Apprendistato lezione 4. Il testo unico del 2011 che sostituisce la legge istitutiva dell’apprendistato del 1955. Prima del colpo di stato in bianco del Napolitano-Renzi di novembre 2011, il governo Berlusconi varò il testo unico sull’apprendistato. Grazie a quel governo, così tanto poco valorizzato, abbiamo il riordino della materia.

Apprendistato lezione 4. Nel 2011, prima che al Governo in Italia giungessero personalità non votate da nessuno (Prof. Monti e il Renzi), il Governo Berlusconi varò il Testo Unico sull’apprendistato. Si tratta di una norma che riordinò l’intera normativa fino ad allora spezzettata tra più leggi, codice civile, legge Biagi etc. Lo scopo di questo incontro, nel più articolata serie di lezioni chiamate: apprendistato lezione 4 è quello di conoscere la legge.

Testo Unico sull’apprendistato

Il D. lgs 167 del 2011, in attuazione della delega conferita dall’art. 1, comma 30, della L. 247/2007, ha riformato la disciplina dell’apprendistato, abrogando la normativa preesistente che è ora sostituita da un “Testo unico” di soli sette articoli.

La scelta del Testo unico per disciplinare la materia dell’apprendistato non è casuale: il testo unico, raccoglie le norme che regolano la materia, abrogando tutte le disposizioni sparse tra Legge Biagi, codice civile e alcune norme speciali e dà finalmente una veste unitaria a tale tipologia contrattuale.

Definizione (art. 1) L’art. 1 definisce l’apprendistato come un contratto di lavoro subordinato, a tempo indeterminato, finalizzato alla formazione ed all’occupazione dei giovani.

L’apprendistato, rispetto all’ordinario contratto di lavoro a tempo indeterminato, ha delle proprie peculiarità e precisamente:

a) la causa mista (finalità formativa e di inserimento dei giovani nel mercato del lavoro);
b) accanto agli elementi tipici del rapporto di lavoro, ossia la prestazione lavorativa e la retribuzione, si pone quale elemento caratterizzante la formazione dell’apprendista; in ragione di ciò, il contratto deve necessariamente prevedere un periodo di apprendimento finalizzato a far acquisire al giovane le capacità e le conoscenze utili per il conseguimento di una qualifica professionale o di un’ulteriore qualificazione.

Il rapporto di apprendistato presenta, in ogni caso, la peculiarità che pur trattandosi di rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, prevede la possibilità per le parti di recedere dal rapporto al termine del periodo formativo.

Il testo unico (art. 2, lettera m) nulla ha innovato rispetto al passato, nel senso che le parti possono liberamente recedere dal contratto, alla scadenza del periodo di formazione, esercitando la relativa facoltà nel rispetto del periodo di preavviso da far decorrere al compimento del periodo di formazione.
Da quanto illustrato discende che (art. 2, lettera l): il rapporto di apprendistato, antecedentemente alla conclusione del periodo formativo, può essere risolto soltanto per giusta causa o giustificato motivo e in caso di licenziamento illegittimo valgono le regole generali legate al limite dimensionale delle imprese (c.d. “tutela reale” o “tutela obbligatoria”).

Dalle considerazione che precedono appare chiara l’intenzione del Legislatore delegato di fare dell’apprendistato lo strumento contrattuale “per elezione” per l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro e che l’aspetto formativo assume una valenza preminente.
Con la riforma si cerca di assicurare ai giovani una prospettiva occupazionale superando l’inveterata concezione di tale contratto quale strumento utile soltanto per l’abbattimento dei costi legati alla retribuzione e alla contribuzione del personale.

Disciplina generale (art. 2) L’articolo in commento contiene la disciplina generale del contratto di apprendistato.
Il Legislatore delegato ha inteso valorizzare la contrattazione collettiva nazionale affidando ad essa ed agli accordi interconfederali di pari livello la possibilità di fissare regole generali.
Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro cui fa riferimento il legislatore sono quelle che a livello nazionale risultano essere comparativamente più rappresentative.
Caratteristiche del contratto previste dal Legislatore della riforma sono: 

a) Forma scritta del contratto, del patto di prova e del piano formativo individuale che può essere definito, anche sulla base di modulistica e formulari fissati sia dalla contrattazione collettiva che dagli enti bilaterali, entro i trenta giorni successivi alla stipula del contratto.
Nel contratto vanno, ovviamente, riportati alcuni elementi essenziali come il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa, l’orario di lavoro, il riferimento al piano formativo individuale, la qualifica che potrà essere acquisita al termine del rapporto di lavoro sulla base anche degli esiti formativi.
La contrattazione collettiva, poi, dovrà prevedere la durata del periodo di prova che, come indicato dall’art. 2096 c.c., deve risultare da atto scritto che, in ogni caso, non potrà essere superiore a sei mesi. Appare opportuno dar conto della Circolare del Ministero del lavoro del 29 settembre 2010, n. 34 che ha precisato che il contratto di apprendistato è compatibile con il contratto di lavoro a tempo parziale, a condizione che la riduzione dell’orario di lavoro non sia di ostacolo al perseguimento delle finalità formative ed al conseguimento della qualifica professionale.
Il Ministero ha, tuttavia, sottolineato che in caso di assunzione di un apprendista con orario part time, l’impegno formativo non può essere ridotto, ma deve essere adempiuto in maniera identica ai lavoratori assunti a tempo pieno.

