Luglio 2010. La ripresa è più lontana. Studi prof Carlini per industria degli stampi

Aggiornamento al 21 luglio 2010

Riferimenti:

www.toolox.com/surcharge.htm
http://www.lme.co.uk/
http://www.tokaicarbon.co.jp

Il quadro generale a luglio 2010

In base al rapporto del World Stell Association, pubblicato il 20 luglio, la ripresa rallenta. Ovviamente il punto di vista dell’Associazione è riferito all’output mondiale d’acciaio, che a inizio estate ha segnato una battuta d’arresto con solo 118,7 milioni di tonnellate prodotte. Il confronto con lo stesso mese del 2009 non è affatto consolante, infatti segna un + 18% perché, a causa della crisi, per poter effettivamente comparare le reali produzioni mensili si dovrebbe tornare al 2008. Comunque giugno segna un -5 milioni di tonnellate su maggio.
L’Europa si posiziona meglio rispetto le altre grandi aree mondiali
Migliore rispetto al dato globale della produzione mondiale di acciaio è il risultato europeo, che sul totale segna a giugno un +35,7% sul dato mensile con il 2009 e +44,6% su quello annuale. In particolare risultano in pieno recupero i grandi produttori europei con Germania, Francia e Italia rispettivamente a +64,4%, +40,3% e +37% sul primo semestre 2009 mentre corre meno la Spagna, ferma ad un +30,7%.
La Cina segna le prime battute d’arresto, aumentando la sua pericolosità

La Cina è un problema.

Lo è nella misura in cui dopo aver tanto corso a livelli senza precedenti, adesso sta chiudendo o rallentando nella sue attività, per cui milioni di persone (per la precisione 20) dalle città costiere rientrano nelle campagne. Ovviamente il malcontento popolare è altissimo, mettendo in crisi qualsiasi governo, soprattutto una dittatura, che rischia di confermare in questo modo come mercato e democrazia siano condizioni inscindibili. Se questi sono problemi interni, il “guaio” dal collasso sociale cinese, deriva dalle ripercussioni che incauti investitori e industriali rischiano per i loro capitali e stabilimenti realizzati in quel paese. L’accusa più semplice, mossa ai “capitalisti occidentali”, dal Partito Unico cinese è quella d’aver gonfiato l’economia del paese asiatico, inseguendo i soli interessi americani e europei, lasciando adesso cadere il PIL cinese generando disoccupazione e povertà. Come accaduto in molti paesi comunisti, la nazionalizzazione (confisca) dei beni di produzione occidentali, è un atto di risarcimento a chi oggi ha perso il lavoro ed è tornato a coltivare la terra come i suoi avi negli ultimi 5000 anni. Sembra fantapolitica, ma non lo è. Qui negli Stati Uniti, dove questo rapporto è scritto per la stampa italiana, l’ipotesi è seriamente presa in considerazione a tutti i livelli del mondo governativo, economico e accademico.
Per citare dei numeri, la Cina, nel solo mondo dell’acciaio, ha prodotto in giugno 53 milioni di tonnellate, ovvero 3 in meno su maggio. Per un adeguato confronto, sempre in giugno 2010 se l’Europa dei 27 ha prodotto 15,3 milioni di tonnellate, il Nord America 9,8 l’Asia nel suo complesso, ivi inclusa la Cina 74,7.

Il risveglio del Nord America

L’unica area geografica a registrare un aumento d’output anche sul mese precedente è quella nord americana. Rispetto all’anno precedente si hanno percentuali record: +55,2% su giugno 2009 e +60,1% sul dato del primo semestre (confronto tra quest’anno e il precedente) A guidare la ripresa nordamericana sono soprattutto Canada e Stati Uniti, la cui siderurgia sta decisamente spingendo anche se, a ben guardare i dati, nonostante le grandi percentuali di recupero sull’anno peggiore della siderurgia mondiale (il 2009) si mantengono in media con quelli del 2007, oscillando tra il -12 e il -15%.

Il cambio con il dollaro a luglio 2010

Un corretto cambio tra l’euro e il dollaro si attesta su 1 euro per 1.25 dollari. Tutte le successive variazioni sono delle oscillazioni che possono essere in più come in meno. E’ importante che i lettori di STAMPI conoscano questo dato di riferimento per le loro scelte.

