L’agevolazione

Perché le imprese fanno lavorare così poco i loro commercialisti?

Da parte delle imprese italiane c’è una diffusa lamentela verso i loro commercialisti perché non ricevono adeguati consigli come anche opinioni su una vasta gamma di opportunità in tema di finanza agevolata, finanziamenti a fondo perduto, formazione e agevolazioni diverse continuamente varate in ambito UE come statale e locale. Anzi, il flusso di report che le PMI vorrebbero su questo tema dovrebbe essere, secondo loro, almeno settimanale.
Sotto questo punto di vista bisogna ammettere che la critica è fondata; i nostri commercialisti non sono “audaci” limitandosi troppo spesso a solo assicurare quanto lo Stato richiede come completezza e accuratezza di adempimenti formali, fiscali e contabili. Il tutto ovviamente con i soldi delle imprese private. Quindi oneri pubblici con fondi privati.
Se questo è il quadro complessivo, va anche riconosciuto che non è corretto chiedere a un medico d’impegnarsi per costruire, ad esempio un ponte, perché sono mondi e realtà diverse; un ingegnere non è un medico. Questo vuol dire che o il commercialista è anche un aziendalista, nel senso che sa applicare i concetti di contabilità industriale, capirne il senso e portarsi sulla finanza agevolata, oppure non ha senso pretendere da chi non è preparato. La realtà è che la gestione aziendale oggi è ancora più complessa rispetto a solo dieci anni fa. Questo vuol dire che per seguire una PMI non basta più il solo commercialista, ma sarebbe necessario uno studio associato non tra gli stessi professionisti, bensì unendo diverse sensibilità quali l’aziendalista, l’avvocato, lo specialista finanziario, l’assicuratore e un notaio. Il team di lavoro che emergerebbe da un contesto di questo tipo, oggi è in grado di servire adeguatamente le nostre imprese, che non vogliono scomparire dal mercato agendo con energia sia all’estero che in Italia.

Una storia da raccontare

A Trebaseleghe (PD) la F.lli Rossetto sas ha ricevuto, a fondo perduto, 100mila euro dalla Regione Veneto, per lanciare e svolgere nell’arco di 12 mesi, diversi impegni formativi a favore di tutti i dipendenti. La Rossetto è una realtà da 120 persone, 10 milioni di euro di fatturato di cui il 50% esportato e agisce, in ambito di subfornitura, nel campo dell’arredamento (nel dettaglio realizza la struttura metallica di poltrone e divani, ricoperti in poliuretano stampato a freddo per consegnarli al cliente affinchè completino a loro volta il lavoro, con interventi di tappezzeria e l’applicazione del logo) Nel complesso di tutta la formazione offerta alla ditta, si è apertamente discusso d’internazionalizzazione, tecniche di vendita, sia di contabilità industriale che generale, quindi controllo dei costi, struttura societaria, marketing, piano di marketing e gestione delle risorse umane. L’azienda, nel corso del 2011 ha fatto un “salto” di qualità. Infatti se la massa delle imprese italiane stanno affrontando un duro momento perdendo anche fatturato, la Rossetto, al contrario lo ha incrementato nei mesi a cavallo tra il 2011 e il 2012. Ovviamente, di tutto ciò, il merito non è solo degli input immessi in azienda con la formazione, ma questo tipo d’impulso ha contribuito a dare un ritmo a tutti i dipendenti sia nel lavoro che nel modo d’interfacciarsi sui mercati nazionali come esteri. Spesso alle azioni, affinchè vengano svolte bene, non basta solo una buona progettazione ma necessita impulso! Per raggiungere questi risultati la Rossetto sas, che gode dell’apporto di 2 commercialisti, ha pensato di rivolgersi a uno specialista

INTERVISTA.

Risponde il Signor Roberto Attombri specialista in formazione e nei relativi finanziamenti per le PMI. I suoi clienti e il raggio d’azione abituale lo impegna solitamente nella Regione Veneto. 46 anni, il Signor Attombri proviene dalla gestione delle risorse umane.

Domanda: Grazie per averci concesso l’intervista, per entrare subito nel vivo può raccontarci un caso aziendale che ha seguito recentemente?

