La Crisi di comunicazione della Confindustria italiana

I fatti

Un’impresa versa la sua quota d’iscrizione annuale alla Confindustria italiana: 2.500 euro scarsi che entrano nelle Casse della sede di Treviso della confederazione degli industriali. Quest’anno l’azienda decide finalmente di dotarsi di un piano di marketing e chiede alla Sede di Treviso i dati tendenziali di mercato: rapporti, grafici, proiezioni etc. La Confindustria di Treviso risponde di non essere in possesso di queste proiezioni invitando l’azienda a rivolgersi a Milano presso UNIONPLAST cosa che avviene immediatamente, godendo anche del sollecito alla collaborazione di Treviso. Passano 20 giorni e finalmente dopo un litigio telefonico (Unionplast si lamenta del tono) arriva l’ultimo rapporto d’analisi del mercato.

Evviva! Studiando il sito di UNIONPLAST l’azienda chiede il permesso di poter leggere i diversi comunicati e informative di mercato, ma gli viene negata l’assistenza.

A quel punto, ulteriormente spazientita, l’azienda si rivolge al Direttore Generale della Confindustria e al Presidente formulando questa domanda: a cosa serve una Confindustria che non comunica? Si resta in attesa di una risposta a 7 giorni dall’invio della richiesta d’intervento ai massimi dirigenti della Confindustria nazionale.

Considerazioni

Da molti anni i diversi uffici studi della Confindustria non consentono l’accesso pubblico agli studi che producono; quest’atteggiamento è contrario sia o ogni elementare regola di marketing che alla civiltà della comunicazione. La Confindustria se sapesse applicare la sociologia e il marketing, cercherebbe di coinvolgere e invitare anziché respingere. Ovviamente si pone il problema di motivare la quota d’iscrizione che le aziende pagano per mantenere la Confindustria. Ebbene questa motivazione andrebbe cercata nella partecipazione a convegni ed eventi formativi che dovrebbero essere gratuiti per gli iscritti e a pagamento per i visitatori. Proseguendo su questo ragionamento, potrebbe esserci una gratuità negli organi stampa di categoria per gli iscritti e a pagamento per gli altri, certamente però il far geloso tesoro delle ipotesi di sviluppo del mercato non è saggio per chi vorrebbe essere punto di snodo tra il sistema produttivo nazionale e la società che pensa, studia e ragiona.

Conclusioni

Serve una Confindustria che non comunica?

 

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