Cosa s’impara dagli USA

Sono anni che attraverso in lungo e per largo il New Mexico, ma non mi ero mai accorto di come uno stato, arido, spoglio e vittima di una natura ingrata si fosse così ben organizzato per vivere bene. L’occasione per capire questo concetto è nata all’Università di Albuquerque, importante centro dello Stato, dove per iscrivere mia figlia mi hanno chiesto quale facoltà tecnica avrebbe voluto seguire. Non hanno neppure perso tempo a discutere d’indirizzi umanistici, o di economia come marketing; no, sono andati diretti su ingegneria o fisica per proseguire con chimica e infine geologia. In quel mentre non ho capito una scelta così ridotta che ho giudicato una rigidità. Successivamente recandomi a Las Cruces, poche miglia a nord di El Paso, ho lavorato presso il centro nazionale di missilistica congiunta tra le più forze armate e la NASA. Terminato questo impegno e percorrendo la interstate 25, che attraversa da sud a nord tutto lo stato, osservo:

– dalla missilistica schierata intorno all’area di White Sands;

– alla astrofisica e comunicazione spaziale, collocata nel centro dello stato (chi si ricorda il film con Judie Foster, CONTACT? Ebbene l’ ho visitato )

– quindi la ricerca nucleare sia per scopi civili che militari, situata sia nel deserto come a Los Alamos che in Albuquerque;

– la sanità quale ricerca medica a tutto campo, distribuita in molti centri e ospedali disseminati a pioggia.

Un giovane che volesse lavorare in New Mexico, a questo punto che cosa studia? Sicuramente la geografia come la storia hanno un senso qui come altrove, ma è molto più probabile che dovrà impegnarsi in materie tecniche e diventare un buon ingegnere o astrofisico per ottenere un buon posto di lavoro. Fin qui l’America, ma il pensiero corre a “casa mia”, all’Italia. Penso alla provincia di Siracusa ad esempio. Perché in New Mexico (come in Arizona con l’industria aeronautica) e non da noi è stato affrontato il tema della specializzazione del lavoro in un’area depressa, per cui da arida ora è fertile di tecnici d’alta qualità a livello mondiale? Cosa ha fatto scattare la molla negli Stati Uniti e ancora non è partita in Italia? Non è questa le sede per dare risposte che il nostro paese attende da almeno un secolo. Sicuramente l’esperienza della Cassa del Mezzogiorno e dell’industrializzazione pesante del sud d’Italia, ha avuto una logica seguendo quanto qui in New Mexico è stato fatto, solo che:

– gli italiani non hanno poi proseguito l’idea dell’industrializzazione del sud, divorati tra mille dubbi;

– e gli americani sono partiti prima di tutto dalla scuola, formando una nuova generazione di tecnici da inserire a Los Alamos (citando uno dei tanti laboratori di ricerca) per generare nuove applicazioni.

Traducendo questo ragionamento in aspetti compatibili per i lettori, mi vengono in mente quelle imprese che dicono: non possiamo perché non c’è liquidità, nessuno ci aiuta, viviamo in un deserto di prospettive, gli insoluti etc.. Non che questi problemi non siano gravi e urgenti, ma la ricerca dov’è? A Tucson (Arizona) ho visitato 7 rottamai diversi, che vincendo il contratto dall’Air Force smontano aerei riducendoli in lamiere di metallo. Si sono inventati un lavoro!
Non vorrei l’esempio fosse troppo tirato, ma se da una terra arida un’intera generazione oggi vive di alta tecnologia, possono le nostre piccole aziende trovare attraverso la ricerca, lo studio, i contatti, i nuovi mercati, soluzioni tali da prosperare? Il motto dell’università di Las Cruces è: live, learn, thrive. (vivi, studia e prospera) La conclusione è semplice: non basta “fare impresa”, serve studiare (quale livello di scolarizzazione hanno i nostri capi d’azienda e responsabili?) e quindi creare pensiero, idee e punti di vista per trovarsi sempre un passo avanti rispetto “ai cinesi” che sanno lavorare tanto, pensare poco e creare ancora meno. Di cinesi qui in New Mexico e in Arizona, non c’è ne uno, tranne qualche spia con il compito di copiare e replicare. Saremo in grado, come PMI di rilanciare la nostra cultura d’impresa attraverso nuove idee da cercare ogni giorno in tutti i campi?

Alluminio a luglio 2010
Nelle leghe primarie, i principali consumatori europei stanno operando in piena capacità lavorativa da cui i produttori di billette secondarie hanno avuto un aumento degli ordinativi per il terzo quadrimestre. La mancanza di semilavorati e prodotti primari, ha colpito il mercato in quello che stagionalmente è il periodo migliore dell’anno, dal punto di vista dei consumi. Tutto ciò ha spinto verso l’alto i premi dei principali prezzi, per cui i lingotti 99.7 subiscono premi superiori ai 300 dollari la tonnellata e premi per billette superiori ai 400. I principali venditori di rottami sono concentrati tutti sul mercato nazionale ed europeo per sostenere i fabbisogni delle industrie nazionali, nonostante il mercato d’esportazione sia particolarmente interessante sui low grades.
Tutte le fonderie hanno un discreto carico di ordini tanto che si lavora al 70-80% di capacità.

Rame a luglio 2010
Nell’ultimo mese il rame ha guadagnato l’11% sull’LME spinto dal crollo degli stocks mondiali, confermandosi metallo speculativo. Non ci sono le prospettive perché possa ancora essere tale, considerata la volontà di tutti i governi di ridurre la piaga della speculazione.