Roberto Attombri: L’ultimo caso che sto seguendo, riguarda il passaggio intergenerazionale in un’azienda del settore arredamento. L’impresa, nonostante il grave periodo di crisi, ha deciso di investire sullo sviluppo delle professionalità dando un’impronta manageriale alla gestione dell’azienda. Per attuare questi cambiamenti, è necessario sviluppare le competenze dei responsabili di settore attraverso la formazione e consulenza, soprattutto verso quelle figure che nel loro tipico ruolo di “cerniera” (capi reparto) sostengono in pratica ogni processo d’innovazione interna. Per poter sviluppare questo progetto l’azienda ha ottenuto un finanziamento del Fondo Sociale Europeo dalla Regione Veneto.

Domanda: può spiegare meglio come sia stato possibile?

Attombri: La necessità di uno svecchiamento dell’impresa rientrava esattamente in un bando emanato dalla Regione Veneto per l’erogazione di finanziamenti, a valere sul Fondo Sociale Europeo, per l’innovazione delle imprese venete. Abbiamo, quindi, presentato richiesta di finanziamento per il recupero delle spese di consulenza e di docenza, necessarie allo sviluppo del progetto. Il ruolo coperto dalla mia figura consiste nel valutare la situazione aziendale giungendo alla formulazione di un progetto, quindi seguirne il consequenziale processo di sviluppo in collaborazione con esperti delle diverse aree tematiche previste.
A determinati stadi d’avanzamento dell’intervento, è mia diretta responsabilità misurarne l’efficacia e quindi, a quel punto predisporre la richiesta fondi alla Regione affinchè effettivamente vengano erogate le cifre oggetto del finanziamento a copertura dei costi anticipati dall’impresa. Il progetto, relativamente all’impresa a cui ho già accennato, sta per concludersi con effetti già evidenti nella gestione aziendale, tanto che s’intende svilupparne un altro in ambito d’internazionalizzazione.

Domanda: come s’inquadra la sua professione?

Attombri: Sono un consulente in formazione delle risorse umane in ambito aziendale. La mia esperienza parte dal 1988 in EniChem (società del gruppo Eni), che è sempre stata all’avanguardia nella formazione del proprio personale. Qui ho lavorato per 8 anni fino a diventare responsabile dei piani formativi dello stabilimento di Porto Marghera; una realtà di 3.300 dipendenti. Dopo questa esperienza ho collaborato con diverse società di consulenza italiane fino al 2006, anno in cui ho deciso di svolgere, assieme a un collega, attività diretta presso i clienti, per poter offrire un servizio più personalizzato e di qualità.
La nostra professione consiste nel riuscire a comprendere le esigenze formative e di sviluppo delle professionalità interne all’azienda per accompagnarla nel raggiungimento degli obiettivi. Questo anche attraverso la ricerca d’eventuali finanziamenti pensati per quello specifico scopo.
La nostra attività però, nello sviluppo del processo, è solo d’analisi, progettazione e coordinamento, mentre il “core” è svolto da tutti gli specialisti che operano nei diversi ambiti che noi coordiniamo, monitorando costantemente lo sviluppo del progetto e il livello individuale di crescita professionale raggiunta dai nostri clienti, i dipendenti dell’impresa in formazione.

Domanda: onestamente, non dovrebbero essere i commercialisti a svolgere questo ruolo?

Attombri: Credo che la professionalità del commercialista sia solo in piccola parte sovrapponibile alla nostra attività, ovvero solo a quella parte di gestione amministrativa dell’eventuale finanziamento ottenuto. Sicuramente rimarrebbero scoperte le zone d’analisi iniziale della congruità dei costi con i ricavi sul piano più generale, l’idoneità nella presentazione della domanda di finanziamento, oltre che alle fasi di gestione del progetto e alla relativa misurazione dei risultati ottenuti.

Domanda: professionisti come Lei dove si possono rintracciare in Italia?

Attombri: Esistono diverse società e singoli professionisti che svolgono la nostra stessa attività, anche se non c’è un albo che possa aiutare nella ricerca. Per quanto riguarda solo le società, esiste, in ciascuna Regione, una lista degli Enti (così sono definiti) accreditati per la Formazione Continua. Questi elenchi sono consultabili nel sito web di ciascuna Regione.

