La nostra storia: argomenti che non legge nessuno

La nostra storia quella che sappiamo ma dimentichiamo appositamente. Quanto qui scritto dovrebbe servire a cercare un ordine in un periodo storico che ha fatto della confusione un metodo per vivere. Più che i concetti espressi, forse sono le conclusioni che potrebbero avere una certa utilità a patto che si segua il ragionamento.

All’inizio della nostra storia, in Occidente, tutto aveva un riferimento diretto a Dio. La somiglianza al Divino stabiliva i criteri di perfezione e condivisione. Il potere era enunciato e accettato, solo se espressione ed emanazione da Dio.

Questo sistema funzionò fino alla metà del Seicento, dove con le rivoluzioni borghesi (inglese, americana e francese) si giunse all’Ottocento avendo sostituito l’Io a Dio (scompare la D).

In questi 150 anni, con le Paci di Vestfalia, nasce lo Stato che diventerà presto Nazione al posto del Regno che esisteva per espresso volere di Dio nella gestione del suo gregge. Adesso lo Stato si plasma sulle persone, identificando un francese che è ben diverso da un inglese (i primi però e volutamente dimenticarono il puritanesimo) o da quello che sarà un tedesco.

Nascono così le nazionalità: essere belga è diverso dall’olandese. Addirittura, in 2 conflitti mondiali, i francesi e i tedeschi se ne daranno di santa ragione, distruggendo la ricchezza di un Continente e della sua cultura!

Il Novecento organizza le individualità sorte nell’Ottocento in comunità, quindi in società. (nasce la sociologia) Il Fascismo e il Nazismo emergono come bisogni storici, dando un ruolo alle individualità collocate in uno Stato in movimento costruendo l’Impero. Lo stesso processo è del Comunismo che ha voluto collettivizzare le individualità, quando il Fascismo e il Nazismo le avevano nazionalizzate. Ecco come le grandi dittature non sono nate per caso, ma semplicemente per espressione del momento: cosa fare delle masse; collettivizzarle o nazionalizzarle?

Indipendentemente dalla scelta, sappiamo che entrambe sono state degli esperimenti infelici. Addirittura, per affermare se stesse, in forme pure e inequivocabili, sia una formula che l’altra ha applicato lo sterminio (gulag e campi di concentramento) per potersi osservare e compiacere.

Il dopoguerra, di fronte alla distruzione di massa, ha implicato un nuovo pragmatismo che ha consentito alla Germania e all’Italia di ricostruire una società e un sistema economico come ai francesi e inglesi di sistemare i loro imperi coloniali formandosi come nazioni moderne.

L’evoluzione dell’Europa negli anni Cinquanta e Sessanta, sotto il segno “del fare”, fu una fase storica, politica e quindi anche economica spettacolare , che ha garantito altissimi livelli di civiltà e benessere all’Occidente.

Purtroppo, è legge di natura, quando si sta bene si starà anche male.

Dagli anni Settanta in poi, quell’individualismo che covava sotto le ceneri della storia occidentale da quattro secoli, è emerso come nichilismo. Una tendenza già anticipata in letteratura all’inizio del Novecento.

Il nichilismo con l’esibizionismo e la moda che lo assecondano, produce altissimi livelli di conflittualità individuale e di coppia. Il riferimento è al 42% di separazioni coniugali. A seguire nervosismo endemico (la gente urla, ma non ragiona). Quindi litigiosità diffusa (per molto poco ci si scanna). Tutto sanno che per un sorpasso finisce a coltellate. Infine il lessico di un guidatore nel traffico giornaliero come allo stadio tra tifoserie. Tutto ciò esprime la drammatica solitudine di quell’Io che ha dimenticato la D.

Sicuramente tutti questi passaggi non sono stati vissuti dal mondo arabo. Appena nel 1905 un tenente del servizio segreto di Sua Maestà, Lawrence, introdusse in luogo delle tribù, il concetto di nazione araba per scagliarla contro gli ottomani. La nazione araba si evolse in Nazionalismo con Nasser e Gheddafi (1956 e 1970) per poi abbracciare il fondamentalismo, dopo la guerra dei sei giorni (1967). Ancora oggi, con tutta la primavera araba, diventata ovviamente inverno, non esiste uno stato algerino, siriano o egiziano che plasmi una individualità da cittadino.

