Problema del terzo pagante, un concetto che pesa sulla sanità pubblica come aggravio di costi. La riflessione è semplice; il paziente riceve una prestazione dal Servizio Sanitario Nazionale, ne è contento e ne richiede una successiva, così via. In questa sorta di “catena di San Antonio” lo stesso paziente raggiunge un costo importante per il SSN. A dirla in questo modo appare una “barzelletta”, ma non lo è affatto e il suo peso economico sull’intero sistema è formidabile, intendendo questo termine come negativo.

Ora sorge la domanda fondamentale: chi dovrebbe vigilare affinché non si verifichi il problema del terzo pagante?

E’ palese che il controllo è in capo alla Regione che deve sensibilizzare a sua volta i medici nelle prescrizioni. Una stretta di questo tipo diventa “ostile” per una parte importante di cittadini ed in particolare in età avanzata. Non solo, rappresenta anche una stretta per 10 milioni d’immigrati che albergano nel nostro Paese tra immigrati con carta d’identità (divenuti “cittadini”) e a piede libero (questi ultimi 5.300.000 come indica ISTAT). Insomma intorno alla sanità c’è un’emorragia di denaro di grandi dimensioni.

Come se ne esce fuori da questa giungla di speco del denaro pubblico?

L’unica vera soluzione equa e condivisibile comporta una partecipazione alla spesa che sia almeno pari al 50% per tutti i cittadini indipendentemente dalle loro condizioni economiche. Se il cittadino ha pochi soldi si limiti nell’acquisto del cellulare e in altre spese, concentrando le uscite per reali necessità.

Con tale impostazione è molto gradita la riduzione dei fondi alla sanità da parte del Governo nella legge finanziaria (o di stabilità come oggi la si vuole chiamare).

Questo ragionamento, sul problema del terzo pagante, è troppo “cattivo” verso i cittadini? In realtà la stessa dinamica va replicata sulla Scuola (gli allievi costano allo Stato 6.900 euro all’anno e le famiglie ne spendono 150).

E’ necessario ridisegnare il rapporto Stato-cittadino tutelando la Nazione.