Siamo migliori: UN PENSIERO AZIENDALE RIGENERANTE

Siamo migliori, vogliamo esserlo. Solo in amore e nei sentimenti si sente naturalmente il bisogno d’essere migliori, nel resto della vita questo indirizzo è stimolato. Questa rubrica su SIDERWEB è nata per sollecitare UN PENSIERO AZIENDALE RIGENERANTE ovvero l’attitudine a produrre pensiero e idee, che andranno poi re-investite nell’ impresa. Qualcuno, a volte, leggendo gli articoli ha espresso un non accordo, come invece apprezzamento, ma non è questo il punto e lo scopo della rubrica.

“L’angolo” è nato non per schierarsi con un qualcosa o qualcuno, al contrario per fungere da palestra per le idee, allenandosi su temi “insospettabili”(solitamente non discussi in questo modo) recuperando così le energie per battersi in un mondo globalizzato. La contestazione in questo ambito è confrontabile a una manifestazione di atleti in una palestra, per dichiarare il salto alla cavallina un esercizio non gradito perché faticoso!
Se questo concetto è chiaro andiamo alle fonti delle IDEE. Come si producono? Assodato che senza punti di vista non valiamo più di tanto, sia nella vita privata che professionale, il problema è come produrre questa attitudine nel vedere fino e oltre gli orizzonti.

Un sistema per maturare e crescere, lavorando anche meglio è studiare. So che con questa parola sto esprimendo una bestemmia di dimensioni colossali, per cui i miei studenti mi odiano a morte (scherzo) nonostante ciò, la palestra della mente è lo studio.

C’è anche un altro aspetto da considerare, che i miei giovani alunni non possono sapere. Siamo migliori implica studiare per allargare la mente e la capacità di capire, in questo modo si affascina e lega a sè il partner, molto di più di qualsiasi “arma segreta” o “pratica ginnica, vissuta nel privato della vita di coppia”. Il rischio di non avere idee è quello d’essere monotoni e annoiare, il che, nella vita reale e in amore è il peccato mortale! Ecco che quindi la meditazione, sotto impegno di studio, se trasformata in formazione continua, permette di lavorare meglio utilizzando la fantasia e la creatività e di rigenerare l’amore, mantenendo la nostra vita degna d’essere vissuta.

A conti fatti ora rispondete a voi stessi: quante pagine al giorno di un libro di concetti state leggendo? Fate affidamento quotidianamente al giornale economico per capire il mondo (quello sportivo e gli altri, definibili generalisti, non sanno dare cultura, ma a mala pena informazioni) Quante conversazioni profonde fate al giorno con altre persone “importanti” e con il partner, oltre le bollette da pagare e l’immondizia da buttare ogni sera? Ecco quali sono le strategie per PENSARE restando sull’immediato.

Per un piano su più vasta scala, entriamo nel campo delle letture.

Qui mi permetto di suggerire qualcosa. Attualmente sto leggendo 3 libri contemporaneamente che mi fanno sentire giovane e vivace, quindi produttivo d’idee. Il primo è una storia degli Stati Uniti, il secondo un bel libro di Mammarella (il miglior storico vivente, secondo me) quindi un romanzo di fantapolitica ambientato tra sommergibili nucleari (Dimercurio).

Quello che vorrei presentare per invitarvi a leggere e quindi produrre pensiero, è un libro che mi ha impressionato per la sua lucidità, sintesi e bellezza. Parlo di: “La politica estera dell’Italia” di G. Mammarella e P. Cacace, edito da Laterza per 22 euro al lordo dello sconto del 15% che normalmente a Milano si riesce a ottenere. Per i miei interessi, rivolti prevalentemente all’attualità, la lettura è iniziata da pagina 206 fino a 314 coprendo dal 1955 ai giorni nostri.

Cosa emerge dal testo? Impressiona veder scorrere anni e anni in sole 50 o più pagine, avendo vissuto quello stesso periodo attraverso i quotidiani e seguendo le notizie alla televisione. Ma oltre questo aspetto, emerge come l’Italia, dalla fine del secondo conflitto, abbia cercato invano un ruolo in politica estera, peccando su due aspetti fondamentali:

a) una cronica assenza d’idee e fantasia, che non ha fatto emergere i bisogni della Nazione sia in Europa che nel Mediterraneo;

b) il non essere riusciti a trovare nel sostegno e rilancio della nostra industria, una motivazione strategica all’agire diplomatico.
L’unico momento esaltante della nostra politica estera (secondo me) è stato in pieno “neo-atlantismo” (un termine che indica tutto il contrario del significato della sua parola) nel periodo 1955/1962 grazie al dinamismo di Enrico Mattei alla direzione dell’ENI.
Oltre a questi aspetti di fondo, ne emerge un altro esplosivo: l’inconsistenza dell’europeismo italiano. Cito un passaggio cruciale: l’Europa è sovente il pretesto per sfuggire ai nodi irrisolti della mancanza d’identità nazionale, o meglio è l’illusione di poter risolvere in un ambito più ampio, quello di una “identità europea” (peraltro tutta da costruire), il problema dell’identità nazionale non definita sin dai tempi del Risorgimento. Fiorisce, dunque, una retorica europeista che si alimenta di luoghi comuni, ma non si traduce in una adeguata conoscenza dei meccanismi comunitari nè delle opportunità da essi offerte. Nessuno osa opporsi alle scelte europeiste per non apparire “provinciale”,ma allo stesso tempo nessuno ha il coraggio d’indicare i sacrifici e i costi che tale scelta comporta e quindi di assumersene le responsabilità.

Buona lettura. Siamo migliori!