Dossier Libia. Un paese disintegrato dalla stupidità francese e dagli italiani che non si sono opposti. Dal nostro corrispondente estero – Giovanni Carlini 

Dossier Libia. Per poter “capire la Libia di oggi” serve focalizzare a monte alcuni aspetti della crisi dell’Occidente. La cosiddetta “crisi in Occidente” esprime un passaggio da un modo di consumare i prodotti a un altro. Il tutto si esplica nella contrazione dei fatturati per chi non si è inserito nelle nuove tendenze.

Dossier Libia. Era una Libia, oggi ci sono 4 “Libie”.

Il paese è così descrivibile. La popolazione è in aumento, al ritmo del 1,9% annuo. Attualmente conta 6,1 milioni di persone su una superficie di 1,7 milioni di kmq. Le condizioni socio-sanitarie sono migliorate. C’è con una speranza di vita di 77 anni e una mortalità infantile del 19%. Un analfabetismo al 17,4%.

La Libia si collocava, prima delle smembramento post Gheddafi, tra i paesi a sviluppo umanitario intermedio. Aveva un reddito relativamente elevato, per gli standard africani. Ciò pose la Libia davanti agli altri paesi nordafricani. La densità media rimane molto bassa (tre abitanti per kmq). La popolazione si addensa lungo la costa.

Qui si contano oltre 200 abitanti per kmq, nella piana di Gefara e in alcune oasi.

Il 30% della popolazione risiede nella capitale Tripoli con 1.780.000 abitanti. Altri centri sono Bengasi, capoluogo della Cirenaica e seconda città del paese. Misurata, Derna, Marsa, Brega, El Beida, tutti sulla fascia costiera. Ormai l’86% della popolazione abita in città. Oggi la popolazione libica parla l’arabo, il berbero, l’italiano e l’inglese. Come moneta il dinaro libico. 

Da questo tipo di descrizione si ottiene un quadro sociale in forte accelerazione, bisognoso di ogni tipo di soluzione. Questo vale in tutte le “4 Libie”. Confermato così effervescente il contesto di fondo, sorgono i problemi. Ogni volta si viene a contatto con situazioni di questo tipo servono alcuni accorgimenti.

Anche in ambito commerciale, i problemi non siano riconducibili al solo prodotto. Al contrario si concentrano sul modo di gestire la relazione commerciale. Sono richiesti accorgimenti specifici e stili di direzione “arabi e bizantini”. 

Il modo di fare affari

La Libia non ha regole comuni all’Occidente. E’ la stessa cosa in tutto il mondo arabo e dei paesi emergenti. Nel bene come nel male, gli standard di qualità e i difetti dell’Occidente sono imitati, ma non centrati.  Questo perché comunque rappresentano un modello di riferimento. Acquisito il dato di partenza, qui il diario di viaggio di un imprenditore italiano “a caccia” in Libia.

Il diario di viaggio di un imprenditore europeo in Libia

Un’impresa a corto di lavoro e ancor peggio di liquidità, con l’export non può sostituire le commesse nazionali. Comunque tenta il tutto per tutto. Dopo ben 10 mesi di trattative “svolte a distanza” si parte.

La trattativa by email si è svolta grazie a un intermediario d’affari libico, residente in Italia. Armato di coraggio, il titolare dell’impresa si fa accompagnare da 2 collaboratori. Un italiano nato in Libia nel ruolo d’interprete e un signore settantenne esperto di trattative con l’estero.

I tre partono per una settimana di visite da sviluppare nello “scatolone di sabbia”. Così fu definita 70anni fa la Libia. 

La partenza avviene con la compagnia di bandiera libica. Questo perché quelle occidentali non sono convenienti. Per entrare nel paese sono necessari i visti dall’ambasciata libica.

Su questo aspetto l’intermediario libico è utile. Lo è nella misura in cui permette alla squadra d’essere “chiamata” dal paese arabo, anziché recarsi d’iniziativa.

Partiti, “i ragazzi” avviano una serie d’incontri: 
– non prima delle 11 del mattino; 

– i più incontri della stessa trattativa, svolta su diversi giorni, ogni mattino rincominciano da capo. Praticamente viene azzerato quanto concordato il giorno prima. Per limitare-contenere questo modo di fare, l’imprenditore, trascrive i diversi passaggi concordati.

Si tratta di un accorgimento che innervosisce non poco i corrispondenti libici. Il nervoso dei libici è dovuto al sentirsi limitati nelle loro esercitazioni verbali dagli appunti dell’imprenditore italiano;

– l’intermediario libico, residente in Europa, si è solo limitato all’incontro tra le parti; 

– giunti verso il termine della settimana (inteso come mercoledì sera, perché il venerdi corrisponde alla nostra domenica) colpo di scena! Non è possibile svolgere affari in Libia se non tramite un proprio ufficio. Serve un ufficio in Libia per trattare con i locali. Il costo d’apertura di una rappresentanza è di 20mila euro. In luogo dell’agenzia è sufficiente una joint venture. Male che vada un intermediario libico; 

– interpellato l’addetto commerciale italiano, la delegazione è inviata a intermediario locale. Il personaggio si offre senza richiesta di alcun compenso a patto che gli si affidi l’esclusiva; 

– grazie agli accorgimenti, realizzati “in corso d’opera”, in successione rapida, si arriva alla firma. Contratti per 2,5 milioni di euro. Non è molto, ma il ricarico è confermato al 40%. Le modalità di pagamento sono 30% all’ordine e il 70% alla partenza del container. Non è male. 

