Un nuovo modello di marketing. Serve un’innovazione nel marketing nel senso di una maggiore attenzione alla sociologia dei consumi. Ecco che la ricerca sta concorrendo nel trovare e sperimentare nuove strade. Nasce un nuovo modello di marketing.

Le nuove idee e scoperte come sempre avvengono per caso. Curando gli interessi di una grande impresa manifatturiera italiana, intenzionata ad entrare nel mercato statunitense, è stato progettato un nuovo modello di marketing.
Prima di descrivere le nuove strategie va fatta una premessa.

Il marketing, pensato e realizzato in epoca recente (dai tardi anni sessanta) e concettualizzato da Philips Kotler (ha scritto 26 libri sull’argomento e una volta all’anno passa per Milano offrendo conferenze al costo di 1300 euro a testa) si può definire come collocazione del prodotto sul mercato.

Sostanzialmente un’impresa realizza un manufatto, seguendo le richieste della clientela e lo impone con tecniche pubblicitarie. Diversa è la sociologia dei consumi, che inverte i flussi; anziché dall’azienda al mercato, il perfetto contrario. Un’impresa dedita alla sociologia dei consumi, lavora sempre “di nicchia” ascoltando e realizzando ciò che il mercato richiede.

Chiarite queste due grandi filosofie d’introduzione e relazione con il mercato, l’esperienza già vissuta e il successivo progetto da realizzare con partner, s’inquadra nella sensibilità della sociologia dei consumi.
Partendo dall’inizio, la grande impresa italiana era nel dubbio se aprire un classico showroom in America per farsi conoscere, o individuare un produttore locale a cui affidare, in joint venture, la realizzazione di alcuni modelli, accontentandosi delle royalties.
Inviato un consulente negli Usa per sondare il mercato, emerge un quadro completamente diverso e di successo. Sganciandosi dalla logica della localizzazione (New York vale come il deserto del Mojave in California) il consulente identifica il bisogno di una comunità locale nell’acquistare un terreno che ne custodisce le radici storiche.
Acquisita la collina viene donata alla municipalità ottenendo due risultati: il rientro dell’integrale cifra spesa, come tasse pagate in meno sull’attività aperta e il rilievo pubblicitario dei mass media locali e nazionali.

Non è finita.

I cittadini, spinti anche dal sindaco, grati per l’iniziativa, considerano “loro” il marchio italiano che ha permesso tutto ciò, alimentando un flusso d’acquisti capace d’azzerare tutti i processi d’ammortamento e avviamento dell’iniziativa.
C’è ancora un’altra novità.

Sul terreno donato al Comune sorge un’intensa area ricreativa a beneficio dei cittadini, l’impresa italiana apre quindi una winery (locale a bassa ristorazione per la degustazione di diversi tipi di vino) realizzando il museo della regione.
I consumatori, apprezzando vino italiano (al momento importato) possono visitare il museo e le sue originali formule espositive. Le signore noleggiano per la sera un abito italiano, che potranno anche acquistare al termine del loro impegno mondano. Il museo e la winery, con il nome dell’impresa italiana, sono arredati con mobilia, divani, parquet e illuminazione italiani (che si possono ordinare per l’acquisto o ricevere una consulenza per l’arredamento) consumando prosciutto crudo italiano, parmigiano reggiano e lambrusco (acquistabili anch’essi presso la winery).
Quanto qui narrato è un modello di marketing in ambito di sociologia dei consumi, anzi è un nuovo criterio di relazione con mercati maturi.
Richiede la presenza in loco di un’intera squadra d’italiani e annesse famiglie; sostanzialmente 3 coppie o famiglie, disposte a lasciare l’Italia. Considerato che questo sistema funziona, ci sono imprese che apprezzino essere rappresentate nel territorio degli Stati Uniti con simili modalità e famiglie-coppie interessate a trasferirsi?

Chi voglia far parte di questo progetto, prenda contatto con la redazione. Buon lavoro.