Evasore patriota, veramente è Lui il responsabile della crisi dello Stato?

Evasore e il concetto di evasione. Ogni volta che assisto a delle esagerazioni mediatiche, cerco di capire cosa si stia nascondendo. Chi è l’evasore, oggi  in Italia?.

Partiamo dal presupposto che tutti evadono. L’evasione non si limita a pagare in meno le tasse, ma riguarda anche il biglietto del tram quando si può non timbrare su un breve tratto, il canone televisivo, l’eccesso di velocità che non è stato sanzionato ma commesso e così via. Il non essere stato scoperto non esime dalla responsabilità dell’atto.

Comunque, l’ evasore è colui che “evade” un obbligo e che per farlo si avvale, solitamente, dell’assistenza di un commercialista.. Ecco individuato uno dei passaggi cruciali della vicenda. Una vera battaglia contro l’evasione, passa attraverso la responsabilizzazione legale e giudiziaria della categoria che consiglia i contribuenti. Ma non è questo il punto per cui queste righe sono scritte.

Il concetto importante, probabilmente non è mai stato affrontato dagli stessi evasori, tra cui non c’è ragionamento ma solo opportunismo, resta il fatto che lo Stato chiede e pretende un livello di contribuzione non equiparato ai servizi resi Dovunque si esamini e da ogni profilo ci si interroghi, “il sistema pubblico” non riesce a eguagliare i costi con l’efficacia.

Inutile parlare della RAI che troppo poco ha di pubblico, lasciandosi andare alla lottizzazione dei partiti da cui derivano i canali e chi li segue. Bastano poche parole per liquidare il carrozzone televisivo; se l’imprenditore Berlusconi riesce con 5.000 dipendenti a trasmettere quanto in RAI richiede 15.000 stupendi, c’è ne abbastanza per privatizzare l’ente televisivo di stato.

Seguendo quest’ordine d’idee, non si finisce più con gli esempi che chiamano in primo piano la stessa politica. Ad esempio uno stipendio di 10mila euro per un consigliere al Comune di Milano? uno di 5.000 per un medio funzionario alla Regione? Perché 20 Regioni e 110 provincie in luogo a 8.092 Comuni, se non per pagare uno stipendio a chi vive di politica?

Ecco che l’evasione fiscale, se ragionata, diventerebbe obiezione fiscale.

Non voglio proseguire su questo piano, perché il ragionamento potrebbe essere tradotto dal magistrato di turno come attentato alla Repubblica.

E già la “giustizia”. Le procure dovrebbero avere un budget di fondi e impieghi-uomo, proporzionati al tipo di reato da perseguire, per cui se contro la mafia e il terrorismo s’immaginano disponibilità senza fondo, per altri tipi dovrebbero essere stanziati un certo numero di giorni-uomo per conseguire la verità. Se questo passaggio non fosse recepito, avremmo messo in discussione la professionalità di un intero apparato, che ancora oggi non risponde nella responsabilità degli errori commessi. Perché un magistrato non dovrebbe rispondere con il posto di lavoro per una sentenza sbagliata? Tornando sul piano più generale, cerchiamo d’arrivare al dunque.

In Italia c’è una gran voglia di riscatto da parte della politica, dopo mesi in isolamento, dalla gestione della cosa pubblica. Ebbene se la politica vuole ancora esistere, deve presentarsi a chiedere il voto con la capacità di un nuovo modo di fare i conti nella Nazione.

Andrà ascoltata quella persona che saprà prometterci e dimostrare, conti alla mano, che la Pubblica amministrazione, ad esempio, non costi più del 12% del PIL a questo livello di servizio. Standard più sofisticati nel futuro potrebbero chiederci il voto per alzare al 13% del PIL il costo dello Stato, se in grado d’offrire più strade, scuole, servizi e iniziativa.

Manca da noi chi sappia gestire e capire il costo della politica, non in termini di fondi ai partiti e stipendi elargiti (come negli ultimi 67 anni di Repubblica) ma di servizi resi alla Nazione, a parità d’introiti ricevuti. Finchè questo equilibrio non sarà dichiarato, è troppo banale alzare il costo della benzina per la “nuova protezione civile”; lasciateci la vecchia che l’apprezziamo di più!

Un vero dispiacere, mio, ma credo di tutti, è nel constatare quanto “i tecnici” siano troppo ragionieri (meccanicamente se gli mancano i fondi li  prendono dai contribuenti, senza curarsi d’alcuna opportunità sociale) e gli evasori non sappiano gestire l’ABC del rapporto Stato-cittadino, limitandosi a rubacchiare quanto possibile, solo per il gusto di sentirsi furbi. In fondo non c’è tanta differenza tra le due categorie, i ragionieri-tecnici al governo e gli evasori perché restano entrambi privi di prospettive con l’aggravante, da parte dei primi, di condurre una crociata per riempire (o nascondere) un vuoto abissale di contenuti nella capacità di gestire lo Stato.

Speriamo nell’affermazione di una nuova politica che conosca la ragioneria sociale anche se abbiamo allevato, attraverso gli Enti Locali dal 1970 una serie di generazioni d’amministratori che ora mancano all’appello.

Se qualcuno sa fare, batta un colpo e lo ascolteremo.