Lo showroom nasce dal presupposto d’accogliere l’interesse del consumatore. Da queste poche parole emerge il bisogno di una tecnica e filosofia di sviluppo del modello.

organizzazione dello spazio interno allo showroom. Qui la scelta è per un contato collettivo con i clienti dove altrove è nei box, più riservato.

Le foto che seguono offrono modelli diversi di accoglienza del pubblico nello showroom. Stiamo ragionando sull’organizzazione dello spazio interno allo showroom. La scelta descritta in questa immagine è per un contato collettivo con i clienti dove altrove è per box d’accoglienza in forme più riservate.

Nella città di San Francisco c’è una corrente di pensiero relativamente al modo di allestire, gestire e presentare al pubblico uno showroom, che Spazio Tre è andata a studiare. La sintesi è che il METODO showroom richiede 2 metodiche: una per attirare l’attenzione del pubblico sviluppata in città, percorrendo le vie centrali della metropoli e l’altra per un negozio dislocato nell’immediata periferia, studiata per accogliere e affascinare, il tutto accompagnato da una pubblicità che sappia coinvolgere distratti passanti grazie allo studio dei particolari.

Si parte dal presupposto che il centro cittadino di ogni metropoli non sia in grado d’accogliere l’interesse del consumatore e questo perché:
– servono ampi parcheggi;
– la richiesta per beni e servizi è così specialistica e relativa a nicchie di prodotto, che non può essere esposta se non in ampi/ampissimi spazi espositivi;
– il costo del terreno, (affitto come acquisto) in area urbana, è diventato “impossibile”;
– la convenienza a vendere in città è ridotta, oggi come oggi, solo per merce ad alto e medio ricarico come il vestiario e le calzature, motivo per cui i centri commerciali urbani sono afflitti da un numero esageratamente alto di boutique di biancheria di tutti i tipi;
– il bisogno di un’alta affluenza per giustificare costi di gestione e margini contenuti.
Per questi motivi la strategia di mercato per gli showroom a San Francisco è stata impostata da 13 mesi su 2 grandi aree: una interna alla città e l’altra per la periferia dove si trova effettivamente il negozio.

STRATEGIA INTERNA ALLA CITTA’

La parte delle dottrina che si dedica a cosa fare dentro la città si articola su 2 diversi aspetti:
a) apertura in centro, ad altissima visibilità di 2 o 3 vetrine capaci di raccogliere solo l’attenzione del passante sul “più bello” che il marchio può offrire, senza indicarne prezzo o qualità. L’effetto è stupire, invitare, affascinare, coinvolgere. Ovviamente sulle vetrine sono indicati gli indirizzi (nella prima periferia o sud e nord della città) di dove si trova lo showroom;
b) una strategia comunicativa che ha radicalmente cambiato lo stile delle immagini. Da foto generiche o indicative del prodotto e del marchio, si è passati ai particolari di un oggetto (un pezzo del rubinetto, un lato della mattonella, lo spessore del parquet, un profilo di un infisso) tali da impegnare la fantasia e lo spirito critico del passante che così viene messo in condizione di partecipare all’impulso pubblicitario.

STRATEGIA ESTERNA ALLA CITTA’

Lo showroom va dislocato, secondo questa impostazione, in apertura di periferia della città, sia verso sud come a nord (laddove il marchio lo permetta su entrambi i punti cardinali e studiati i flussi di traffico in esodo dalla metropoli) Normalmente i termini dimensionali sono per le ampie metrature, ma questo non è detto in quanto non è che sempre il largo e grande sia conveniente e qualitativamente accettabile!

Convivono così realtà da 32.000 mq come da 70.000 e da 5.000 in pari dignità.

