Pensarla spesso diversamente dagli altri è la maledizione della solitudine.

La maledizione; quanto mi dispiace pensarla diversamente dagli altri! Le persone potrebbero non crederci, ma per me rappresenta motivo di sofferenza e solitudine. Quanto sarebbe più facile pensarla come tutti.

La maledizione di non credere a tutto ciò che si dice. Giorni fa Unioncamere trionfalmente dichiara ”torna la voglia d’impresa”, Con questo titolo la stampa economica segue a ruota, celebrando il “successo” di piccole e giovani imprese appena nate, rispetto a quelle che hanno chiuso.

Andando più a fondo (e qui cominciano i guai) emerge che la nuova generazione d’imprenditori si attesta tra i 31 e i 40 anni di cui il 45% diplomati. Sul piano delle motivazioni, il 52% ha fiducia in se stesso e quindi diventa imprenditore, mentre il 34% esce da disoccupazione o da un non successo nella ricerca di un posto di lavoro. Per quanto riguarda il capitale apportato, questo è per il 55% di natura familiare o proprio.

Se questo è l’identikit mi “metto le mani nei capelli” essendo disperato non solo per quanto letto, ma per come si possa proseguire a inventarsi ottimismo se questo non è vero. In particolare:

a) insegnando sia nella scuola sia in contesti universitari, ho visto quanto poco selettivo e immaturo sia l’iter formativo dei nostri ragazzi fino alla maturità. Decisamente meno all’università. Questo vuol dire che i nostri diplomati, sono così poco formati per una precisa volontà di governo nel non allarmare le famiglie per un quieto vivere. Però i ragazzi non sono adeguati nelle conoscenze. Se questo è vero o condivisibile, non è difficile immaginare cosa accada nei colloqui di lavoro, dove gli standard sono sistematicamente traditi. In pratica e senza offendere alcuno, ma dicendo le cose come stanno, in genere ci troviamo con più generazioni di ragazzi (ragionieri, geometri, liceali) non adeguati o peggio immaturi. Per crescere avranno bisogno della vita, ma se questa categoria di persone diviene imprenditore in un mondo dove le conoscenze sono necessarie (indispensabili) che tipo di imprese avremo sul piano dell’innovazione e ricerca?

b) Già mi sento un cane per aver bistrattato i nostri ragazzi, ma prendendo atto che il 55% delle fonti d’investimento sono di fonte familiare (mamma e papà o risparmi) immagino subito che la voglia di fare impresa corrisponda a un negozio, un bar, un’edicola o meglio uno studio che dovrebbe trovare idee innovative (se fosse dotato della preparazione adeguata). Quindi stiamo parlando di micro imprese.

c) Infine le motivazioni. Non trovando lavoro ci si butta nel crearsene uno, senza finanziamenti adeguati e cultura.

Indubbiamente in stato di necessità da qualche parte si dovrà pur partire, questo è vero! Osservando però le pari esperienze tedesche, francesi ma anche americane, noto che i giovani, in assenza di lavoro, proseguono a studiare prestandosi a quelle attività minori, in grado di contribuire o sostenerli nella spesa. Sostanzialmente, preso atto che non c’è lavoro, le persone alzano gli standard di formazione, contribuendo a produrre idee e possibilmente venderle.

Aprire un bar o un’edicola (con tutto rispetto per i giornalai) non richiede, per ora, la stesura di un piano di marketing da qui il finanziamento ridotto, ma quando sono le idee a contare, allora si aprono non retrobottega familiari, bensì imprese, attività agroalimentari di produzione, aziende in grado di apportare novità sul mercato. Ad esempio, su 72.530 imprese aperte nel 2010 quante offrono idee per ridurre il quantitativo di ferro nella produzione dell’acciaio o del rame, quindi alluminio nel ciclo di lavorazione?

Un esempio. L’edicola del mio quartiere a Milano era gestita da un uomo in gamba che, sorridendo ai clienti, ha saputo costruire un ottimo rapporto. Ha “dovuto” vendere a una coppia non italiana, perché gli è stata fatta un’offerta a cui non si poteva dire di no. Oggi l’edicola è gestita da 2 completi incompetenti, per cui mi sono spostato su altro giornalaio. Sarebbe questa la nuova imprenditoria?

La maledizione di non pensarla come tutti.