Il test che non piace. Non tanto all’università dove il test è tollerato come un male minore confermando l’immaturità di questo sistema di valutazione, ma nelle imprese la sofferenza è intensa. I dipendenti operai, dirigenti, comunque personale assunto allorché dei fare i conti con il test come sistema di valutazione, alzano le mani in segno di resa. Nel sistema produttivo in formazione, per puro atto di cortesia i dipendenti impegni nei corsi si piegano alla redazione del test ma stringendo i denti; soffrono!

Perchè così tanta ostilità verso un sistema che oggettivamente è modesto e soffre tanti limiti? In realtà la contestazione non è mai tecnica ma “a pelle”. Le persone si rendono conto che attraverso la messa in prova possano emergere delle realtà che sospettano ma di cui non vogliono prendere atto. Detto più direttamente e senza tanti giri di parole, la personale considerazione del dipendente è normalmente molto ma molto e molto più elevata, di quello che in realtà comparirà dall’esito all’atto della valutazione della prova.

Ora la vera domanda: perchè solitamente il dipendente soffre di dissonanza cognitiva?

Probabilmente non è tanto e solo il dipendente a soffrire di un complesso di superiorità, ma un’intera società, quella Occidentale. Diversamente non si spiegherebbe come sia possibile produrre 100 (il PIL) e spendere per 160 (caso italiano), oppure essere indebitati al 300% (come in Francia e negli Stati Uniti).

Figli di una società di persone scontente che sanno solo guardare al futuro senza comparare il presente al passato, il test non piace perchè pone a nudo la debolezza strutturale di un’esistenza che non sta in piedi.

Ripeto, la difesa non è qui rivolta al sistema d’accertamento e valutazione mediante test che è immaturo e incompleto. A dir la verità è l’idea stessa del “test” che dovrebbe scomparire, sostituita da domande aperte e sintetiche.