Domanda: i progetti che Lei offre alle imprese sono destinati a concludersi in un breve lasso di tempo o rappresentano un nuovo modo di “fare impresa” in Italia?

Attombri: Esistono entrambe le possibilità. Alcune aziende chiedono la nostra consulenza per sviluppare progetti ben definiti, anche in termini di tempo, e per i quali interveniamo soprattutto per la richiesta di finanziamento e la gestione del processo. Con altre, invece, intraprendiamo dei percorsi di sviluppo che si evolvono nel tempo e portano a risultati importanti per competitività e valorizzazione del capitale umano.

Domanda: può elencarci i progetti più importanti su cui sta lavorando?

Attombri: Oltre al percorso intrapreso con l’azienda d’arredamento che ho già descritto, stiamo operando ad esempio con una società di consulenza, attiva anche sull’estero fornendogli le competenze per lo sviluppo di un sistema di gestione delle piantagioni agricole in remoto attraverso sistemi GPS. Altro caso è quello di sviluppare le professionalità di alcuni dipendenti d’istituti bancari sulle competenze relative al controllo di gestione aziendale per creare dei team di operatori, che possa dialogare efficacemente con le aziende per la concessione del credito. Collaboriamo da anni con un’azienda che sta sviluppando una gamma di prodotti innovativi in un mercato completamente diverso dall’abituale.
Tutti questi progetti sono supportati dall’ottenimento di finanziamenti a valere su diverse linee sia nazionali che comunitarie.

Domanda: ci aiuta a vedere il futuro su questo tipo di aiuto alle imprese nei prossimi 12 e 18 mesi?

Attombri: Gli aiuti che saranno disponibili nei prossimi anni, saranno costanti e permetteranno d’avere diverse finestre temporali d’accesso, con modalità e obiettivi differenti.

Domanda: liberamente e concludendo l’intervista, cosa si sente di dire alle imprese italiane?

Attombri: Sono convinto che il mondo imprenditoriale mondiale diventerà sempre più complesso e premierà le aziende che avranno investito in sviluppo della competitività, soprattutto innalzando il livello professionale del capitale umano in esse operante.

IL CREDITO D’IMPOSTA

Quel credito d’imposta per la ricerca che si recupera mese per mese non versando l’irpef
L’art.1 del D.L. n.70/2011, noto come “Decreto Sviluppo” introduce una nuova versione del credito d’imposta riservato alle imprese che, nel biennio 2011-2012, investiranno in progetti di ricerca affidati a Università o Enti pubblici di ricerca, come quelli definiti dalla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione.
Il credito d’imposta è pari al 90% dell’investimento effettuato, per la parte eccedente la media degli investimenti in ricerca eventualmente capitalizzati nel triennio 2008/2010 e il suo recupero viene assicurato mese per mese, non versando l’irpef maturata sulle buste paga o l’IVA laddove l’impresa sia a debito. Dal punto di vista soggettivo, il D.L. pone, come unica condizione per usufruire del Credito d’imposta, che il soggetto sia titolare di un reddito fiscalmente classificabile come d’impresa. Le attività ammesse al credito d’imposta sono:

a) la ricerca fondamentale o teorica senza immediati risvolti applicativi;

b) la ricerca industriale che mira a sostanziali miglioramenti o realizzazione di prodotti, processi, servizi esistenti;

c) lo sviluppo sperimentale, ovvero l’utilizzo innovativo di conoscenze tecnico/scientifiche per generare piani, progetti, disegni finalizzati alla modifica e miglioramento di prodotti, processi, servizi.

INTERVISTA.

Domanda: Ingegner Budri perchè le imprese hanno bisogno di Lei?

