Louis Dumont chiama il capitolo 2 del suo libro SAGGI SULL’INDIVIDUALISMO, “Genesi 2”.

Leggere Louis Dumont è sia un piacere sia una tortura! Lo è nella misura un cui affronta temi particolarmente complessi utilizzando troppe parole. Del resto Dumont è un antropologo prestato alla sociologia passando per la filosofia. Veniamo al dunque: riassumere il secondo capitolo del libro SAGGI SULL’INDIVIDUALISMO fa soffrire e tremare. Riflettere su questo studio non risponde solo a una questione intellettuale; Dumont serve per vivere. Attraverso questo ricercatore e studioso francese possiamo vivere meglio, capendo di più. Vediamo il perchè.

Leggendo il libro, non va mai dimenticato il filo conduttore: “…una volta di più, la religione cristiana aveva contribuito all’affermazione dell’Individuo“. La citazione è di pagina 127. Louis Dumont non è “un figlio della Chiesa o un prete”, ma uno studioso che colloca nei valori la fonte della personalità. Questa ricerca è da considerarsi parallela tra la cultura Occidentale e quella indiana dall’India, di cui Dumont è un profondo esperto.

Finalmente, in questo capitolo, l’autore focalizza una GRANDE DIFFERENZA TRA ANTICO E MODERNO; il concetto di universitas e societas.

UNIVERSITAS E SOCIETAS 

Semplificando per comprendere meglio: è riconducibile all’epoca antica il concetto comunità (universitas) mentre si riferisce alla società moderna quello che potremmo riassumere in societas.

Nella universitas l’individuo è parte della comunità e i suoi valori sono quelli di tutti. Al contrario nella societas emerge la individuale e personalissima capacità d’affermazione. Significa che nella societas abbiamo la persona, quando nella universitas c’è il clan, gruppo, tribù, Stato. Relativamente al periodo classico l’idea pratica di universitas è nella polis greca.

Chi è meglio o peggio?

La domanda è mal posta anche perchè attualmente, un esempio vivente di universitas è la famiglia, con genitori e figli. In ambito aziendale si vorrebbe un’identificazione tra l’impiegato e l’azienda (universitas) senza riuscirsi nonostante l’intervento delle risorse umane. Ecco che con questi esempi l‘universitas non è che sia poi così antica! Certamente applicata su scala di comunità e nazionale, riesce a rendere l’idea di classico e antico. 

Chiarite queste 2 concezioni, emerge uno studioso francese del XIV secolo: Francesco d’Occam. In contrasto con Tommaso d’Aquino, d’Occam afferma che LA PERSONA NON E’ QUELLO CHE DOVREBBE ESSERE, MA CIO’ CHE EFFETTIVAMENTE RAPPRESENTA. Per Tommaso d’Aquino al contrario, (seguendo la concezione dell’univesitas) “il figlio di Giovanni incarna Giovanni” nel fare un esempio. Ne consegue che l’appartenente alla comunità “x” ne rappresenta anche i valori. In effetti è vero anche oggi ma non sempre, infatti è valido il pensiero di d’Occam se integrato da quello di d’Aquino. Il filosofo del diritto francese, confermando che l’individuo è “indipendente” dalla sua storia-famiglia-comunità, entra nel pensiero moderno, appunto nella societas su cui tutto il diritto si plasma.

Francamente noi oggi, contemporanei, ci troviamo ancora a metà strada tra Tommaso d’Aquino e Francesco d’Occam. Certamente però il concetto d’INDIVIDUALITÀ’ prende con d’Occam, un rilievo che ritroviamo nell’attuale sistema di diritto. 

Relativamente a chi fosse l’Autorità nel periodo tra il X e il XV° secolo, non ci sono dubbi: la Chiesa. La rivoluzione che avrebbe messo lo Stato al posto della Chiesa come istituzione sovrana e società globale nell’Europa occidentale avvenne attraverso un processo lungo e complicato. (cit. pag. 96) Nella Chiesa chi poteva comandare era il Papa, ma quando ci furono 3 Papi contemporaneamente in lotta tra loro, il Concilio di Costanza del 1414 stabilì l’autorità del Concilio sopra quella papale. Di fronte alla lotta di potere nella Chiesa, emerse la protesta di Lutero che si appellò alla LIBERTA’ DI COSCIENZA che troverà nella politica il suo riconoscimento. Il tutto è sintetizzabile nel concetto: cujus regio ejus religio. Il vero transito dalla religione alla politica del principio di libertà di coscienza, avviene con la rivoluzione inglese tra il 1640 e il 1660. Louis Dumont scrive: la libertà di coscienza costituisce il primo esempio di libertà politica (cita. con varianti di pagina 99)

A questo punto la vera domanda da porsi è: come tenere insieme le persone, quando nasce un clan?

La risposta è nel CONTRATTO che può essere un contratto sociale (sottolineando l’uguaglianza) oppure in contratto politico (sottolineando la soggezione). Attenzione che il passaggio è strategico, perchè qui si ritrova la differenza tra universitas e societas. La soggezione è per lo Stato e la società, quando l’uguaglianza è nella corporazione e la comunità. 

