Critica ai corsi in lingua straniera, specificatamente in inglese presso gli atenei italiani; è moda!

Per far cassa e attirare (giustamente) più iscritti, le Università italiane hanno iniziato un massiccio spostamento dei corsi regolari in lingua italiana a straniera.

Questa migrazione rappresenta un miglioramento ai fini della maturazione di nostri ragazzi che costano (dall’asilo alla laurea) 6.500 euro l’uno all’anno?

Valutando gli effetti visibili al momento, non è possibile dare un parere positivo all’uso della lingua straniera nei corsi di laurea italiani.

La critica è semplice.

A livello di sconto, sul piano dei contenuti formativi, i corsi in lingua straniera riducono i concetti per favorire l’allievo nel disagio linguistico.

Si configura in questo modo un corso di laurea B o meglio definibile a cultura incompleta.

Non è finita. Oltre allo sconto sui contenuti che rende gli allievi impreparati sulle diverse tematiche ai fini della risoluzione dei problemi nel mondo concreto e lavorativo c’è un altro aspetto.

Il linguaggio è memoria e capacità di comprensione dei fatti della vita.

Per approfondire una frase così semplice serve un approfondimento concettuale.

Uno studioso russo degli anni 30 scrisse un libro dal titolo PENSIERO E LINGUAGGIO.

Il messaggio di Vygotskij, giunto nel nostro Paese appena nel 1990 nei “Manuali di Laterza”, è semplice: il linguaggio permea la capacità di comprensione della persona.

Un umano capisce ciò che vede e sente; solo successivamente giunge ad elaborare l’informazione producendo a sua volta idee successive in un dialogo ideale con la cosa-idea (da qui il dramma della sordità e cecità). 

L’uso, o meglio l’abuso del linguaggio non nazionale (non natale, non familiare) obbligando la persona alla traduzione, riduce la portata della comprensione.

Questo meccanismo di riduzione di comprensione si concretizza nel limitato tempo d’elaborazione dell’informazione.

Una prassi di questo tipo, diffusa a livello nazionale, induce il cittadino a un’assuefazione e accettazione passiva e “per scontato” dei termini.

Il passaggio successivo derivante dall’uso di parole di cui spesso non si conosce il termine (vedi MES etc..) è squisitamente politico ralativo a governi nazionali non votati dall’elettorato.

Quest’abuso costituzionale (vedi il Mattarella e il Napolitano e i loro diversi colpi di stato in bianco) rappresentano una semplice conseguenza per una popolazione distratta da parole che non capisce.

Tutto ciò indica il perdurare dell’anomalia italiana, nel panorama delle democrazie occidentali, in particolare dal 2001 ad oggi.

La critica all’uso.abuso della lingua straniera in quella nazionale o peggio nei corsi di formazione è così spiegata.