Tutto è ancora coperto dall’immanenza religiosa e dalla sacralità di quanto è stato scritto nel 640 d.C. Chi ha ragione?

L’Occidente infognato in una solitudine che si ripiega su se stessa nel nichilismo esibizionistico, incapace di studiare per produrre idee o il mondo arabo guidato dalla mano di Dio? Certamente in questo confronto c’è una terza posizione: gli Stati Uniti che hanno saputo secolarizzare Dio, in una Chiesa che non è struttura ma diffusa “a uso e consumo dei fedeli”. Noi abbiamo la Chiesa Cattolica che, nei suoi sbandamenti non sa prendere posizione sulla pedofilia, scendendo anche in politica, quando quella americana, diffusa in moltissime forme, pensa al benessere dei suoi fedeli.

Il terzo incomodo permette agli americani di lavorare mediamente 1.711 ore all’anno quando i tedeschi si attestano a 1.437 da cui un diverso peso del costo del lavoro e della produttività (i vantaggi del protestantesimo e del rapporto diretto con Dio) Sempre gli USA avevano delocalizzato e ora sono in pieno reshoring, ovvero rientro delle aziende dalla Cina e dal Brasile in territorio nazionale, per lenire la piaga della disoccupazione stabilendo un principio: chi produce per il mercato domestico non delocalizza, pena la punizione dei consumatori trasformati in disoccupati.

Perché questo lungo discorso e la dimenticanza sulla nostra storia?

La crisi di questi anni (dal 2006 ad oggi negli USA e del 2009 in Europa) è solo apparentemente economica, in realtà è di sistema. Lo stesso caso ILVA a Taranto lo dichiara. Nella totale confusione di ruoli, a fronte dell’esibizionismo della magistratura nel suo delirio di onnipotenza, lo stesso governo non è capace di stabilire gli ordini d’importanza.

La gravità di una vicenda di questo tipo è così clamorosa, che nessun politico è capace (o forte) d’affrontarlo con un punto di vista che risponda alla domanda: cosa saremo fra 6, 18 e 24 mesi, quale progetto sulla nostra società inclusi i rigassificatori, le fonti di energia, gli ospedali, la quantità di lavoro necessario, le scelte di politica industriale e formativa come quelle di difesa e convivenza? Su questo tutto tace.

Forse è troppo urgente e complicato allo stesso tempo! Ci sono soluzioni?

Qui il discorso si fa complicato e originale perché pochissimi si avventurano. Una terapia d’impatto alla decadenza del nostro modo di vivere e pensare, potrebbe essere partire da cosa manca: il lavoro ad esempio. Il lavoro si sviluppa nelle industrie, quindi vuol dire che un sistema manifatturiero è necessario alla nostra civiltà. C’è anche da dire che un’azienda che conosco, ha assunto un capo reparto che avevo scartato. Questo signore, 2 settimane dopo ha dato le dimissioni perché “l’ambiente che aveva immaginato non è quello dove si trova”.Anche un anno fa avevo favorito l’assunzione di un giovane apprendista che ora vuole scappare. La conclusione è che spesso i posti in fabbrica sono delle galere per non condannati. Quindi SI all’industria a patto che sia ecosostenibile e dignitosa.

Recuperata L’ETICA DEL LAVORO in un contesto adeguato, potrebbe rinascere il senso culturale d’appartenenza a uno stile di vita che ci identifichi tra gli estremi non conciliati, di un Dio e un Io, come hanno fatto gli americani lavorando 1711 ore all’anno. Sto ripassando a memoria gli imprenditori che questo non capiscono e gli studenti che non studiano. quali residui di una vecchia mentalità senza patria e paternità.

Se non torniamo ad essere nuovi dentro, nulla cambierà intorno a noi ricordando la nostra storia.