Meraviglioso esempio di descrizione applicato sull’unico Presidente Confederato, Jafferson Davis ultimo spunto, il suo stile di Comando.

A pagina 185: Ed egli (Davis) era lì, a Montgomery: e il Sud, la sua terra che egli amava di un amore appassionato, l’aveva chiamato a guidarlo in un’ora che egli prevedeva difficile quanto altre mai. Nè egli aveva sollecitato o desiderato l’altissima carica. Rientrato  a Briarfield, nel suo Mississippi, era stato nominato comandante in capo delle milizie statali: e personalmente desiderava servire la neonata Confederazione con un comando nelle forze militari che, egli prevedeva, si sarebbero dovute porre in campo.

Ma il Sud aveva fiducia in lui.

A pagina 186: Ma egli celava difetti di carattere non inferiori alle sue virtù (…) così la sua volontà di ferro diventava talora ostinazione, e qualche volta cieca ostinazione. Il suo carattere riservato e schivo lo spingeva a porre tra sè e gli altri un invisibile diaframma che lo faceva apparire freddo e (al alcuni) altezzoso; la sua profonda cultura giuridica ne faceva un esperto costituzionalista, ma lo portava in qualche caso a cavillare in maniera minuziosa e pedante, i suoi discorsi erano pieni di sincerità, d’equilibrio, di solida preparazione politica: ma generalmente mancanti di comunicatività e calore.

Totalmente privo del senso d’umorismo, suscettibile e umbratile, faceva d’ogni quisquiglia una questione di principio talché recalcitrava alle concessioni. Pessimo conoscitore della natura umana soffriva e s’adombrava quando gli altri non erano capaci di scoprire ed apprezzare la profonda umanità che era in lui: ma reagiva alle ferite irrigidendosi sempre più, e non facendo il minimo sforzo per penetrare, a sua volta, nell’animo altrui.

Era capace di suscitare ammirazione o disprezzo, timore o derisione, odio o reverenza: ma raramente amore. (..) era un accentratore, il che lo spingeva a volersi occupare di ogni dettaglio perdendo di vista qualche volta il nocciolo dei problemi, e a togliere ogni iniziativa ai suoi collaboratori trasformati troppo spesso in meri esecutori d’ordini. Sapeva valutare ed apprezzare gli uomini esperti e capaci e, privo com’era d’invidia, li poneva volentieri alle più te cariche di responsabilità: ma insofferente d’essere contraddetto (o meglio d’essere rimbeccato) s’urtava irreparabilmente con costoro se questi non avevano la pazienza e l’equilibrio necessari a prenderlo per il suo verso.

Ciò faceva si che, da un lato, egli fosse corrivo ad esprimere giudizi di totale sfiducia su uomini che erano invece d’elevate capacità, ma non idonei a lavorare con lui; ed apprezzasse invece coloro che sapevano “prenderlo”. Se costoro erano anche individui capaci, tutto era per il meglio: ma qualche volta si trattava d’inetti  e di poltroni che egli comunque difendeva a spada tratta, perchè era inflessibile nella amicizie così come nelle avversioni.

Questo meraviglioso esempio di descrizione prosegue.

Luraghi a pagina 187 conclude: capace d’autocritica, non amava le critiche altrui e non le digeriva; amico reale, rigido nelle questioni di moralità, era portato a vederne qualche volta l’aspetto formale per cui raramente sapeva innalzarsi da una visione puramente moralistica ad una concezione di superiore eticità.

La sua esperienza in materia militare avrebbe costituito una sciagura per la Confederazione, ché egli si reputava un grande condottiero, o per lo meno valutava le sue effettive capacità al di sopra, molto al di sopra de loro reale livello.