Quel “TU” informale che le persone si scambiano automaticamente che vuol dire? Addirittura arrivano telefonare dai call center che chiamano per nome anziché usando il cognome. Il culmine è quando mi si risponde nei termini di prof Carlini e chi si firma (che non conosco) è Genoveffa, Carlotta o Giacomo. Ma chi è questa gente?

Sei io sono il prof Carlini, chi mi scrive si qualifica come Signor Cognome e nome! Comunicazioni diverse da questo standard vanno cestinate, indipendentemente da quanto avrebbero da esprimere.

A volte mi capita lo studente che mi chiama “Giovanni” ma ha vita corta. I ragazzi non sono stupidi e capiscono al volo rientrando immediatamente nella formalità.

Che cosa vuol dire essere formali? Significa essere riconoscibili e in un certo senso “prevedibili”.

La riconoscibilità e una certa dose di prevedibilità, rende la persona SICURA. Ecco il senso di quanto qui si sta dicendo. 

Quel “TU” informale che la gente si da con grande (troppa) disinvoltura, copre tutto in un’apparente confidenzialità. La logica è procedere progressivamente nel rispetto della persona che si ha di fronte.

Il “LEI” è rispetto e progressione di relazione.

I tempi moderni pretendono un’immediatezza di contatto sociale molto simile al consumo.

Il “TU” è spreco/consumo della relazione sociale.

La cerimoniosità del contatto con gli altri, quasi il corteggiamento del buongiorno/Lei/mi dica, spiega il rispetto per i valori e le istituzioni. Tutti concetti che il “TU” travolge. In nome della pratica e dell’immediatezza che si consuma, si cerca di saltare 50mila anni di storia; ecco cos’è il “TU”. Da conquista della confidenza e accesso alla personalità privata, il “TU” è diventato merce scaricata sul banco del mercato.

Saltando il corteggiamento della relazione sociale, lasciamo avvicinare al nostro privato degli sconosciuti. Siamo certi che questa accelerazione del rapporto sociale ci renda migliori e più sicuri nel rapporto con gli altri?