Una commessa di questo tipo salva l’impresa, ma non finisce qui. Nel contesto delle più discussioni aperte in Libia, 1 mese dopo il rientro c’è una novità. Altri operatori interessati dall’imprenditore consentono di firmare un altro contatto da 3 milioni di euro.


Cosa emerge dal racconto. Il senso del Dossier Libia qui pubblicato
Il racconto descritto è vero in ogni passaggio. In termini di tempo coinvolge 10 mesi di contatti. Lo “spirito d’avventura” è stata una scelta obbligata dell’impresa. In Libia l’imprenditore si è presentato fisicamente “da solo”, in realtà  ha “fatto sistema” con altre aziende più piccole. Infatti nel complesso sono stati firmati contratti per 5,5 milioni.

Le chiavi d’accesso al Paese
Serve:
1) un contatto preliminare con un “intermediario d’affari” libico;
2) potersi avvalere d’esperti nelle trattative internazionali;
3) specificatamente per la Libia un ufficio di rappresentanza;
4) sempre una visita all’addetto commerciale.

Le interviste nel Dossier Libia

La testimonianza è del Signor Alberta Domenico, da Biella. Alberta è esperto in trattative internazionali con i paesi del Magreb. Collabora con Italexport srl: italexport@email.it Il Signor Alberta è un uomo maturo di oltre 75 anni con molti viaggi e fiere al suo attivo specie in Nord Africa e nei mercati dell’est europeo. Attualmente cura i contatti con il mercato cinese che risulta particolarmente complesso quanto pericoloso.

Domanda: Signor Alberta, cosa la porta in Libia?
Alberta: ho al mio attivo diverse forniture con l’Algeria la Tunisia, il Marocco. Sono paesi con i quali la Italexport srl opera abitualmente. Solo recentemente mi sono spinto in Libia che già conoscevo, ma avevo abbandonato. Ho trovato un paese in piena esplosione con necessità di molti prodotti. la Libia è ora aperta a ogni soluzione. Sono 35 anni che viaggio per il mondo, ma una realtà così caotica e in fermento come quella libica non me l’aspettavo. 

Domanda: può essere più preciso?
Alberta: in tanti anni di lavoro sono sempre partito con un prodotto. Quindi ho cercato le piste da seguire. Per esempio il tessile (filati), i derivati dal latte, le moto-spazzatrici. Stracci per lavar per terra, sapone da bucato, carta per asciugarsi le mani, la chimica per la pulizia.
Ciò che ho trovato in Libia è completamente diverso. Partito per un aspetto merceologicamente definito, ne ho dovuto gestire molti allo stesso tempo. In realtà quest’aspetto è tipico di tutti i paesi del Magreb, ma in Libia in forma particolare. Ho quindi chiamato più distributori europei già conosciuti in altre occasioni.

Domanda: è tutto oro quello che luccica?
Alberta: il “ bidone” è sempre dietro l’angolo. In Libia, la fregatura è compagna “fedele” di ogni avventura. Il caos commerciale, la difficoltà di lingua, la mentalità tipicamente araba, induce inevitabilmente ad una difficoltà di trattativa. E’ il contesto tipico per il “ bidone”. Badi bene che la parola avventura non l’ho scelta a caso.

Elaofok Elamea è general manager della Afok Lamee Company Cleaninig Servies. L’azienda di pulizia è attiva in Tripoli. L’email è afok_lame3@yahoo.com. L’impresa ha bisogno d’acquistare dal mercato europeo sia delle spazzatrici sia lavavetri. 

Domanda: Signor Elaofok com’è organizzato il mercato del cleaning in Libia?
Elaofok: non possiamo parlare di un’organizzazione comparabile con l’Europa. Da noi non ci sono gli elenchi telefonici perché ci conosciamo. Chi desidera essere chiamato, lascia il numero di telefono. In definitiva i contatti di business avvengono “face to face”.  Sarà anche un limite, ma la trattativa diretta ai vecchi tempi è molto sentita.

Domanda: questo significa anche che non è possibile avere dati sul mercato libico?
Elaofok: per questo si può chiedere alla Camera di Commercio.

Domanda: cosa state cercando dal mercato europeo?
Elaofok: dovendo assicurare la pulizia delle strade di Tripoli, abbiamo bisogno di spazzole per automezzi.

Un contatto fisso e sicuro in Libia, sono l’Addetto commerciale italiano, dott. Catalano e il direttore dell’ICE, signor Bonito.

Domanda: Dott Catalano cosa consiglia alle imprese occidentali che si stanno affacciando al mercato libico?
Catalano: la Camera di Commercio italo libica di Roma (tel. 06 8541450) ha pubblicato un libro. Il titolo è: “Libia, diritto commerciale e normativa societaria”.

Sa qual’è il guaio dott. Catalano? Gli imprenditori italiani non leggono!