Economia al seguito e trainata delle necessità della politica e della cultura/razza d’appartenenza. Questa è una verità da considerare sempre! L’errore è credere il contrario.

Lo spunto emerge da un’affermazione dello scrittore Paolo Guzzanti al telegiornale delle 19.30 sul canale 4 di Mediaset di qualche giorno fa, commentando la crisi ucraina. Unitamente al direttore di quotidiano Pietro Sansonetti, analizzando la vicenda tuttora in pieno sviluppo e indirizzata verso lo scontro militare, Guzzanti afferma: il nazionalismo può piegare addirittura l’economia.

Caspita, Signor Guzzanti e l’ha capito solo ora?

Vediamo di porre ordine in un argomento apparentemente confuso.

L’ECONOMIA SEGUE SEMPRE E SOLTANTO GLI EQUILIBRI POLITICI E RAZZIALI/CULTURALI.

Non si facevano affari con i sovietici perchè comunisti. E’ anche vero che Enrico Mattei ha venduto cuscinetti a sfera ai cinesi, che a sua volta sono stati ritrovati nei carri armati nord coreani nella guerra di Corea degli anni Cinquanta. Che fine ha fatto Mattei? (esploso in un volo su Pavia nel 1962 rientrando dalla Sicilia).

La Cina comunista è nel settore economico capitalista perchè nel 1974 ha seguito un disegno preciso americano. Gli Usa, per uscire dal conflitto vietnamita, hanno industrializzato la Cina, ma solo per produrre per il mercato americano. La Cina ha accettato di diventare una colonia industriale americana. Che il paese comunista ora sia presente sui mercati mondiali è appena dal novembre 2001 per espressa concessione americana. A quell’epoca gli Usa chiesero e ottennero basi in territorio cinese per attaccare l’Afghanistan. Ne consegue che la Cina è “scivolata” nel campo economico occidentale e capitalista solo per caso senza farne testo per il futuro.

A questo punto l’economia guida la politica e gli orientamenti culturali/razziali? NO! E’ tutto il contrario.

Si compra dagli alleati o all’interno del contesto razziale/culturale d’appartenenza.

C’è da considerare che in epoca globalizzata si producono componenti di prodotto in Turchia (che è un paese islamico) per rivendere il tutto assemblato in Francia (caso Renault). A questo punto l’auto è francese o turca? L’osservazione è pertinente, ma la globalizzazione è fallita.

Il fallimento della globalizzazione deriva dal suo aver voluto ignorare le differenze razziali e culturali.

Chi compra un “made in China” oggi, dopo la pandemia da polmonite cinese? solo uno sprovveduto.

Economia al traino della cultura/razza e politica.

Qualcuno potrebbe affermare: allora Marco Polo? E’ vero, ma quelli sono stati contatti tra razze-culture diverse, che non hanno implicato disoccupazione e povertà in Occidente come oggi il “made in China”. Siamo su piani diversi. La globalizzazione ha fallito per il mancato rispetto e considerazione di questi aspetti.

Infatti oggi ci si chiede: perchè siamo dipendenti dalla Russia al 40% per il gas? un paese comunista, nazionalista e pericoloso?