Le connessioni di Georg Simmel

recensione al saggio di Giovanni Carlini


Simmel è forse il più creativo e fantasioso tra i padri fondatori della Sociologia. Il suo “dono” è stato quello di riuscire a trovare punti di contatto tra argomenti apparentemente non connessi. Tra i più autorevoli studiosi italiani che si sono dedicati a Simmel, figura Paolo Jedlowski (contemporaneo e professore di sociologia) che così lo descrive: Walter Benjamin – a Simmel indubbiamente affine – vedeva nella capacità di scorgere il simile nel dissimile il segno della migliore inclinazione filosofica e forse un’arte. In effetti si tratta forse della capacità di Simmel che ha più sconcertato i suoi critici più rigidi, che per questo lo hanno tacciato a più riprese d’impressionismo. (…) Tale capacità corrisponde all’intuizione centrale di tutto il pensiero di Simmel: quella della universale interazione e compenetrazione di tutti i fenomeni.
Per iniziare a comprendere l’arte segreta di cucire argomenti diversi ma connessi e quindi poter capire di più, il testo consigliato è un saggio del 1903 dal titolo: LA METROPOLI E LA VITA DELLO SPIRITO.

I concetti espressi

a) il problema fondamentale dell’uomo occidentale, negli ultimi secoli, è stato quello di riuscire a mantenere la sua autonomia e personalità di fronte alla società e allo Stato. Si parla di pretesa dell’individuo di preservare l’indipendenza (..) di fronte alle forze preponderanti della società.

b) dai primi secoli della storia dell’umanità, solo nel 18° sec. si è riusciti a liberare l’uomo occidentale da tutti quei legami del suo passato clericale, comunale, medioevale oramai giunti a incastrare anziché proteggere e slanciare. Così si esprime Simmel: Il diciottesimo secolo aveva trovato l’individuo avvolto in relazioni politiche e agrarie, corporative e religiose, che lo violentavano e avevano perduto ogni significato: restrizioni che imponevano all’uomo, per così dire, una forma innaturale e delle ineguaglianze che ormai da tempo erano avvertite come ingiuste. In questa situazione si levò l’appello alla libertà e all’uguaglianza;

c) il 19° secolo apporta ancora altre novità. Così Simmel scrive: nel diciannovesimo secolo (..) sia per opera di Goethe e del romanticismo, che dalla divisione economica del lavoro, nasce l’ideale per cui gli individui, liberati dai legami storici, si debbano anche distinguere tra loro. Non più “l’uomo universale” in ogni singolo individuo, ma proprio l’unicità e la insostituibilità qualitativa del singolo, sono ora i depositari del suo valore. Detto in altri termini, l’uomo occidentale (si specifica che questa evoluzione è solo occidentale) scopre nel 19° secolo che non serve essere fuso nella società per contare (come auspicato dal contemporaneo Durkheim) ma recupera una sua individualità e originalità personale (biografica) da opporre alla società e alla Nazione, riscoprendo la via personale come risposta ai problemi di tutti. Ulrich Beck direbbe: una risposta biografica a problemi globali;

d) il luogo di scontro tra un uomo che si vuole affermare individualmente e una società che ha bisogno d’uniformità è la metropoli. Lo era nel 1903 ma lo è tutt’oggi in forme più acute;

e) Simmel solleva altri aspetti la cui comprensione è necessaria. Il grande divario tra la cultura oggettiva (quella tecnica) e soggettiva (conoscenza dell’uomo). Questo enorme dislivello è sempre più incrementato dalla divisione del lavoro. La conseguenza è per una atrofia della cultura individuale che ci rende tutti più “stupidi”. Questa stupidità è visibile da quell’atteggiamento tipicamente urbano che l’autore chiama blasé. Con questo termine Simmel indica: un’incapacità di reagire a nuovi stimoli con l’energia che competerebbe (..) al blasé appare tutto di un colore uniforme, grigio, opaco, incapace di suscitare preferenze (..) L’essenza dell’essere blasé consiste nell’attutimento della sensibilità rispetto alle differenze (..) non nel senso che non siano recepite;/i]

f) a questo proposito si parla d’intellettualismo metropolitano;

g) la riservatezza verso gli altri nel comportamento cittadino, così la diffusa ostilità e antipatia, sono forme di socializzazione che s’innestano su una contraddizione: il bisogno esibizionistico d’apparire come manifestazione d’esistenza. “Appaio quindi esisto” ne potrebbe essere la sintesi. In un contesto d’atrofia individuale, all’uomo urbanizzato resta solo l’apparire; (..)

