Trump e le fake news. Guardare e riportare senza commentare è arte. Appunti dal Taccuino americano 2017. Ve lo immaginate un giornalista americano che deve seguire la politica italiana cosa capirebbe?

Trump e le fake news, mamma mia che festa e orgia di considerazioni personali sono qui possibili. Ebbene questo è esattamente il problema. La crisi della stampa inizia qui. Significa che l’operatore gionalistico non si limita a riportare la notizia ma a commentarla. Questo processo d’appropriazione dell’informazione modifica il senso a seconda del personale punto di vista. Tutto qui.

Nel mondo occidentale, in questo momento, non abbiamo più gionalisti ma commentatori. Ovvero personaggi che con grande esperienza maturata sul campo, almeno 30 anni di lavoro, dovrebbero aiutarci a capire. Invece non è vero. I giovani “giornalisti” commentatori sono ragazzini alle prime armi. Di chi la responsabilità? Indubbiamente dell’editore ma c’è di più. Il ragionamento ci porta all’abuso del web e del social.

Lo scempio di Trump e le fake news ruota intorno alla crisi della figura del giornalista.

L’abuso del web e del social introduce alla sintesi anzichè l’analisi. Sfogliare notizie anzichè capirle è sempre stato fatto dalla nascita della stampa. Non è questo il problema. Osservare il mondo che si muove senza essere indottinato è un peccato veniale. Fare la stessa azione, in presenza di una pretesa interpretativa cambia completamente il quadro. Abbiamo inquadrato la questione di Trump e le face news.

Rovesciando il punto di vista, immaginiamo un cronista estero che stia osservando la vicenda politica italiana. Addirittura quel renzi non votato da nessuno che ha governato per 1000 giorni. Il famoso colpo di stato di cui si accusa il Napolitano. Tutto l’intero quadro di congiure di palazzo che s’affolla nei diversi partiti. Il povero Gentiloni per la stampa estera dovrebbe dimettersi ogni giorno. In realtà questo non accade perchè la figura del Gentiloni e il relativo governo è così modesto da non interessare nessuno.