Criteri di applicazione nella selezione del personale: la ricerca del capo reparto

Criteri di applicazione di una scienza. Questo studio nasce da una recente esperienza, svolta in una grande impresa manifatturiera italiana. In questo caso gli imprenditori sono in seconda generazione, proseguendo nell’applicare metodiche e stili vissuti attraverso i loro genitori negli anni Cinquanta.

Laddove la perpetuazione della genuinità ha fatto la fortuna dell’impresa, che non risente della crisi (esporta al 50% il suo fatturato) e prosegue ad assumere (oggi stesso, mentre queste righe vengono scritte, sono state assunte a tempo indeterminato 2 unità su un totale di 120) utilizzando il capitale proprio e non quello di terzi tramite banca, si riconosce la necessità di un adeguamento ai tempi.

Negli anni Cinquanta e Sessanta, in Italia, l’imprenditore viveva l’azienda lavorandoci 12-15 ore al giorno.

Nei tardi anni Settanta, inizia a sentirsi la necessità di una presenza dell’imprenditore anche fuori dall’azienda. Tendenza che si consolida negli anni Ottanta e Novanta per esplodere fragorosamente dal 2000. Negli ultimi 12 anni, il vero imprenditore è colui che “colloca” la sua impresa sui mercati stranieri, dove non si comporta più come un semplice venditore, bensì conosce l’idea stessa del bene che produce e la incarna, offrendola nelle diverse sfaccettature ai potenziali clienti. Nasce così la figura dell’imprenditore-artista che offre un bisogno soddisfatto nella sua gamma di produzione, anziché solo battersi sui prezzi di vendita.

Per consentire all’imprenditore, dopo molti anni d’azienda, di poter lavorare sui mercati, quindi lontano dalla “scrivania” servono due figure:

– altri soci che svolgano un ruolo di garanzia nell’azienda, eseguendo gli ordinativi che pervengono dall’imprenditore itinerante;

– dei capi reparto che tecnicamente sappiano condurre le più fasi di lavorazione, assicurandone i passaggi tecnici nei giorni e settimane tra un viaggio e l’altro dell’imprenditore.

Ecco che il capo reparto diventa così il traduttore tecnico in produzione, qualità e tempi di produzione, dell’idea di prodotto dell’imprenditore.

Tradotto in pratica, questa visione mistica della figura del capo reparto, non è mai realistica, però resta un obiettivo cui tendere. Ecco da cosa nasce il bisogno d’applicare dei criteri di applicazione preventivamente preparati prima d’avviare la selezione.

Introducendo il concetto di danno, quando un capo reparto produce una mancanza all’azienda? Oltre la semplice questione tecnica, sullo svolgere il lavoro di coordinazione in un modo anziché un altro, il vero danno arrecato all’impresa consiste nel numero di minuti-giornate che impegna l’imprenditore nel reparto per il disbrigo di quelle fasi tecniche, che dovrebbero invece essere di sicura pertinenza del capo reparto. Misurando in percentuale la quantità di tempo spesa in azienda, da parte dell’imprenditore, si oscilla tra un valore ottimale del 45-55% a quello medio (purtroppo) oscillante tra il 55-70% per entrare successivamente, per valori più alti in una dimensione critica. Il “danno” si rende concreto per valori di tempo presenza imprenditore in azienda superiori al 60%.

Si potrebbe ipotizzare un richiamo disciplinare al capo reparto che non consente, dopo anni di attività lavorativa, all’imprenditore di dedicarsi ad altra attività? Non esiste al momento una giurisprudenza matura per codificare un tale comportamento. Con sentenza del tribunale di Palermo, qualche anno fa, si è sanzionata l’impossibilità del richiamo in presenza di bassa produttività, a meno che faccia parte di una serie di comportamenti sanzionabili. In pratica se ci fosse una costante violazione degli orari in entrata e uscita, un atteggiamento conflittuale con gli altri e anche una bassa produttività lavorativa, allora quest’ultimo aspetto contribuisce a definire la sanzione del personaggio.

A oggi “il danno da mancata libertà dell’imprenditore nel presentarsi sui mercati”, a opera di un non corretto lavoro di coordinazione del capo reparto, non è stato ancora discusso di fronte ai sindacati e ai magistrati, però i tempi sono maturi.

Resta un altro particolare sul quale riflettere: chi è il capo reparto? Preferibilmente un operaio che ha maturato capacità e conoscenze tali da potersi porre come coordinatore tra i suoi compagni di lavoro. Nel caso questa scelta non fosse possibile, perché spesso non si riesce a far maturare un simile punto di riferimento, si deve procedere nella libera ricerca di mercato, che in questi mesi è particolarmente “felice”. Moltissimi italiani sono in cerca di un posto di lavoro e questo rimette in discussione scelte eseguite 10-15 anni fa, dove solo gli immigrati erano disponibili al posto in fabbrica.

Con quanto fu fatto negli anni addietro, spesso oggi ci troviamo capi reparto coloro che furono chiamati ad aiutare i nuovi operai d’allora. Attualmente, quegli “istruttori” sono invecchiati nella funzione, ma non perché l’abbiano effettivamente maturata. Nasce così la necessità, in questi mesi, di un ricambio tra gli attuali capi reparto invecchiati nel ruolo e non coscienti delle mansioni che dovrebbero assicurare e la pressione di disoccupati con esperienza, che possono ambire al salto di qualità da precedenti mansioni d’operaio a capo reparto.

Concludendo, vanno sempre connesse le ambizioni dell’azienda con il fattore umano. Appunto criteri di applicazione. In questa relazione il capo reparto è colui che consente un’aggressiva posizione commerciale dell’azienda nel mercato globale concedendo libertà d’azione all’imprenditore che non vende beni, ma la soddisfazione di una necessità a un’utenza avida di novità.