Milgram Bauman e altri studiosi hanno arricchito gli esperimenti svolti dal primo dei due ricercatori qui indicati, apportando nuove sagaci riflessioni. In particolare spicca per valore e coinvolgimento a livello personale di chi legge, quello di Zygmunt Bauman che recita così;

la novità più terribile rivelata dall’Olocausto e da ciò che si era appreso sui suoi esecutori non era costituita dalla probabilità che qualcosa di simile potesse essere fatto a noi, ma dall’idea che fossimo noi a poterlo fare (Bauman, 1989).

E’ una rivoluzione!

Il cattivo, sadico, carogna e bastardo, che fa del male ad altri, non è più l’altro come si potrebbe comunemente affermare, ma siamo NOI, è dentro il nostro modo d’essere e di vivere. Siano NOI i cattivi. Diventiamo “atroci e crudeli” a seconda della situazione che ci trasforma. Ecco che si conferma quanto già indicato in partenza a questi studi. L’aver isolato le ricerche di Scipio Sighele, Gustave Le Bon e Gabriel Tarde perché “pessimisti” sul futuro del genere umano e favoriti quelli “ottimisti” d’Emile Durkheim, ci ha privato di una base concettuale che avrebbe permesso d’anticipare i comportamenti da Olocausto.

Nel 1992 uno studioso americano, Cristopher Browning si concentrò a livello di ricerca, sul Battaglione 101. Unità dell’esercito tedesco, formata da personale di basso profilo militare ed operatività (anziani riservisti), fu attivo in particolare nel 1942, nella Polonia rurale per sterminare la popolazione ebraica da un villaggio (1.800 persone).

Intervistando i più soldati ancora vivi, emerse che l’eccidio fu possibile, nonostante il Capitano dell’Unità avesse lasciato liberi i soldati anche di non partecipare, per un senso d’unità e solidarietà interna al gruppo.

Il bisogno di conformità al gruppo condusse anche i renitenti, a sterminare senza alcuna remora, per se di mala voglia, donne e bambini traducendo i maschi nei campi di lavoro dove avrebbero lavorato fino a morte.

Milgram Bauman e altri prosegue la ricerca.