Il danno sul PIL da corona virus è immaginabile intorno al 2% di produzione di ricchezza in meno prodotta nel solo 2020.

Attualmente (2 marzo 2020) gli “esperti” accennano a conseguenze sul PIL nei termini di un 0,1-0,5%. Chi lo afferma è il neo eletto nella liste comuniste, (quelle del PD) l’On. Roberto Gualtieri, attualmente ministro dell’Economia.

E’ chiaro che riferirsi al solo 0,1-0,5% sul PIL è una sottostima, forse voluta.

Il pessimismo, se così si può dire, che porta al -2% sul PIL nasce da una considerazione “di conto” che non si limita alla sola spesa sostenuta.

In realtà va considerato il crescente spread e le ricadute in termini d’interessi pagati sul debito pubblico.

La somma di maggiori interessi pagati e di spese sostenute, oltre al blocco/rallentamento delle attività produttive condotto per almeno 4-6 mesi.

Qui nasce una grande divaricazione nel pensiero tra soluzioni al problema dell’epidemia di derivazione cinese: tutelare il PIL o la salute pubblica?

C’è chi frettolosamente cerca “la ripartita” indipendentemente dalla diffusione della malattia d’origine cinese e chi invece pensa al blocco per guarire. Chi ha ragione?

L’esperienza cinese paga, nel senso che con un virus in diffusione dal mese di ottobre-novembre nel proprio paese, la chiusura delle attività per 2 mesi ha permesso l’avvio della soluzione.

L’Italia non è capace di fare altrettanto.

Con queste premesse, di convivenza tra soluzioni intermedie (ne carne ne pesce) è “facile” prevedere un’incidenza sul PIL ancora più grave perché prolungata nel tempo. Mi spiego.

Se si chiudessero le attività, alla cinese maniera, in 2 mesi s’arriverebbe a un punto di svolta.

Restando metà e metà, non basteranno 2 mesi, ma almeno 4 se non 6.

Ecco come la previsione negativa al -2% (almeno) si concretizza.

Detto anche in altre parole, la caduta secca del PIL deriva da un’oggettiva incapacità alla guida del Paese dall’attuale esecutivo controllato dal PD (i comunisti). Come al solito, in ogni regressione della Nazione, ci sono sempre loro!

Il danno alla nazione è fatto.