Guerra di movimento è quella a cui Israele ci ha abituato, conflitti che si risolvono in qualche settimana. Scontri caratterizzati da ampi movimenti avvolgenti con mezzi corazzati. Uso di truppe elitrasportate oltre le linee nemiche. Caccia che volando molto bassi colpiscono i centri nevralgici avversari bloccando l’alimentazione logistica del conflitto. Intense attività di spionaggio e piena visibilità del fronte come della parte adiacente di prossimità da parte dei contendenti e israeliana in particolare.

Queste sono le caratteristiche dello scontro armato a cui Israele ci ha abituato.

Da parte americana, non da meno, ci sono sia Grandi Unità dispiegate sul terreno come piccoli gruppi di sabotatori in attività per azioni puntuali, su scala ridotta ma ad alto contenuto strategico. Il riferimento è alle forze speciali che vediamo spesso nei film.

Abituati a questo tipo di scenario, dal febbraio 2022 assistiamo invece a uno scontro bellico dalle caratteristiche della Prima guerra mondiale.

I russi entrano profondamente nel territorio nemico, poi sono disperatamente fermati. A seguire un lento e alterno defluire russo verso le basi di partenza. Quindi lo stallo e la ripresa dell’iniziativa degli Ucraini, ma su scala ridotta alla conquista di qualche villaggio. Non riusciamo a vedere delle ampie manovre avvolgenti che scardino il sistema difensivo russo (o sovietico si voglia).

Che sta accadendo?

La guerra di movimento è possibile quando la Forza Armata è di professionisti o persone civili altamente addestrate e preparate (tipo Israele e Svizzera quindi gli eserciti Occidentali). Non solo, il confronto militare è sostenuto da tutte le componenti del combattimento tra aerei, elicotteri, forze corazzate, artiglieria, fanteria leggera e strutturata.

Gli ucraini, al contrario, sono dei civili determinati che si stanno opponendo all’invasore. Non sono strutturati cercando di svolgere un lavoro nel migliore dei modi.

In queste condizioni non è possibile aggirare il fronte nemico.

Non resta che la trincea da cui spararsi a vicenda per mesi e mesi, attendendo più una risoluzione politica del conflitto che militare.