Promettimi che ti ucciderai offre, oltre a quanto già qui pubblicato e commentato degli altri passaggi interessanti che sono:

  • …nella sconfitta della Germania, molti videro il fallimento personale“. Quant’è bella una Nazione coesa che vive in se stessa e sulla pelle le vicende dal Paese! Questo è il primo pensiero che scorre in mente leggendo una frase di questo tipo. Inoltre, il pensiero va alla qualità del regime che per quanto dittatoriale e responsabile d’omicidi e massacri di massa a danno di non-tedeschi (per quanto gli ebrei tedeschi siano tedeschi) è riuscito a compattare la popolazione in forme così importanti. Su quest’argomento c’è un altro passaggio nel libro di Huber che recita in questo modo: il partito nazionalsocialista non fu un partito quanto un movimento. Significa, a conti fatti, impegnare la popolazione non tanto nella riflessione quanto nell’attivismo di una manifestazione dopo l’altra senza un attimo di tregua. Basta questo, prolungato dal 1933 al 1943 perchè i cittadini s’identifichino con la Nazione? Il dibattito è aperto;
  • e certo che se il cittadino s’identifica nella Nazione e questa subisce la perdita della guerra con annessa occupazione, il suicidio rappresenta un’arma da scagliare contro l’occupante (peccato che ciò sia esattamente quello che vuole il nemico, in grado così, di cancellare la memoria storica del Paese);
  • Heinrich Brunning, Cancelliere di Germania, nel 1930 affamò il Paese per tirarlo fuori dalla crisi economica. A parte il fatto che quasi ci riuscì nel risolvere i drammi della Germania, ma tra un Brunning che agì senza comunicare (ricorda tanto il Mario Draghi italiano) e un Hitler estremamente comunicativo chi vinse? La politica economica nazista fu un successo. Questo è un dettaglio poco noto e studiato, ma già riportato nelle riflessioni studio qui pubblicate. Promettimi che ti ucciderai ha il merito di focalizzarsi sull’inversione dei fattori di politica economica tra la Repubblica di Weimar e il Nazismo.