Il dispiacere che emerge dall’accordo trovato oggi tra l’Unione Europea e l’italia è grande. Ovviamente questa è una tesi apertamente controcorrente, ma non è questo il punto. Non serve la monotonia dell’accordo a tutti i costi con gli altri per affermare il libero pensiero.

L’architettura in base alla quale sono stati concessi 750 miliardi di cui 390 a fondo perduto è sbagliata. Da qui il crollo dell’intero impianto.

Chi concede i fondi (sia in prestito come perduti) pensa a una crisi ben localizzata nel tempo a cui far fronte. E’ come se ci fosse stata una tragedia naturale che ha spezzato a metà la Nazione, quindi è necessario aiutarla per tornare a produrre; una sorta di guerra. In realtà la “tragedia” (pandemia da polmonite cinese) non riguarda un fatto che si apre e chiude. La pandemia è arrivata, ha ucciso 35mila persone e torna. Precisamente torna in autunno: solo fra qualche mese.

Quanto è accaduto in italia, alla luce di ciò che si osserva in Spagna, come nel resto del mondo, è stato un impatto moderato-modesto.

Nel mondo sono deceduti ad oggi 608.000 persone a fronte di 14.600.000 infettati con un tasso di mortalità del 4,16%.

Nel caso dovessimo valutare un ritorno dell’infezione polmonare, tale da coinvolgere tutta l’Europa, il quadro cambia. Coloro che hanno regalato denaro non potranno sostenere le loro necessità più il regalo sottoscritto oggi. Chi ha ricevuto il regalo non sarà in grado di restituire la parte a debito. Da questo cortocircuito, prevedibile in autunno-inverno 2020/2021, l’intero struttura dell’accordo Ue-italia crolla.

Concludendo, è stato sottoscritto un accordo basandosi su regole vecchie. I ricchi che sostengono i poveri che hanno subito un “accidente”. Considerato che la pandemia ritorna, presto i ricchi vorranno giustamente usare le loro risorse riprendendosi quanto regalato, e i poveri collassano.

Ovviamente questa visione fosca è valida se il virus cinese dovesse tornare in azione come pare stia facendo.

Una cosa è certa: MAI SOTTOSCRIVERE UN PATTO CON REGOLE VECCHIE NON PIU’ ATTUALI.

Questa è la lezione che emerge dalla vicenda Ue-Italia di luglio 2020; un dispiacere.