Personale e professionale sono ancora luoghi temporali diversi? Prima della globalizzazione (che si è sviluppata dal 2002 in poi) esisteva una netta distinzione tra le aree della vita individuale e lavorativa.

Oggi questo confine è talmente labile da non esserci praticamente più.

Vuol dire che fuori dall’ufficio, se il dipendente dovesse gestire 100 messaggi/email per volta, si tratta ovviamente d’abuso, ma il messaggio o la singola email non crea alcun fastidio.

Come sempre e quindi anche in questo caso, la linea di confine tra personale e professionale è la moderazione, ovvero quanti messaggi possono essere gestiti fuori dall’orario di servizio: 2-3 al massimo.

Da dove nesce la vicenda.

In fase formativa a miei frequentatori di corso, dipendenti di un’impresa, invio delle fotografie il venerdi sera, poche ore dopo il termine della lezione. Le immagini ritraggono un’area geografica eccezionalmente bella e stimolante, quindi non un luogo comune sotto gli occhi di tutti.

L’eccezionalità dell’immagine e anche la simpatia della condivisione, avrebbe dovuto produrre una risposta e, nei migliori dei casi (quelli più evoluti) una contro risposta con magari una foto di qualcosa particolarmente bello. Ad esempio un bel piatto di pasta con il sugo o qualcosa di similare posto sulla tavola.

Il risultato è stato invece zero.

Al lunedi, ripresa la stessa classe i dipendenti (uno solo su 6 ha saputo almeno ringraziare) rispondono: ma noi rispettiamo la distinzione tra tempo lavorativo e quello personale privato!

Tanto per cominciare qui ci sono aspetti di cortesia che sono stati traditi. Se chiunque mi dovesse scrivere e addirittura rendermi partecipe di qualcosa al limite dell’eccezionale, come minimo lo ringrazio. Questo è solo il primo punto, ma non è quello che è rilevante.

Va rotta quella mentalità sindacalizzata di frattura tra personale e privato che è diventata insignificante con l’era globalizzata, ovvero un periodo storico del “sempre connessi”.

Se abbiamo voluto una vita dove siamo sempre “on line” e anche dal lavoro mandiamo messaggi ai nostri affetti, la rigida chiusura alla gestione di qualcosa di simpatico, esprime rigidità.

Ci si può permette d’essere rigidi all’inizio di una stagione depressiva dove molte imprese chiuderanno (lo afferma il Sole 24 Ore) o comunque dovranno contrarre il numero di dipendenti per sopravvivere?

Il lavoro è una grazia di Dio, averlo è un miracolo, perderlo è facile, ritrovarlo quasi un’impresa.

In un mondo così selettivo e complesso-complicato, ogni rigidità è fuori luogo.

La stessa globalizzazione ha cancellato le rigidità.

Conclusione: all’interno di una corretta moderazione, la distinzione tra tempo personale e privato non è più rigida come nei decenni pre globalizzazione (anni Settanta, Ottanta e Novanta del Novecento).

(NB) Se il cliente/fornitore dovesse scrivere un breve messaggio frutto di cortesia e simpatia che fai non gli rispondi?