LA DOLLARIZZAZIONE DELLA LIRA: una delle cause più gravi della nostra crisi



Prof. di economia e sociologia Giovanni Carlini

Le regole della nostra vita quotidiana e il contesto economico che ne deriva sono cambiate dal 2001 ad oggi, da cui anche le crisi e i connessi scenari, che non sappiamo ancora risolvere perché non studiati a sufficienza, ci proiettano verso un futuro incerto e inquieto di cui aver paura?

Perché l’euro come unità monetaria è stato un errore

La spiegazione potrebbe essere lunga e complessa, ma per semplificare al massimo, si potrebbe fare un paragone tra il sistema sanguigno di un organismo umano e la sua struttura. Come noto, la velocità di circolazione del sangue, nel nostro corpo, si misura con la pressione. La moneta, in un sistema economico, è perfettamente paragonabile a ciò che rappresenta questo fluido umano. Nel caso si dovesse immettere in un organismo un fluido estraneo, con regole tutte sue e non studiate o adattate al corpo che lo ospita, avremmo come minimo problemi di pressione bassa o alta. Ed è esattamente quanto accaduto nel sistema economico italiano ed europeo. In un’economia “che ha funzionato con la lira” è stato immesso, dalla mattina alla sera, una moneta completamente estranea che compete normalmente con il dollaro USA, ma che non ha nulla di compatibile con il nostro sistema economico. In pratica ogni particolare di un sistema, e con ciò anche quello economico, ha una sua logica e ordine che non può essere modificato a propria scelta senza procedure di inserimento. 
L’errore di fondo nell’euro fu di svuotare un’economia della sua moneta per introdurne un’altra come se da una bottiglia contenente latte si introducesse del vino d’ottima annata. 

La fretta di ricoprire un ruolo e di trovare argomenti politici che colmassero un vuoto senza precedenti, portò i protagonisti di ieri a spingersi sull’introduzione dell’euro dimenticandosi le regole più elementari d’adattamento. In conclusione, l’economia italiana (e non solo) soffre di pressione alta perché si trova a pagare in dollari (l’euro è un surrogato della divisa statunitense) quanto guadagna in lire. Ovviamente di pressione alta si muore!
Ecco spiegato il titolo di questo studio: abbiamo dollarizzato la lira, ovvero convertita in euro.

I rimedi? Il doppio corso.

La lira come moneta di conto interna e l’euro per ogni transazione con l’estero e questo per almeno 10 anni. Di conseguenza pagare gli stipendi in lire, nominare i conti correnti bancari nella doppia moneta, prezzare nelle due unità di conto, comporta il ripristino di un fluido nell’economia in analogia a come si produce e ragiona nel paese che si illude di produrre in dollari, alias euro, ma è ancora in lire per standard di produttività. 
Non avviare questa procedura significa replicare anche in Italia quanto accadde in Argentina nel 2001 dove per controllare un’inflazione galoppante, si abrogò la moneta locale (il peso) per adottare il dollaro USA in moneta corrente, scordandosi che la zecca, ovvero chi conia i dollari è solo negli Stati Uniti e non a Buenos Aires. La conclusione è nota a tutti. Il sistema economico argentino collassò per carenza di liquidità (come nel 1929 a Wall Street) A conti fatti la rarefazione della spesa, da parte del consumatore italiano, (spaventato dal costo delle materie prime, generi alimentari, dal mutuo immobiliare etc..) ricrea le condizioni di ritiro dal mercato di massa monetaria quindi di carenza di liquidità. Con queste premesse c’è un futuro per il sistema sociale e economico nazionale? In assenza di correttivi, la risposta è no.