Il terzo elemento contenuto nella lettera a) della norma in commento riguarda il piano formativo individuale che è un documento ove andranno indicati, alla luce degli obiettivi che si intendono perseguire, il percorso formativo e la ripartizione dell’impegno tra la formazione interna e quella esterna. Esso va elaborato, entro trenta giorni dalla stipula del contratto, secondo schemi fissati dalle parti sociali ed in coerenza con i profili formativi fissati dal contratto collettivo di riferimento.

b) Divieto di retribuzione a cottimo.Il principio del divieto di retribuzione a cottimo risponde all’esigenza di non sottoporre gli apprendisti a forme di sfruttamento legate all’organizzazione del lavoro, tenuto conto della circostanza che l’apprendista per definizione è un lavoratore “da formare” e tende ad evitare che la retribuzione del lavoratore possa essere legata ed a un determinato ritmo produttivo.

c) Possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto a quello finale o, in alternativa, di stabilire la retribuzione in misura percentuale e in maniera graduale rispetto all’anzianità di servizio.

d) Presenza di un “tutor” o referente aziendale. Il DM 28 febbraio 2000 ha previsto e disciplinato la figura del “tutor”, il cui compito è quello di affiancare il giovane per tutta la durata del piano formativo individuale, trasmettendo le competenze necessarie e garantendo l’integrazione tra l’eventuale formazione esterna e quella interna.

L’attività di tutoraggio deve essere svolta da un lavoratore qualificato di livello pari o superiore a quello che conseguirà l’apprendista al termine del periodo formativo. Il “tutor” deve possedere almeno tre anni di esperienza lavorativa, fatto salvo il caso in cui nell’azienda vi siano lavoratori con un’anzianità nella qualifica inferiore ai tre anni.

Nelle imprese artigiane ed in quelle con meno di quindici dipendenti, tale ruolo può essere svolto direttamente dal titolare, da un socio o da un familiare purché in possesso delle specifiche competenze, ferme restando le specifiche indicazioni delle Regioni che, su tale aspetto, hanno competenza primaria.

Per completezza d’informazione si ricorda come un “tutor” possa affiancare un numero massimo di cinque apprendisti e che sporadiche assenze del tutor non comportano un deficit formativo sanzionabile (nei confronti del datore di lavoro) ai sensi dell’art. 7 della normativa in esame.

e) Possibilità di finanziamento dei percorsi formativi attraverso i fondi paritetici interprofessionali ex art. 118 della legge n. 388/2000 ed ex art. 12 del D.L.vo n. 276/2003, anche con accordi raggiunti con le Regioni.

f) Possibilità del riconoscimento della qualifica professionale, sulla base dei risultati conseguiti con la formazione interna ed esterna all’azienda: esso può essere fatto valere sia ai fini contrattuali, sia nel proseguimento degli studi, che nei percorsi d’istruzione degli adulti;

g) Registrazione della formazione effettuata e della qualifica professionale acquisita, nel libretto formativo del cittadino. Previsto dall’art. 2, comma 1, lettera i), del D.L.vo n. 276/2003 e dal DM 10 ottobre 2005, è il documento nel quale vengono registrate le competenze acquisite dal lavoratore con il contratto di apprendistato, con quello di inserimento e con la formazione specialistica e continua svolta durante l’attività lavorativa.

h) Possibilità di prolungare il periodo formativo in caso di malattia, infortunio o altra causa di sospensione involontaria del rapporto, superiore a trenta giorni, secondo la previsione della contrattazione collettiva.

i) Possibilità di forme e modalità di conferma in servizio, al temine del periodo formativo, al fine di ulteriori assunzioni con tale tipologia contrattuale.

j) Divieto per le parti, durante il periodo formativo, di recedere dal rapporto al di fuori della giusta causa o del giustificato motivo.

k) Possibilità per entrambi i contraenti di recedere, al termine del periodo formativo, dal rapporto con preavviso, in mancanza del quale il contratto prosegue “consolidandosi”, a tutti gli effetti, a tempo indeterminato.

Gli articoli da 3) a 5) del testo unico disciplinano le tre tipologie di apprendistato menzionate all’articolo 1.
– Apprendistato per la qualifica ed il diploma professionale (art. 3).
Tale tipologia di apprendistato è rivolta ai giovani di età compresa tra i 15 ed i 25 anni. La durata del contratto non può essere superiore a 3 anni, 4 anni nell’ipotesi di diploma quadriennale regionale.

La regolamentazione dei profili formativi è rimessa ai contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale, stipulati dalle associazione comparativamente più rappresentative, nel rispetto degli standard fissati dalle Regioni.

-Apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere (art. 4). Tale tipologia di apprendistato è rivolta ai giovani di età compresa tra i 18 ed i 29 anni e può essere utilizzata anche nel pubblico impiego. La durata del contratto e le modalità di erogazione della formazione sono rimesse ad accordi interconfederali e contratti collettivi. La durata, tuttavia, non può essere superiore a 3 anni, estensibili a 5 anni per le figure professionali dell’artigianato individuate dalla contrattazione collettiva di riferimento. Riguardo a tale tipologia di apprendistato merita di essere menzionata la risposta ad interpello del Ministero del Lavoro del 26 ottobre 2011, n. 40, che ha offerto un’interpretazione estensiva della norma in commento, ammettendo la possibilità di prevedere la durata quinquennale della formazione ad altri profili professionali equipollenti a quelli dell’artigianato, anche se appartenenti a settori merceologici differenti.

-Apprendistato di alta formazione e di ricerca (art. 5). Anche tale tipologia di apprendistato è rivolta ai giovani di età compresa tra i 18 ed i 29 anni ed è utilizzabile anche nel pubblico impiego. La regolamentazione e la durata del periodo di apprendistato è rimessa alle Regioni, per i soli profili relativi alla formazione, in accordo con le associazioni territoriali più rappresentative, le università, gli istituti e gli enti di ricerca.

 

Standard professionali, standard formativi e certificazione delle competenze (art. 6). L’articolo in esame, in estrema sintesi, attribuisce al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’istruzione, della università e della ricerca, previa intesa con le Regioni e le province autonome, il compito di definire gli standard formativi per la verifica dei percorsi formativi in apprendistato per la qualifica ed il diploma professionale e per quello di alta formazione.
La norma in commento prevede, inoltre, la registrazione nel libretto formativo del cittadino della formazione effettuata e della qualifica professionale acquisita.

Disposizioni finali (art. 7) Con il primo comma il Legislatore delegato sanziona il datore di lavoro che sia inadempiente nella erogazione della formazione così da impedire la realizzazione delle finalità previste negli articoli 3, 4 e 5. 

Perché il datore di lavoro possa essere ritenuto sanzionabile occorre che la mancata formazione dell’apprendista sia imputabile esclusivamente alla sua responsabilità: la sanzione prevista dal legislatore consiste nel pagamento della differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo formativo dell’apprendistato, maggiorata del 100%, con esclusione di qualsiasi altra sanzione correlata alla omessa contribuzione.

Il testo unico prevede un’alternativa alla sanzione: se nel corso di un accesso ispettivo si riscontri un inadempimento nella erogazione della formazione prevista nel piano individuale, gli addetti alla vigilanza del Ministero del Lavoro adotteranno un provvedimento di disposizione ex art. 14 del D. L. vo n. 124/2004.

La circolare ha precisato che ai fini della sanzionabilità della condotta del datore di lavoro sia necessario un duplice requisito: l’inadempimento deve essere riferibile, in via esclusiva, alla responsabilità del datore di lavoro e la sanzione deve essere strettamente correlata al mancato raggiungimento degli obiettivi formativi.

Il contratto di apprendistato deve essere in corso di esecuzione e la diffida può essere emanata soltanto dal personale di vigilanza del Ministero del Lavoro in quanto la norma riconosce tale potere soltanto agli ispettori ministeriali.

Il comma 2 disciplina il profilo sanzionatorio connesso alla violazione delle disposizioni contrattuali attuative dei principi concernenti la forma scritta del contratto, del patto di prova e del piano formativo individuale (lettera a), il divieto di retribuzione a cottimo (lettera b), l’applicazione “in peius” delle disposizioni concernenti il trattamento economico (lettera c), la presenza del “tutor” aziendale (lettera d).

Anche i lavoratori in mobilità possono essere assunti con un rapporto di apprendistato strettamente correlato alla loro qualificazione o riqualificazione professionale.

Innanzitutto c’è da sottolineare come per tali soggetti non sia previsto un limite massimo di età: l’unico requisito richiesto è l’iscrizione nelle liste di mobilità.

Il comma 9 dell’articolo in esame prevede la disciplina degli sgravi contributivi susseguenti alla prosecuzione del rapporto di lavoro dopo la fine della fase formativa.

Il Legislatore, su tale aspetto, si allinea all’indirizzo ministeriale espresso nella risposta ad interpello del 4 maggio 2005, prot. n. 25/I/0003883, con il quale si sostenne la fruibilità del beneficio, nel caso in cui il consolidamento del rapporto avvenga anticipatamente rispetto alla scadenza del periodo formativo, purché il datore di lavoro abbia svolto la formazione prevista dal piano individuale fino al momento della trasformazione.

Secondo la norma in commento i lavoratori che al termine del periodo formativo vedono il proprio rapporto “consolidato” attraverso la prosecuzione dello stesso hanno diritto, da un punto di vista previdenziale, a tutte le prestazioni concernenti il settore e la categoria di appartenenza ed il datore di lavoro, nell’anno successivo al “consolidamento” del rapporto, continua a beneficiare del regime contributivo previsto per gli apprendisti.

Fine della lezione nota come apprendistato lezione 4.