che si conferma sempre più stretto, emerge con forza la necessità di DAZI come correttivo.

In ogni cattedra d’economia, di qualsiasi università Occidentale, si è abitualmente molto critici verso i dazi; monotonamente ci si limita alla sterile critica del monopolio e dei dazi all’import dalla Cina.

In realtà il dazio rappresenta una protezione alla civiltà e precisamente quella Occidentale. L’economia, abitualmente, non sa considerare le ricadute sociologiche delle sue scelte.

Il bluff della Cina, che nessuno ha voluto vedere, consiste nell’assenza di quelle strutture di base per essere potenza, tra cui la democrazia oltre alle minime condizioni d’igiene.

La Cina non è e non può essere una potenza semplicemente perché resta miseramente dittatura, ecco in cosa consiste il bluff cinese.

Sarebbe ora di smettere di giocare alla globalizzazione per tornare alla vita seria.