Antonio Budri: l’attuale panorama della ricerca nel nostro paese vede due ambiti operativi: i laboratori privati e gli enti di ricerca pubblica. Se i primi sono collocati all’interno di medio grandi aziende senza offrire alcun servizio all’esterno, gli enti di ricerca pubblica in grado d’effettuare eccellenti indagini tecniche, non riescono però a fornire il servizio di prototipazione di ciò che studiano perché privi di risorse. In una situazione di questo tipo si colloca il Consorzio, ovvero il mio ruolo di collegamento, tra chi può studiare e “inventare” soluzioni e le aziende che hanno disponibilità economica, prelevate dalle tasse pagate in meno.
Su questo percorso si possono fare veramente tante cose come:

a) condurre un’attività di ricerca sperimentale per il cliente, a tutto campo, dall’individuazione degli aspetti di natura teorica, all’elaborazione delle ipotesi di realizzazione con prototipi;

b) verifica di compatibilità alle norme, consentendo, nel contempo, all’azienda, il supporto di personale e consulenze specialistiche, per il periodo di progetto.

Domanda: può essere più specifico e farci quale esempio pratico?

Budri: per esempio, un’azienda produttrice di macchine voleva individuare soluzioni per il dimensionamento strutturale di chassis in metallo. Il Consorzio gli ha fornito una soluzione per realizzarli in un tecnopolimero ottenuto da riciclo tramite componenti nanotecnologiche.
Un’altra azienda, volendo risolvere un problema di durata di un utensile, tramite il nostro supporto sta sperimentando l’uso di ceramiche speciali.
Anche in contesti meno “materiali” posso citare degli esempi, come il caso di un’azienda che opera nella produzione di oggetti d’arredo a favore della quale abbiamo acquisito un industrial designer che, coordinato dal nostro Comitato scientifico, sta lavorando all’individuazione di soluzioni estetico-funzionali impiegando materiali assolutamente nuovi.

Domanda: un vostro intervento quanto costa e mediamente cosa effettivamente produce e in quanto tempo?

Budri: abbiamo commesse da 20 – 30.000 euro a 1.000.000: tutto dipende dall’impegno di risorsa e dagli investimenti che il Consorzio deve affrontare per espletare la propria prestazione: il risultato è comunque tangibile. Il Consorzio non offre mai risultati teorici, per quelli c’è l’Università, che peraltro è nostro fornitore, come il CNR e altri Enti di ricerca. Noi interveniamo quando il risultato deve essere un prototipo funzionante o un risultato economico predefinito in un lasso di tempo specifico. Solo l’Università è in grado di svolgere dei progetti di ricerca senza limiti temporali.

Domanda: può raccontarci di un caso che ha seguito?

Budri: non posso entrare più nel dettaglio perché c’è il segreto industriale.

Domanda: quali sono le imprese tipo che si rivolgono a voi?

Budri: i nostri clienti sono, in genere, aziende di medio-grande dimensione. Le piccole invece soffrono del timore reverenziale verso la ricerca condotta esternamente, proprio perchè a tutt’oggi non esiste ancora una cultura di R&D terziarizzata. Come già detto l’Università non è strutturata per i piccoli progetti di ricerca.. Tutto ciò rappresenta un handicap della nostra organizzazione di supporto alle imprese, lasciate da sole. Eppure anche le piccole devono versare l’IVA e l’irpef tutti i mesi, importi dai quali si recupera, in regime di credito d’imposta, le somme spese per la ricerca e l’internazionalizzazione. Comunque noi siamo in grado di fornire l’adeguato supporto a tutte le aziende, indipendentemente dalla loro dimensione.

Domanda: grazie per aver accettato questa intervista. Ci parla della sua impresa?

Budri: il Consorzio Ethics è una realtà che esiste da anni. Abbiamo un Comitato scientifico dove operano attualmente 5 professori universitari coinvolti in diversi settori tecnologici, in particolare meccanica, robotica, tecnologia dei materiali e strategia di sviluppo dell’impresa. A valle del Comitato ci sono, una decina di ricercatori, tutti a contratto, in quanto li selezioniamo in relazione alla commessa acquisita. Abbiamo un importante pacchetto di clienti in costante crescita in relazione alle opportunità offerte dal Decreto Sviluppo.

Conclusioni

In momenti di crisi opportunità di questo tipo fanno la differenza tra chi resta sul mercato e chi non riesce a battersi con efficacia.