I morti per epidemia ci sono sempre stati nella Storia e si contano a migliaia di migliaia fino a falcidiare intere civiltà e città però c’è una differenza.

Le grandi epidemie, a partire dalla morte nera, del XIV secolo sono avvenute in una stagione dove mancava lo STATO.

Con l’affermazione del concetto di STATO (paci di Vestfalia – 1648) di grandi pandemia ce ne sono state solo due.

La peste bubbonica del 1894 con 12 milioni di decessi e la “spagnola” del 1918 con 20 milioni di morti nel mondo.

Entrambe le pandemie si svilupparono in presenza di forti crisi dello Stato. La prima in occasione della grande crisi economica del 1873.

La seconda, la “spagnola” con STATI stremati dalla Grande Guerra nel 1918.

Va notato come solitamente le epidemie provengano quasi sempre dalla Cina.

In linea di massima, la presenza di una struttura organizzata a livello centrale, qual’è appunto lo STATO, riduce il concetto d’epidemia.

Nella cultura africana che è tribale, dove lo Stato c’è, pur restando ancora qualcosa d’estraneo alle genti che s’identificano per tribù, ci sono epidemie di ebola e altri virus mortali.

A questo punto il vero vaccino anti pandemia è lo STATO nella sua interezza e pienezza di poteri.

Da questa considerazione è possibile applicare una profonda differenza tra il prima e il dopo nella storia delle pandemie nell’umanità.

Le infezioni avvenute prima del 1648 e quelle successive alla nascita dello Stato come entità umana e politica organizzata.

Con un ragionamento di questo tipo abbiamo “ucciso” la frammentazione regionale nella sanità in Italia.

Probabilmente servirà una legge quadro all’interno della quale, in caso di epidemia, scatta un ufficio centrale del Ministero della Sanità capace d’assumere l’intero onere della coordinazione Nazionale.

Quest’Ufficio centrale dovrà avere magazzini e stock di materiale sanitario per gestire le emergenze.

Vorrei anche che in questo ufficio centrale la SANITA’ MILITARE e la CROCE ROSSA fossero parti integranti.

Vuol dire considerare la SANITA’ MILITARE dagli attuali 7.000 letti ai futuri 20.000, una sanità d’emergenza per assorbire il primo impatto da catastrofe o epidemia. Attualmente non è così.

Una sanità capace d’emergenze Nazionali non è quella che tira su gli ospedali da campo, ma una struttura ancorata al territorio con sue strutture operanti solitamente al 20% attivabili a comando con riservisti.

Oltre a questi aspetti tecnici c’è un altro argomento da considerare.

I morti per epidemia. 15.000 morti in 40 giorni in Italia per polmonite cinese, sono “tanti, pochi o il giusto”?

Lo stesso dato che proviene da una dittatura comunista, la Cina, indica appena 3mila decessi su 90.000 infettati; sarà vero?

I morti per epidemia che in Cina sembrano conteggiati al 3% in Italia e Spagna sono certi all’11% abbondante.

Bisogna vedere cosa accade nel resto del continente europeo e negli Usa per stabilire un’effettiva percentuale di mortalità da virus cinese.

La presenza dello Stato ha mitigato i decessi rispetto alla peste manzoniana di Milano del 1630 che ha comportato una mortalità stimata al 25% della popolazione? (1.100.000 di morti su 4 di abitanti)

Su questo metro si misura la sopravvivenza dell’attuale esecutivo, non solo in Italia, ma in tutto il Pianeta, comprese le dittature come la Cina.