E’ cambiato il gusto e il modo d’intendere il prodotto da parte dei consumatori

Cambiano le idee dei consumatori, ma le imprese non lo sanno perchè assente la funzione di marketing in organigramma.

Oggi è sabato, siamo verso fine mese. Come sempre prendo le ultime 20-25 copie del Sole 24Ore e prima di cestinarle, riguardo rapidamente tutto. Si tratta di un’operazione di ripasso che dura circa tre ore, ritrovando i diversi articoli già letti e sottolineati, su cui ci sono anche degli appunti, spesso non generosi sui chi ha scritto. Da ciò segue l’archiviazione. Così riesco a far scorrere un tratto di tempo effettivamente minimo (neppure un mese) ma molto intenso, rendendomi conto di quanto quest’era corra, pur portandosi con sé un mondo di particolari. Grazie alla visione d’insieme delle quasi 1300 pagine sfogliate, provo a trarre delle sintesi.

Il caso Pomigliano, la Grecia, lo scivolamento verso la deflazione, l’euro che non può morire ma il dollaro che non sta meglio, l’inutile litigiosità della politica, l’assenza di visuali, il calo del 70% produttivo per qualche impresa del settore automotive, l’export che tira, ma rappresenta solo una zattera per un mercato fermo, e un insieme d’altri mini aspetti. generano in me una domanda. Com’è possibile che ci siano interi settori che crollano nell’arco di pochi mesi? C’è poi l’inchiesta dove si scopre che la maggioranza degli imprenditori italiani più che temere l’insoluto è certa di una forte contrazione della domanda. Se il quadro è questo, allora la sintesi non può che essere:

a) il confronto per stabilire come sale o scende la produzione dev’essere fatto su anni omogenei;

b) se un bene (vedi autovettura) cade in termini di produzione con valori così grandi e in pochissimo tempo, non si tratta più solo di crisi, ma di un cambio nei gusti e desideri dei consumatori; ecco come cambiano le idee di consumo!

c) è in atto uno spostamento dei bisogni verso nuovi modelli comportamentali di consumo più sobri, ecologicamente evoluti, non necessariamente più semplici sul piano tecnico, ma certamente accessibili e facili nell’uso;

d) nel nuovo identikit di prodotto c’è uno stile di vita che cambia.

Non è vero che tale evoluzione sia stata indotta dalla crisi, ma trae forza da nuovi modelli sociali. Ad esempio con il taglio delle pensioni (nel 1978 ci si ritirava con il 98% dello stipendio, nel prossimo futuro, per detta del Governatore della Banca d’Italia, si parla del 45%) stiamo modificando le regole sociali di base. Nella mia generazione i genitori erano più ricchi dei figli, oggi stiamo andando verso un modello di società “rovesciato”, per cui i giovani, nell’indefinitezza del lavoro alternante, saranno più ricchi dei loro genitori. Che sia giusto o sbagliato non lo so, da sociologo rilevo il cambio d’impostazione con gusti, pensieri, bisogni completamente diversi.

Per un’azienda che vuole restare sul mercato, qualsiasi sia il segmento d’attività, il punto è se intercetta o no le nuove tendenze, che ancora non sono chiare per gli stessi consumatori alla ricerca di “altro”. Resterà protagonista chi saprà educare il cliente al suo prodotto e si preoccuperà di collaborare nel fare insieme qualcosa che serva a entrambi: per l’azienda che produce e chi consuma. Questo bisogno di formare il cliente però, non può più essere perseguito con la pubblicità massiccia, come fatto nei decenni precedenti, perché anche quel modello espressivo è superato.

Purtroppo così il mondo si fa ancora più complesso e selettivo. Cambiano le idee spiazzando le strategie. Per navigarci serve utilizzare senza indugio tutti gli strumenti conosciuti ovvero un piano di marketing, una politica commerciale che ne esegua i diversi passaggi, una del personale, una strategia d’insieme, una di qualità. A ben guardare sono aspetti noti a tutti, ma non applicati, ed ecco perché qualcuno resterà e altri scompariranno.

Cambiano le idee ma nessuno l’ha capito.