Il tasso d’interesse sul debito pubblico ha una sua logica. Come si stabilisce la remunerazione sui BOT, CCT e BTP? 

Il tasso d’interesse sul debito pubblico dovrebbe avere una logica. Spesso però quest’ordine “morale” non rispetta le regole della comprensione. Ad esempio, l’Italia è piena di debito pubblico, nonostante ciò riconosce un tasso d’interesse ridicolo.

Com’è possibile? In effetti non è logico, morale, corretto. Fortunatamente c’è il libro di Niall Ferguson, SOLDI E POTERE. Il capitolo 6 del testo è dedicato all’interesse sul debito pubblico.

tasso d'interesse

A pagina 196, Ferguson, per rispondere all’incongruenza italiana, cita come esempio il caso giapponese. Fra il 1990 e il 1999 il debito pubblico giapponese aumentò dal 61 al 108% del PIL.

Fu stimato che avrebbe raggiunto il 130% del PIL nel 2000. Ebbene i tassi d’interesse scesero dall’8 a meno dell’1%. Un caso del genere si adatta perfettamente all’Italia. Resta il problema: come e chi stabilisce quanto pagare il debito ai sottoscrittori?

 

Ferguson dichiara e lo prova, che l’interesse è sempre stabilito dalla politica.

Il dettaglio è stato ben descritto a pagina 216.  

Citazione: I massimi sbalzi dei rendimenti, si verificano in date più significative per lo storico della politica che dell’economia. 

Svelata la conclusione allo studio, servono dei chiarimenti come dice Elena, lettrice abituale degli appunti.

  1. va distinto un debito pubblico di breve durata da quello di lungo periodo;
  2. la Germania, l’Olanda e l’Austria, si finanziano con un debito a lunga scadenza.
  3. Al contrario l’Italia e la Francia con la Spagna e la Grecia, hanno più del 30% a breve scadenza;
  4. il debito a breve scadenza è di difficile gestione. Nonostante il “problema” di doverlo prontamente restituire ai creditori, il breve periodo ha un vantaggio per il Governo!
  5. La manovra dell’inflazione scatenata dell’Esecutivo per ridurre il debito, si applica sul breve non sul lungo periodo.
  6. Si tratta di un tema già affrontato in un precedente studio pubblicato in questo sito.
  7. Quando il Governo non riesce a rilanciare l’economia, Italia 2016-2017, si vendica alzando l’inflazione per ridurre il debito. Un’azione di questo tipo manifesta la povertà del Governo in carica.
  8. Comunque sia, l’inflazione utilizzata per sgonfiare il debito pubblico ha efficacia solo sul breve periodo.
  9. Sgonfiare il debito si chiama applicare una TASSA SULL’INFLAZIONE.
  10. E’ interessante notare quanto accaduto in Occidente tra il 1976 e il 1997. A fronte di un debito cresciuto 7 volte, fu “mangiato” dall’inflazione per il 75%. Solo il restante 20% fu assorbito dalla crescita economica. Il 5% ripagato. Quasi che il debito pubblico sia un affare per lo Stato;
  11. Fu nel Cinquecento, all’epoca di Carlo V°, che iniziò la separazione tra tasso d’interesse sul debito privato e quello pubblico;
  12. Ci sono 2 aspetti da considerare, il paradosso di Gibson e l’effetto Fischer. Concetti che risalgono a 2 teorie diverse in macroeconomia. Il paradosso si contestualizza nella teoria monetarista.
  13. L’effetto di Fischer nella teoria delle aspettative. Fra poco vedremo cosa vuol dire “aspettative”.
  14. Ebbene, Gibson pensò che stampando più moneta (M) si sarebbero alzati i prezzi e sceso l’interesse. Del resto è logico. Con più M, per l’effetto inflattivo, si alzano i prezzi e scende l’interesse perchè c’è più M in giro. Invece no.
  15. Purtroppo però le idee non corrispondono alla realtà. Gibson si è dovuto ricredere. Crescendo M si alzano sia i prezzi sia l’interesse! L’effetto Fischer fu solo la prova matematica delle idee di Gibson;
  16. Certamente, dopo gli studi di Gibson e Fischer è facile parlare d’economia irrazionale. E’ lecito pensare a mercati poco efficienti (weak form efficient). A volte di random walk (passeggiate a caso).
  17. E’ vero che un aumento del volume del debito porta a un incremento dell’interesse? A volte si, altre no. Fu così nel periodo 1970-1987;
  18. Un dettaglio particolarmente interessante. Nello scontro tra la Gran Bretagna e la Francia, che si svolse tra il 1700 e l’800, vinsero gli inglesi. Nonostante i francesi avessero la maggiore economia, non seppero ottenerne un flusso fiscale adeguato.

