La ristorazione è un settore di cui si sente parlare spesso in occasione della pandemia da polmonite cinese. La domanda che ci si pone è: cosa rappresenta e come si articola questo segmento produttivo in Italia?

Raccogliendo i dati sull’argomento è possibile focalizzare come il consumo di cibo fuori casa è in Italia al 30% mentre negli Usa al 50%.

Le percentuali sono riferite alla spesa complessiva per cibo pro-capite e si riferiscono ai dati registrati nel 2018 (Fipe) e pubblicati a gennaio 2020.

La Fipe rappresenta la Federazione pubblici esercizi inquadrata nella Confcommercio che a sua volta è collocata nella Confindustria.

Il sito del Fipe è www.fipe.it

Tornando alla fotografia del settore emerge un dato inquietante.

Il Fipe, celebrando il settore, spiega che la partecipazione alla produzione del PIL nazionale concorre in un duplice aspetto: acquista prodotti agroalimentari per 20 miliardi che vende a 46 miliardi.

Tradotto in termini pratici significa che a fronte di spese per acquisti di 20 miliardi i ricavi sono il 230% in più.

Su questo aspetto il comparto non ci fa “una bella figura” emergendo come speculatore che riesce a vivere finché i consumatori sono disposti a farsi spennare.

Ovviamente questa voglia di farsi prendere denaro (movida) funziona finché ci sono soldi da spendere.

Un altro dato interessante è il tasso dei fallimenti del settore che si articola in 330mila aziende.

La ristorazione fallisce al 25% nel primo anno d’attività.

La percentuale si eleva al 50% considerando i primi tre anni di funzionamento.

Infine il fallimento sale al 57% nei primi cinque anni d’esercizio.

Ovviamente chi leggerà questi appunti lamenterà un atteggiamento critico verso il settore della ristorazione; è vero.

Quel +230% di guadagno stona! soprattutto quando ad affermarlo è la statistica che così candidamente conferma la truffa per eccesso di ricarico.

I dipendenti italiani o meglio gli occupati del settore sono 1.257.260 di cui 864.062 stipendiati e 388.202 “autonomi” (sottopagati).

Merita ricordare che il 50% della spesa alimentare statunitense va alla ristorazione e che si concentra su locali appartenenti a un nome.

Per appartenenti a un nome ci si riferisce alle grandi catene di ristorazione.

Dei primi 100 grandi nomi americani del settore, il 50% dell’intero fatturato si concentra solo sui primi 10.

L’intero comparto americano coinvolge 15,6 milioni d’occupati a contratto (nessuno autonomo).

La ristorazione italiana oggi è in crisi per solo 2 mesi di chiusura per forza di causa maggiore; basta così poco per paventare cessazioni d’attività al 60% degli operatori?