[i]ciò che finisce per portare alle eccentricità più arbitrarie, alle stravaganze tipicamente metropolitane della ricercatezza, dei capricci, della preziosità, il cui senso non sta più nei contenuti di tali condotte, bensì nell’apparire diversi, nel distinguersi e nel farsi notare – il che in definitiva rimane per molti l’unico mezzo per salvare, attraverso l’attenzione degli altri, una qualche stima di sé e la coscienza di occupare un posto.[/b] Simmel s’affretta però, nella conclusione che giudicare non serve quanto comprendere, aprendo così la stagione di una sociologia astenuta dai giudizi. Simmel scrive: [i]il nostro compito nei loro confronti non è quello d’accusare o di perdonare: solo quello di comprendere. Non è ancora chiara, a nostri giorni, l’utilità di una sociologia che non prenda posizione;

h) tornando all’atrofia della cultura individuale, tipicamente urbana, l’autore sviluppa un interessante confronto con il denaro, già approfondito 3 anni prima nel libro: Filosofia del denaro. Simmel parla del denaro nella sua capacità di livellare tutto a un’unica misura. Jedlowski così spiega: un paio di scarpe e una tonnellata di carbone non hanno niente in comune; ma in quanto merci, possono corrispondere alla stessa quantità di denaro: in questo senso, diventano identiche. Il denaro, che nella città trionfa, entra nelle sensibilità umane esaltando l’intelletto ma mortificando il sentimento e la ragione. Per Simmel l’intelletto è freddo, calcolatore adattandosi alla convenienza, quando invece la ragione e il sentimento restano fieri testimoni della passione e delle credenze più profonde. Qui si scopre come la città corrompe l’uomo, rendendolo intellettualmente sviluppato quindi adattato a tutto, insensibile e fluido come il denaro, ma bisognoso d’esibizionismo per recuperare una significatività e personalità che ha già perso. Simmel scrive:l’uomo intellettuale è indifferente (..) che nessuno saprebbe dire se sia la disposizione intellettualistica dell’animo a spingere verso l’economia monetaria, oppure se sia quest’ultima a determinare la prima. Sicuro è solo che la forma della vita metropolitana è l’humus migliore per questa relazione d’influenza reciproca. 

i) nella città si vive una intensificazione della vita nervosa;

l) nella città c’è da risolvere un’equazione tra contenuti individuali e sovraindividuali;

m) la città funziona come acceleratore d’emozioni smuovendo le fondamenta sensorie;

n) nella sovrapposizione di più cerchie sociali vissute contemporaneamente, il cittadino passa indifferentemente dal centro alla periferia, quindi dal lavoro agli amici e infine alla famiglia. Sono livelli diversi con regole proprie che offrono alla stessa persona sensazioni mutevoli e non necessariamente convergenti, spingendo per una stratificazione di vite diverse nella stessa personalità. Chi siamo? Siamo tante persone in una. Le diverse cerchie limitano e potenziano la persona in una contraddizione sistematica.

o) Simmel ricorda che la felicità non è libertà; non è detto affatto che la libertà dell’uomo si debba manifestare come un sentimento di benessere nella sua vita affettiva;

p) Simmel scrive: come un uomo non si esaurisce nel confini del suo corpo o dello spazio che occupa con le sue attività, ma solo nella somma degli effetti che si dipanano a partire da lui nel tempo e nello spazio, allo stesso modo anche una città esiste solo nell’insieme degli effetti che vanno oltre la sua immediatezza.Qui Simmel ribadisce un concetto che anche Durkheim, aveva focalizzato: l’immortalità dell’individuo, che fa parte della società, aprendo così al martirio e alla sofferenza come prezzo per l’eternità. Quanto Durkheim afferma nella sacralità della società, si trova in piccolo la metropoli, capace d’espandere in progressione geometrica le potenzialità dei suoi concittadini. L’essenza più significativa della metropoli sta in questa grandezza funzionale che trascende le sue frontiere fisiche.