Growth hacking vuol dire, in italiano, applicare un METODO, OVVERO UNA METODOLOGIA DI CRESCITA, UN APPROCCIO SCIENTIFICO E SPERIMENTALE, PONENDO IN ESSERE TENTATIVI ED ESPERIMENTI TESI A COLLEGARE L’AZIENDA IN SVILUPPO, APPENA FORMATA, CON IL MERCATO.

Rigettando le parole straniere che hanno una diretta traduzione in italiano, in questo studio si parlerà d’ora in poi di METODO!

La questione che poi degenera in stupidità si spiega in questo modo:

  • vanno distinte le imprese vere, solitamente indicate come “tradizionali” che prima di muoversi redigono un piano di marketing e annessa programmazione (detta in gergo “budget”) da quelle campate in aria che approdano al mercato senza alcuna pianificazione;
  • per le seconde, quelle completamente sprovvedute (ne falliscono 155mila all’anno come recita il Sole 24Ore) l’industria informatica s’è letteralmente inventa “un metodo” (il cosiddetto Growth hacking) più per rastrellare denaro dai disperati che altro;
  • questo raccattare denaro da chi aspira lanciare un’impresa (in gergo chiamate start-up) a volte ha successo altre no; da qui la criticità del metodo.

In pratica in cosa consiste il metodo?

Si tratta di una serie di prove, tentativi condotti con attenzione, sagacia e grande prudenza per non bruciare l’azienda appena nata. La scientificità del metodo implica la registrazione dei risultati come degli insuccessi. Riuscirà a sopravvivere l’azienda per il tempo sufficiente alle prove? E’ qui che “casca l’asino”.

A un pensiero superficiale, questa tecnica potrebbe anche apparire accettabile in quanto pure le imprese non organizzate dovrebbero vivere. Su questo punto c’è la più completa divaricazione. NO! L’impresa che non ha denaro, idee, concetti e ruolo, non deve stare sul mercato perchè poi chiude, licenziando quei poveracci che nel frattempo ha assunto. E’ come prendere uno zombie e lasciarlo libero, tanto prima o poi morirà. Questa mentalità è contraria all’impostazione giuridica e trasparenza del sistema d’impresa che abbiamo in Occidente.