Invertire i fattori per capire i problemi

di Giovanni Carlini

E’ noto quanto la pensi diversamente dall’abituale, il che è anche fonte di solitudine e lotta per me. In generale non riesco a capire lo scontro frontale su un problema, anziché invertire i fattori per ottenere lo stesso risultato. Nel caso dei fondi privati conservati all’estero da connazionali (oggi in epoca di globalizzazione) è anacronistica la criminalizzazione a colpi di codice penale, anziché creare condizioni migliorative per il rientro in Patria.
Ad esempio: chiunque sposti fondi dall’estero per investirli nelle PMI italiane viene garantito al 100% dallo Stato in caso di fallimento dell’azienda beneficiaria. Potrebbe essere una manovra per incentivare il rientro di capitali detenuti all’estero, senza alcuna criminalizzazione e con immediato beneficio al sistema delle aziende.
Purtroppo è in atto una grave frattura tra lo Stato e le persone fisiche che abitano nel nostro Paese, espressa anche dai numerosi suicidi che hanno particolarmente colpito la classe imprenditoriale italiana. Interessante è la recente affermazione del capo della Confindustria, per spostare le sue aziende in Svizzera. Il Governo recepisce questa dichiarazione d’intenti come un attacco senza capirne la reale portata: evitare d’emigrare creando le corrette condizioni di vivibilità economica e sociale in Italia. Suicidi, tendenza delle imprese ad emigrare, fondi di privati all’estero dove lì vogliono restare, sono tutte conferme di una frattura tra Istituzioni e cittadino che tende ad accentuarsi anziché ricucirsi.
Un ulteriore aspetto di preoccupazione, non ancora approfondito sui suicidi degli imprenditori, causa la perdurante crisi economica e il loro stato d’abbandono da parte delle Istituzioni, è come non sia stato ancora applicato il “tanto peggio tanto meglio”, coinvolgendo nel gesto drammatico, anche chi ha contribuito alla frattura sociale.
Leggendo nel sito dell’Agenzia delle entrate spicca una nota trionfale; nel 70% dei casi di contenzioso, l’Agenzia ha vinto contro il cittadino. Non riesco a leggere un successo in questo, al contrario noto un atteggiamento diverso che muove l’utenza verso il fisco del tipo: dove devo firmare e quanto pagare per non averci a che fare? In pratica, anziché di vittoria dell’Agenzia delle Entrate, in una civile discussione sul corretto valore delle tasse da pagare, la tendenza è cercare d’uscire fuori il più presto possibile da un meccanismo che stritola, giudica e non capisce portando alla disperazione senza aiutare. Anche in questo caso per comprendere serve rovesciare i termini del problema.
Pagare le tasse? Nel momento in cui si stabilisce quanto sia corretto pagare se il controvalore fosse destinato dal cittadino (almeno al 50% del dovuto) alla scuola che frequenta il figlio, al palo della luce che illumina davanti casa e che è in carico al Comune, all’Ospedale dov’è ricoverata la madre e lo Stato si limitasse ai controlli incrociati tra dimostrato ed effettivamente versato, non avremmo anche in questo caso un’inversione dei fattori con una riduzione della frattura sociale?
Nel caso la Svizzera anziché rifugio di denaro sporco, fosse la sede delle nostre imprese che vogliono evitare un fisco e un’amministrazione ossessiva, non abbiamo un’inversione di fattori con danno per l’Italia? Probabilmente lo Stato, negli ultimi 3 governi si è voluto affidare allo scontro con il cittadino come metodo per far cassa e confermare il suo ruolo nella società senza comprendere che si è tagliato da solo la base di credibilità.
Ci sono margini per ricucire? Si se si cambiano gli uomini e le donne che hanno prodotto questa spaccatura, ma nel farlo serve un discorso programmatico, fatto da un leader che spieghi dove siamo (lo sappiamo tutti) e dove vogliamo andare (non l’ha ancora capito nessuno).
Il problema non è la Svizzera ma l’Italia.