Solo, appena 174 morti in una guerra? Siamo certi che si tratti di una guerra e non di uno scontro tra bande rivali? Ai “miei tempi” la guerra era uno scontro tra civiltà, idee e forme di vita; in pratica qualcosa di epocale.
Quanto accade in Africa (uno dei 56 paesi del continente nero) esprime la solita farsa del colpo di stato. Una fazione, spesso tribale, vuole il sopravvento sull’altra. Nulla di più o di meno.
E con appena 174 morti in questa guerricciola ci dovrebbero essere 800.000 sfollati che verrebbero in Italia? Bastano i numeri per indicare che qui stiamo affrontando qualcosa di “strano”, sproporzionato, pilotato.
Cercando di spiegare cosa sia la guerra, serve sfoderare concetti come valori, idee, cultura, affermazione di principio e di vita. Per questo ci si batte fino in fondo.
Sfogliando le pagine di diritto internazionale, si trovano molti concetti di fonte ONU che limitano e criminalizzano la guerra. Bello, bellissimo, ma sono tutte balle!
In realtà il diritto internazionale ha senso quando lo scontro coglie le popolazioni e il genocidio. Ecco il punto nodale e di differenziazione con il passato.
Oggi, scatenarsi contro la popolazione innocente, vuol dire essere perseguitati nel fine conflitto per ogni esito abbia avuto lo scontro.
NON VANNO TOCCATI I CIVILI. E’ un concetto che sarebbe dovuto valere per gli alleati nei bombardamenti a tappeto sulla Germania e in Italia come per i tedeschi contro gli ebrei.
Sarebbe dovuto valere anche per i Turchi contro gli Armeni, solo che non è politicamente corretto.
Tornando sui “solo 174 morti” libici e sullo scadere del concetto di guerra a scontro tra bande rivali, rinasce la differenziazione culturale tanto soffocata dalla globalizzazione.
Quando penso alla guerra vedo Cina e Stati Uniti. Israele che lotta per la sua sopravvivenza. Lo scontro tra Occidente e mondo Islamico, per quanto il nemico sia così frantumato da non riconoscersi immediatamente tra immigrati e ostili.
La guerra è un fatto umano serio senza che vada sfruttato per importare 800.000 immigrati (oltre i 5 milioni già presenti regolari e 5 milioni non regolari) in Italia.