L’Italia vuole vincere. Si tratta di un’affermazione udita per caso dalla TV italiana probabilmente su argomenti sportivi. Contestualizzando il concetto su un piano più vasto, sorgono delle riflessioni profonde e drammatiche.

L’Italia vuole vincere? e con quali premesse dovrebbe affermarsi?

Nella “democrazia” italiana c’è un esecutivo diretto da un non votato da nessuno. Il riferimento è all’avvocato Conte, il Giuseppe Conte, privo di legittimità politica. Non è il primo di queste condizioni. Già prima di lui il prof. Monti e il … (non ricordo il nome) e quindi adesso anche il Conte. Come si può confermare “democratico” un paese dov’è sospesa la democrazia?

Si fa un gran discutere se l’Italia è integrata oppure NO con la Ue. Il dubbio emerge dall’anomalia italiana. Questo paese ha un vizio strutturale che ne pone in discussione la regolarità democratica. Come fa una mezza democrazia, o a tre quarti, nel partecipare all’Unione Europea?

Oltre il vizio di forma e sostanza del Governo, ci sono altri problemi.

E’ possibile affermarsi nel mondo con un Esecutivo che discute di quello che sarà anziché del governo di oggi? 

La questione riguarda i fantomatici fondi della Ue.

Non si è ancora capito perché i paesi ricchi dell’Unione, impestati dalla pandemia cinese, dovrebbero tassarsi per i pig. Per “pig” s’intendono i paesi non in linea nella Ue. Il riferimento corre alla penisola iberica, Italia e Grecia. Lo spettro del fallimento di questi stati e in particolare dell’Italia (troppo grande per fallire) ha portato all’idea del finanziamento.

Una regalia di fondi che non vede, ovviamente, tutti i paesi in accordo. Che gli italiani imparino a cavarsela da soli senza i soldi degli altri!

C’è poi un altro aspetto.

Il fallimento della Repubblica Italiana per eccesso di debito sul PIL è strutturale non occasionale. 

Vuol dire che l’Italia non si salva con un prestito a fondo perduto. Serve tanto per cominciare un governo democratico diretto da persone autorevoli.

AAA cercasi un Alcide De Gasperi.  

La foto ricorda come sia l’industria e non i servizi a trainare fuori dal fallimento uno Stato. L’immagine è qui allegata per ricordare (e denunciare) il Governo con la sua latitanza nella politica industriale.