Studiare il contratto come “accordo sociale”, significa riferirsi a 3 grandi scuole di pensiero filosofiche tra il XVII e il XVIII° secolo: Hobbes, Locke e Rousseau.

HOBBES

Hobbes parla di subordinazione, Locke crede in un “trust” ovvero nella fiducia per delega (alla classe politica) e infine Rousseau trova nella volontà generale il motivo dell’accordo tra persone.

Va sottolineato come il vero padre della sociologia sia Rousseau (anzichè i classici Durkheim, Weber e Simmel come tradizionalmente viene insegnato) che vede nella volontà generale quello che Emile Durkheim tradurrà in coscienza collettiva, ovvero una forza pre-esistene rispetto la persona. Colui che nasce si trova automaticamente in mondo che ha le sue regole senza che il neonato abbia interagito e contribuito in nulla. Ecco che la volontà generale o coscienza collettiva è data per esistente prima dell’individualità. Nel caso concreto qui non stiamo discutendo se è nato prima l’uomo o la gallina, ma di qualcosa di molto pratico! Ad esempio, l’uomo (o la donna si direbbe dal 1918 ad oggi perchè prima di quella data il suo ruolo sociale è stato inconsistente come del resto è ancor oggi nei paesi non occidentali) ha la capacità e l’autorità per poter vivere da solo, oppure se non è parte di una comunità non vale nulla? L’essere umano vale perchè membro di una comunità? L’Inghilterra ha senso come paese per la sua cultura o solo perchè parte della Ue? (il riferimento è alla Brexit). Attualizzando il pensiero di Hobbes, ne emerge la sua costante importanza. Per Hobbes la Gran Bretagna dovrebbe votare nel referendum di giugno 2016 per restare nella Ue e così sarebbe per Locke e Rousseau. Peccato che l’insieme di questi intellettuali uccida l’individualità, che grazie a loro entrerà infatti in crisi soffrendo attraverso il Romanticismo, il Positivismo e infine le 2 guerre mondiali del Novecento.

Il Leviatano di Hobbes (il Leviatano è un mostro multiforme inventato da Hobbes rappresentando il Principe e il concetto di Stato)

Per comprendere l’importanza di Hobbes serve capire come la storia sia da considerarsi prima di Hobbes e dopo di Hobbes. La differenza consiste nell’assolutezza e intensità senza precedenti (aprendo alle rivoluzioni americana e francese) dei concetti fino ad ora filosoficamente affrontati. L’uomo e la sua libertà, il diritto naturale e lo stato di natura, l’uomo sociale o individualista e solitario assumono con Hobbes una “tensione da stadio modello Hooligans”. Hobbes non riconosce all’essere umano una capacità e un senso sociale. L’uomo, (allora la donna non era considerata) per Hobbes ha bisogno, se accetta “il patto con la società”, di una guida e questa è rappresentata solo dallo Stato e il suo principe. Il contratto tra persona e Stato è retto da uno spirito di SOGGEZIONE e paura collaborativa. 

A questo punto un’altra grande divaricazione: la politica è tutto oppure una parte della vita sociale? Nel caso la politica fosse solo una parte della vita sociale, Hobbes non ha ragione.

ROUSSEAU

Anche Rousseau come più tardi Hegel, convengono sulla necessità DI UN PATTO per tenere insieme le persone, definendo così una continuità di pensiero. Rousseau però rileva come il progresso, pur crescendo in senso lato e per l’intero popolo, in realtà non si conferma a livello individuale. Si conclama in questo modo una divaricazione tra comunità e persona singola nei tempi di consolidamento e quantificazione della qualità di vita. Ecco che per far fronte a un effettivo “ritardo” di crescita individuale, la collettività ha un senso firmando un patto d’adesione.

Tale patto conferma il concetto di volontà collettiva che non deriva dal singolo, ma ha una sua autonoma vita (come il mostro di Hobbes: il Leviatano). Attenzione a questo passaggio: pare che al concetto di volontà generale, segua a ruota un’inversione di tendenza storica, per cui dalla ormai semi conquistata societas si ritorni alla universitas, dove l’Autorità è lo Stato. Un governo, quest’ultimo, che o voluto direttamente da Dio o d’emanazione nobile, coordina le personalità individuali, incapaci di crescere seguendo la “velocità” del progresso generale e collettiva. 

Rousseau è il 1° vero sociologo della storia perchè connette lo Stato ai valori in uso nella società di quell’epoca, nel concetto più ampio di una sostituzione  di forze tra quelle limitate del singolo con le illimitate della volontà generale.

Rousseau è stato definito (da Sir Ernest Barker) un Giano bifronte, guardando allo stesso tempo sia al diritto naturale moderno che alla scuola storica tedesca e all’idealizzazione romantica dello Stato Nazionale.

