Dimensione amico nemico al posto di quella dove siamo tutti amici? No! Non ci sto nel considerare tutti una sola famiglia. 

Celebrando l’anno passato e l’inizio del nuovo, la stampa nazionale sostanzialmente sintetizza: economicamente il mondo è cresciuto del 5% quindi possiamo essere tutti contenti, perché la fame sta diminuendo e con questo celebriamo l’uomo dell’anno, quello che con una disinvoltura senza precedenti, usando soldi pubblici, ha sanato le beghe interne della sua azienda; la Fiat. No! Proprio non condivido.

Tralasciando l’insofferenza per l’attuale amministratore delegato della Fiat (non certamente per questioni sindacali, ma sul metodo e stile aziendale) quanto mi “indigna” e impegna a remare contro la soddisfazione del “tutto va bene”, è una questione di metodo. Ah il metodo! (tutti se lo scordano)

Non ci sto sullo sfamare gli altri se la mia famiglia non è sazia.

Non si tratta di egoismo, ma di senso pratico. Un esempio per spiegarsi.

Quando siamo in volo, le istruzioni per un caso di emergenza sono molto pratiche: prima l’adulto si applica la maschera d’ossigeno e solo dopo all’eventuale minore, che potrebbe accompagnare o eventuale persona a limitata capacità motoria. (badate bene, non avviene l’inverso)

Cosa vuol dire?

Significa che fra qualche anno mia figlia sarà laureata e disoccupata, quindi dovrò ritardare un eventuale distacco dalla famiglia, la sua indipendenza, il matrimonio, i figli etc

Significa che il 27,6% dei nostri figli non ha lavoro (a cui chiedo scusa come generazione dei 50enni e genitore a questi ragazzi) per non parlare del 35% dei giovani nel sud d’Italia che non lavora..

Il mio disaccordo al “tutto va bene” vuol dire anche che il calo di borsa dell’anno passato è appena del 10,15% e la disoccupazione dei padri di famiglia s’aggira sul 9%

Non è finita.

Non ci sto per un altro motivo. La povertà nel mondo (da cui la fame) è un problema interno dei singoli popoli. Finchè si tratta di sfamare delle persone che stanno morendo va bene all’elemosina, ma che noi dobbiamo togliere i problemi alla maggior parte della popolazione in crisi, abbassando i nostri standard di sicurezza sociale: questo proprio non è accettabile.

Si tratta di egoismo recuperando la dimensione amico nemico?

Può essere, ma certamente l’uscita dall’indigenza e povertà è un percorso individuale di un popolo, non ottenibile a colpi di elemosine. Non avevano detto negli ultimi 50 anni che siamo tutti uguali e che le razze non esistono, per cui non c’è chi è superiore o inferiore? Ebbene se fossero tutti sullo stesso piano, che lavorino per i loro mercati interni (vedi la Cina) senza pretendere di togliere posti di lavoro a noi e ai nostri figli. La conclusione? È semplice.
E’ sempre più diffuso il rifiuto nel comprare “made in China”, anche se il prezzo è più basso. Di fatto i consumatori stanno imparando ad applicare un embargo su tutti i prodotti che provengono da nazioni che non hanno maturato un livello di civiltà proprio, ma solo preso in prestito dal nostro, di cui ne paghiamo le spese. Cosa accadrebbe se si agisse su larga scala in questo modo? E’ quanto applicato all’Argentina dal 2001 sul piano finanziario. Quel paese non ha più ricevuto finanziamenti da alcuno e ora sta disperatamente cercando scampo, oltre “quattro spiccioli” da qualche stato più o meno dittatoriale (Cina, Brasile, Venezuela e qualche altro).
La prima globalizzazione è finita, quella dove risparmiare sulla mano d’opera era l’aspetto cruciale, anche a costo di produrre disoccupazione da noi. L’ironia della sorte era che dovevamo essere contenti, pagando di meno, quanto non abbiamo prodotto.
Oggi, finalmente, c’è la seconda globalizzazione, che non ha risposto con dazi doganali al primo colpo della crisi, (forse lo farà al secondo) ma con la re-importazione delle proprie fabbriche prima delocalizzate. Tutto questo per sanare la piaga della disoccupazione, da cui deriva contrazione della spesa sui mercati interni (che sono quelli su cui poggia l’intero sistema economico nazionale)

L’elemosina è quel lusso che paga colui che gode di un reddito stabile.

Sempre parlando di globalizzazione, ovvero delocalizzazione, quindi speculazione, se a fine gennaio sono stati preferiti 98mila nuovi immigrati a 2,1 milioni di disoccupati italiani, come la mettiamo con gli attesi 80mila sbarchi di tunisini di questo febbraio, che saranno alloggiati in Italia per 6 mesi prima del rimpatrio?
Conclusione. Finita la prima globalizzazione (quella di rapina per autolesionismo all’Occidente) sono stati messi in cantina diversi atteggiamenti come una indifferenziata solidarietà, che celava una incapacità al confronto tra culture. In un mondo dove eravamo 3 miliardi nel 1960 e oggi siamo 7 per giungere a 9 fra 39 anni, oltre al concreto rischio di pandemia o guerra, la selettività “amico-nemico” torna prepotentemente d’attualità. Su questo piano va ricordato che il Governo cinese ha deciso, in questo periodo, quali aziende non possono ricevere finanziamenti esteri, perché impegnate nel ramo militare e strategico.

Basta questa notizia per recuperare la dimensione amico nemico.