Cambia il contesto globale: l’altra faccia della globalizzazione

Il volto umano della globalizzazione è quello di far accedere al mercato milioni di persone prima escluse dal privilegio del consumo. In linea teorica significava vendere di più a una fascia di persone nel mondo più larga rispetto a prima. Il ragionamento è “semplice”. Se più persone mangiano meglio, la civiltà e la democrazia sarà più solida. 
Questo pensiero ha senso se a fronte di una maggiore richiesta ci fosse un pari aumento d’offerta. Gli economisti più illuminati si accorsero di questo dislivello già agli inizi del 2000 ma considerarono il problema superabile grazie agli alti livelli di produttività e al basso costo della mano d’opera che paesi come la Cina e anche l’India offrivano all’Occidente. A conti fatti si può produrre a costi più bassi (ecco perché è nata la Cina come sistema economico in subfornitura) ottenendo dei risparmi che avrebbero compensato altri problemi.
I conti su questa base, oggi nel 2013 non tornano perché ci sono fenomeni diversi e sostanzialmente nuovi, che sono:

– una disoccupazione strutturale nei paesi ricchi che tradisce le aspettative della globalizzazione;

– un consequenziale calo dei consumi, che produce crisi nelle aziende, fino a generare insoluti/chiusure/fallimenti che contagiano il sistema bancario nazionale, portandolo alla crisi;

– l’aumento della disoccupazione e il salvataggio delle banche mette in crisi i sistemi di finanza statale portandole al collasso; (vedi Stati Uniti, ma anche la Grecia, la Spagna in bilico, il Portogallo, l’Irlanda e la stessa Italia) 

– oltre agli Usa, l’intero mondo occidentale è stato tradito dalle mancate promesse della globalizzazione, oggi traducibile in disoccupazione e povertà; 

– quindi c’è anche una forte speculazione internazionale, vivace e attiva, nonostante i fatti del 2008 le cui cause non sono state rimosse, nonostante l’attuale presidente statunitense sia al secondo mandato!
Sulla speculazione ci sono grandi masse monetarie, spinte da tutti noi, orfane di borsa e mercato immobiliare che si sono riversate su qualsiasi cosa si possa speculare generando reazioni come le primavere arabe. Nell’elenco della speculazione figurano le materie prime (dal 2004), quindi il petrolio (dal 2006) e i generi alimentari (2008).

Che la globalizzazione possa essere uccisa dal combinato disposto di disoccupazione per eccesso di delocalizzazione e speculazione? E’ molto credibile!
Per controllare il fenomeno della speculazione ci sono molti sistemi, tra cui imporre il versamento/pagamento anticipato sulle transazioni. Per lottare a favore dei concittadini senza lavoro, necessita tassare pesantemente le importazioni da aziende italiane delocalizzate o porre dazio all’import dai paesi emergenti (come applica il Brasile, l’India, la Cina ad esempio) riabilitando il made in italy (o il made in America negli Usa già argomento elettorale nella campagna presidenziale di 2 anni fa)

Serve urgentemente una politica monetaria

La moneta unica non consente l’applicazione di politiche monetarie ai singoli stati e già questo sarebbe sufficiente per la sua abolizione. 
Oggi la moneta unica è uno zombi “costretto” a vivere, tenuto in vita solo per la volontà del paese che maggiormente ne ha beneficiato, la Germania, nonostante un quasi 5% del suo elettorato lo vorrebbe sostituito dal marco (elezioni di fine settembre 2013)
Finchè avremo l’euro come moneta saremo sempre con un’arma in meno nella lotta alla crisi globale. Prima esisteva la politica economica/fiscale e quella monetaria. Oggi resta solo la prima con tutti i suoi inasprimenti.
Chi è capace di una serena quanto profonda autocritica sugli errori del passato?

Conclusione

Il mondo e i mercati sono certamente integrati, ma ogni Nazione ha la sua storia e civiltà, quindi il suo governo e leggi. Dovrebbe avere anche la sua politica monetaria. Nell’Europa del 2014 le necessità della Danimarca sono quelle della Grecia?
Nonostante l’impegno, non si riesce a trovare chi, a favore dell’euro, sappia rispondere a questa domanda dimostrando l’errore strutturale della moneta unica.