Didattica a distanza, detta in codice DAD, da ritenersi ormai una delle metodiche abituali della scuola pubblica. In seguito alla pessima prova data dalla Scuola italiana in primavera 2020, la popolarità della DAD è veramente bassa.

Le famiglie non apprezzano lo sforzo della Scuola; in effetti hanno ragione.

Su 36 ore di lezione alla settimana, ci sono molti casi di studenti che hanno seguito insegnamenti on line per quasi e solo 10 ore/settimana. E’ un fallimento non ancora pagato dal Ministro che ha dimostrato così la sua inadeguatezza.

A dirla tutta però non si capisce come mai la Corte dei Conti non abbia elevato degli stati d’addebito sugli stipendi degli insegnanti. 

Docenti pagati per 36 ore di lezione alla settimana, quando ne hanno svolto forse 10, meritano l’integrale stipendio già versato loro?

Probabilmente la scuola non ha permesso ai docenti di svolgere il loro lavoro. Questa è una traduzione benevola di quanto accaduto. Certamente non è stato svolto il servizio come la legge richiede. Chi paga? Che siano i presidi o più in alto fino al Ministro è corretto che ci sia un’assunzione di responsabilità in tutto ciò.

La Scuola ha sbagliato, va boccata, ma nessuno è il bocciato: insegnanti, presidi e ministro tutti assolti. 

Chiarito che c’è un profilo di responsabilità amministrativa che la Corte dei Conti dovrebbe approfondire per la primavera 2020, il passo successivo è un altro.

Con l’ondata due della pandemia è molto probabile che la Scuola non possa assicurare un corretto funzionamento neppure per questo nuovo anno scolastico.

Non è un problema della Scuola, ma di procedure didattiche.

E’ necessario entrare nella logica di un doppio binario formativo che sia allo stesso tempo in aula e a distanza. La didattica a distanza deve entrare nelle nostre sensibilità.

Il vero problema non è se la lezione è reale o virtuale. Il punto sono le ore di lezione effettivamente svolte al giorno che non possono essere di meno rispetto a 6.