intimità di accoglimento del cliente

Intimità di accoglimento del cliente

Definita “la procedura d’ingresso” ovvero come si richiamano masse di clienti dal centro della città alla prima periferia, dov’è possibile offrire certi livelli di accoglimento (esposizione di merce, parcheggi, servizi diversi) cosa fare per dare a colpo d’occhio una visone d’insieme ai visitatori?
Innanzitutto è errato far vedere “tutto e subito”; serve la scoperta e la sorpresa. Questo è quanto recita la dottrina di San Francisco. Ma non va neppure bene annoiare o costringere il cliente a lunghi pellegrinaggi per trovare quanto cerca, questi apprezza senza tanti giri di parole o perdite di tempo, di capire prezzi e convenienze.
La soluzione è sia fornire all’ingresso la pianta del negozio che anche esporla per mezzo di un grande cartello all’ingresso, in modo da orientare i flussi di interesse.
Distinte le direzioni, a seconda dei settori espositivi con colori diversi, la presenza di isole di consultazione per prezzi e progetti (dislocate per gruppo di argomenti) consente di rimanere “aderente” al visitatore attendendo la sua iniziativa.
Nel capitolo dell’organizzazione del negozio i punti focali sono:
– ampio parcheggio (se coperto è meglio) non custodito, ma sorvegliato. Fa molta scena l’auto di controllo privato (in genere elettrica) che scorre tra i filari di macchine parcheggiate, consegnando al cliente l’idea di trovarsi in un “luogo protetto”;
– offerta di servizi accessori (ristorazione, aree verdi, parchi gioco ed intrattenimento) Anche qui l’area gioco per bimbi, dove lasciarli senza scarpe, con i calzini, nel poter accedere ad una serie di giochi, sotto il controllo di apposito personale che cura l’ingresso e la convivenza dei ragazzini, invita le giovani famiglie ad un tipo di relax funzionale alle scelte di consumo, per cui lo showroom è stato ideato e realizzato;
– nella psicologia e sociologia del consumo la quiete, serenità, gentilezza del personale che sa ascoltare ed è paziente, il sottofondo musicale, la possibilità di fermarsi ad un tavolino dentro l’area espositiva e consumare qualcosa (vedi in Europa l’IKEA con il bar all’interno ed al centro del negozio) è una condizione di base per accedere all’acquisto;
– in queste condizioni il personale addetto alla vendita indossa una “divisa” che lo renda facilmente identificabile ed una targhetta identificativa per nome di battesimo, che può anche contenere il logo del negozio e la foto del viso del commesso;
– metratura in funzione della merce esposta senza l’assillo del “gigantismo”;
– indicazioni all’ingresso per settori merceologici grazie ad ampia cartellonistica e fornitura di una mappa del negozio;
– identificazione delle diverse aree grazie ad ampi cartelli pendenti dal soffitto, visibili da lontano e comunque da ogni punto dall’interno dello showroom;
– allestimento di isole di consultazione ed assistenza tali da raggruppare 3-4 aree espositive, più una finale, più ampia e accogliente nella zona casse;
– percorsi interni larghi 2,5/3 metri che attraversino banconi d’esposizione della merce da 1 metro (che mostrano sui due lati) confluenti in rotonde (in genere qui viene esposta merce d’occasione o scontata) fatte per smistate i flussi di traffico dei carrelli dei visitatori (normalmente ogni 50 metri c’è una rotonda)
– un servizio di bagni (per famiglie, donne e uomini) molto ricercato, ampio e curatissimo. Si tratta di allestirli tutti con fiori freschi, che si senta “odore di pulito”, quindi un numero di box singoli interni al bagno, per cui le donne ne godano di un 60% in più rispetto agli uomini. Il bagno per famiglie, invece, prevede che l’intero gruppo familiare entri in un solo ingresso per cui ci sono 2 lavabi, 2 waterclose e quanto serve al cambio dei neonati. Di questa tipologia di servizi per famiglie, ce ne sono in genere 2 o 3 considerato che la famiglia è un tipo di clientela molto importante per gli showroom.

senza consulenza non si vende, le foto che seguono indicano un modello

Senza consulenza non si vende, l’immagine indica il modello della GDO americana

CONSEGUENZE NELL’APPLICAZIONE DELLE STRATEGIE

Il mix tra queste strategie integrate ha permesso a marchi come Expo (showroom per la ceramica, pavimenti, infissi, scale ed altro per la casa) The Home Depot ( prodotti per la casa ed il giardinaggio di basso costo e medio-bassa qualità) Lowe’s (concorrente di The Home Depot, ma su livelli di qualità più elevati) Waterworks (showroom di altissima raffinatezza per bagni, ceramica, pavimenti, mobilia ed arredamento) ed infine Bath & Beyond (catena di negozi molto commerciale, per l’arredamento del bagno e ceramica) d’ottenere livelli d’incremento di fatturato al di sopra della media, dove non è stata applicata la strategia commerciale qui indicata.

altro modello di accoglimento per offrire consulenza al cliente

Altro modello di accoglimento per offrire consulenza al cliente nel contesto della GDO americana.

CONCLUSIONI

Riepilogando, qui a San Francisco ci sono 2 diverse impostazioni di presentazione dello showroom: una esterna per la città ed una organizzativa interna al negozio.

Quella esterna si basa su:
– piccoli negozi o vetrine espositive in centro città ad alta visibilità e forte provocazione nel senso estetico del passante;
– apertura di showroom nell’immediata periferia della città seguendo i flussi di traffico in/out;
– campagna pubblicitaria congeniata sui particolari di oggetti e beni caratterizzanti il marchio, in modo da impegnare la fantasia del distratto passante.

Quella interna si articola su:
– procedure per tranquillizzare ed accogliere la clientela;
– accompagnare la curiosità della clientela senza tutto svelare, provocando l’iniziativa del cliente ed il suo interessamento verso le offerte proposte del negozio.

L’assenza di questi accorgimenti non inibisce la presenza del negozio sul mercato, ma ne riduce la potenzialità di reddito. Vanno comunque considerati i costi connessi al perseguire la strategia qui indicata. Quando sono accettabili questi investimenti per la proprietà dello showroom?

Ovviamente la sensibilità al costo varia a seconda dell’operatore, ma la facoltà di economia dell’Università di San Francisco ha calcolato che:
1) uno showroom gode generalmente di un flusso minimo di visite pari a circa 200 persone al giorno; (7 giorni su 7 ed il conteggio parte dai negozi molto piccoli e padronali)
2) che il 75% delle persone che entra in negozio di questo tipo spende dai 25 dollari in su; (con una media di 107dollari)
3) che il 67% delle vendite avviene con le stesse persone che sono già entrate precedentemente nel negozio e che si sono trovate bene (tecnica di fidelizzazione con carte sconto ed e-mail inviate dietro accettazione del cliente)

Con questi parametri, a conti fatti, uno showroom di piccole-medie dimensioni fattura 5,8 milioni di dollari, livello a partire dal quale è possibile avviare la strategia di sensibilizzazione qui indicate che vale un incremento del 18-24% di fatturato. Questo significa godere di un 1,160 milioni di giro d’affari in più all’anno, da capitalizzare con la fidelizzazione a fronte di spese per la vetrina in centro e di pubblicità per 0,3-0,5 annue e fisse.
Questa è l’esperienza e gli studi che offre San Francisco agli operatori di showroom.

accoglienza spicciola modello GDO

accoglienza spicciola modello GDO