    Al contrario, gli inglesi, con l’istituzione del Parlamento e per la riscossione statale ebbero più gettito. Semplicemente evitarono il sub appalto. I francesi, privi di Parlamento e di un corpo specialistico d’esattori fiscali non monetizzarono a sufficienza.

    Per di più la Francia dovette sempre pagare maggiore interessi sul debito pubblico rispetto l’Inghilterra. In queste condizioni gli inglesi vinsero! 

  19. C’è ancora un altro aspetto interessante nella guerra anglo-francese. Dagli alti tassi pagati sul debito pubblico della Rivoluzione francese, solo con Napoleone si potè scendere a un valore accettabile.
  20. Ciò conferma anche una volta come il tasso sul debito sia una questione d’autorità. O forse anche d’autorevolezza. Napoleone Bonaparte, con la sua forza morale, seppe controllare l’onere del debito, esattamente quanto la Rivoluzione non potè fare. Il costo francese in interessi restò sempre più elevato rispetto quello inglese fino al 1901;
  21. Un particolare poco noto sono le quotazioni di titoli tedeschi in Svizzera durante il secondo conflitto. Da quelle oscillazioni si riuscì leggere l’andamento della guerra.
  22. Trova ancor più conferma come l’onere del debito pubblico sia espressione della politica più che dell’economia;
  23. Sul Nazismo, vanno ricordate le cambiali MEFO. Attraverso una finanziaria di comodo, il capo della banca centrale tedesca, Hjalmar Schacht riuscì a finanziare il riarmo della Germania;
  24. Lo studio volge al termine. Vanno ricordate quelle impennate nel costo del debito pubblico che si realizzarono anni fa. Nel 1979 con l’amministrazione Carter per l’occupazione di Kabul da parte dei russi. Ci fu un +18% d’interessi sul debito pubblico statunitense e occidentale. Nel 1982, un +10% quando Reagan varò delle sanzioni alla Russia in ritorsione alla legge marziale imposta alla Polonia. Un +9% il 9 agosto 1981 quando il Presidente Reagan dichiarò di voler proseguire negli studi sulla bomba al neutrone;
  25. Il costo del debito pubblico dipende molto dal rischio d’insolvenza. Un evento affatto raro. Il riferimento non è solo all’Argentina del 2001, ma all’uso frequente dell’inflazione (come già detto e in atto nel 2017). Il cittadino per decidere se sottoscrivere o meno titoli dello Stato, si basa sulle aspettative.

    Qui stiamo entrando nella teoria economica delle aspettative razionali. Le aspettative possono essere adattive (guardano al passato) oppure razionali (guardano al futuro).

    Non c’è una regola su cosa sia meglio.

    Conclusione.  Il tasso d’interesse dipende dall’autorevolezza dell’ente emittente. L’economia s’illude che questo prezzo sul debito pubblico sia frutto del determinismo economico. Un pensiero del genere crede che sia l’economia a modellare la politica.

    Non è vero.

    Il 900 è stato un secolo triste, proprio per averlo vissuto in un eccesso di economia (scienza imperfetta).

    AAA cercasi un vero politico cui affidare la post-globalizzazione. La Signora Le Pen? 

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