E’ patriota chi denuncia il reale rischio incombente di fallimento della Repubblica italiana? La domanda si pone perchè sia da sinistra (responsabile dei fatti) sia la destra (che teme i contraccolpi sul Governo) tutti si lanciano all’assalto del ragionamento liquidandolo come “fandonie”. C’è anche chi va oltre la sola critica, assegnando patenti d’incompetenza. Ultimo passaggio critico al ragionamento sul fallimento dello Stato coglie il senso patriottico. S’afferma che non è patriota spaventare la Nazione anticipando il collasso della finanza pubblica.

A questo punto la critica alla meditazione che dichiara la rottura finanziaria della Pubblica amministrazione italiana è mal posta.

Chi vuole dimostrare il contrario, ovvero la solvibilità dello Stato Italiano, in presenza dell’attuale debito pubblico, lo spieghi con numeri alla mano.

L’assenza di una base empirica stronca ogni critica vero l’imminente fallimento pubblico.

Per avere prova inequivocabile del rischio qui anticipato basta verificare quante sono le spese al mese dello Stato a fronte delle entrare. La ricerca è semplice. Al mese lo Stato spende 91,163 miliardi (dato aggiornato al 2022) incassando 51,240 miliardi. Una dinamica di questo tipo, che si è incrementata anno per anno, è in atto da 48 anni (precisamente dalle elezioni regionali del 1975).

Il fallimento dello Stato è riconosciuto in dottrina a partire dal 150% d’indebitamento sul PIL (l’Italia ha raggiunto il 161% ora in contrazione). Per consolarsi si ricorda che il Giappone è al 264% ma in quel caso ci sono molti punti di distacco dal caso italiano (ad esempio il debito giapponese e tutto in mani nazionali). Chi vuole discutere lo faccia partendo dalle cifre comunicate dalla Ragioneria Generale dello Stato, Bilancio semplificato dello Stato alla pagina web: https://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/attivita_istituzionali/formazione_e_gestione_del_bilancio/bilancio_di_previsione/bilancio_semplificato/

Il punto vero dell’analisi si sposta, ora, non tanto sul “se”, ma sul QUANDO e qui “casca l’asino” perchè ogni previsione in tal senso è un vero azzardo, privo completamente di qualsiasi fondamento. Il fallimento sia privato come pubblico non è prevedibile (come l’eruzione di un vulcano o un terremoto). Basta un non nulla per far degenerare in un attimo l’intero impianto della finanza pubblica. L’unica certezza è starne lontano il più possibile, ovvero non detenere “ricchezza” sotto forma di titoli del debito pubblico come CCT, BTP, e altro. Non solo, ma anche il dipendere dallo Stato per forniture o commesse in forma rilevante sul totale del fatturato rappresenta un vero rischio.

Prepariamoci (ritorno al denaro contante e cartaceo, mantenimento in casa/tasca/ di 40 gg di sopravvivenza in contanti per generi alimentati e bollette) e altro.

Il prof