Con queste riflessioni si apre la penultima parte del capitolo: il confronto tra Rivoluzione americana e quella francese con delle novità clamorose. La Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1789 posta a fondamento del concetto di Carta Costituzionale, all’art. 2 è in contraddizione con il pensiero di Rousseau. Dove la Carta si rivolge alla tutela dei diritti naturali dell’uomo, Rousseau invece pensa all’alienazione totale di ogni diritto individuale a favore della comunità. In pratica il giorno e la notte.

DIFFERENZA TRA RIVOLUZIONI 

La Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1789 prende spunto NON dalla Rivoluzione americana, ma dalla Costituzione redatta da Locke nel 1669 nella Carolina del Nord, dove si parla esplicitamente di LIBERTA’ DI COSCIENZA. Concetto approfondito da altri intellettuali dell’epoca tra cui il francese Condorcet che, ricollegandosi alla divaricazione di Rousseau tra progresso individuale e collettivo, rileva come le disuguaglianze tra popoli si stiano contraendo, ma quelle all’interno dello stesso popolo allargando. In pratica un controsenso che perdura a tutt’oggi.

Lo stesso Condorcet spiega la grande differenza tra la rivoluzione francese e quella americana. I francesi in realtà hanno pensato più a un fenomeno religioso che a una rivoluzione vera e propria. Il senso religioso (politico e sociale) della rivoluzione francese, si concretizza nella ricerca dell’uguaglianza come diritto fondamentale, quando in quella americana si conservano le differenze  tra gli uomini in base al reddito e alla proprietà. Gli americani hanno cercato un equilibrio, quando i francesi hanno voluto la “tabula rasa”. Certamente essendo quella francese più un fatto religioso, ecco che possiamo pensare come la religione cristiana abbia contribuito nuovamente all’affermazione dell’Individuo una volta in più. 

Certamente queste riflessioni permettono di comprendere l’eccesso di senso laico francese oggetto di riflessione anche dal recente pontificato in Vaticano, nel 2016. Una Francia eccessivamente laica rappresenta una forma di religione. Non solo, ma ancora una Francia che non ha saputo creare un modello d’integrazione culturale valido tra le troppe etnie presenti sul suo territorio, spiega l’ondata di terrorismo che sta subendo nell’ultimo biennio 2015-2016. Queste poche e iniziali riflessioni confermano l’attualità del presente studio apparentemente teorico e intellettuale.

LA RINASCITA DELL’UNIVERSITAS

La sociologia nasce con il socialismo ed entrambe si applicano sul dramma di quel momento: la povertà indotta dall’urbanizzazione da industrializzazione. E’ il tema specifico di quell’epoca che induce in un drastico CAMBIO D’UMORE NEGLI ECONOMISTI. Dall’ottimismo di Adam Smith si passa al pessimismo di Malthus e di Ricardo in Inghilterra, quindi di Sismondi e Marx sul continente. Inoltre l’era delle grandi rivoluzioni (Inglese, americana, francese, borghese e industriale) ebbe come primo effetto quello di svuotare gli anni iniziali dell’Ottocento di fronte a un’epoca vissuta di grandi passioni. Questo vuoto concettuale, pressante fastidioso almeno fino al 1830 portò al Romanticismo come reazione ed eredità diretta della Rivoluzione Francese. Il Romanticismo prima e il positivismo dopo, espressero “tristezza”! Tocqueville, anch’esso deluso dalla Rivoluzione francese andò a cercare spunti e idee nel Nuovo Mondo, rilevando come uno Stato può essere democratico e partecipato se considera la legge NON IN OPPOSIZIONE ALL’UOMO (Hobbes e Rousseau) ma a suo favore. Un concetto profondo non ancora recepito dallo stesso ordinamento giuridico italiano.

A questo tentativo di quadratura concettuale s’impegna anche Hegel, scrivendo la Filosofia del diritto dove cerca di recuperare i valori della Rivoluzione francese, già condannati e seppelliti dal giudizio storico. Non ci riuscirà. Non avrà successo perchè il pensiero di Hegel si dividerà tra sinistra e destra. Per Hegel lo Stato diventa assoluto in una religione dello Stato o una religione per lo Stato. La porta alle grandi dittature è aperta.

Conclusione

Capisco e condivido che tutte queste idee non interessino che una minuta parte di pensatori. Certamente qui è contenuta la parte viva del nostro accordo sociale ancora in vigore con tutte le sue contraddizioni. Ad esempio, fino a che punto la famiglia è giusto che sia universitas? si tratta di un aspetto che riguarda più i genitori che i figli. Non solo, ma, in epoca di terrorismo, fino a che punto accettiamo i controlli che limitano le nostre libertà? sono stati sollevati dei dubbi sulla Francia laica e multietnica priva di un modello di convivenza civile ma l’aspetto colpisce direttamente l’Italia che ospita 1 milione e 200mila immigrati clandestini all’anno (vedi dati 2015). Ecco che quanto qui appena studiato non è destinato a rimanere solo teoria e profumo d’intelletto ma realtà quotidiana.