Costi pieni e diretti, due criteri diversi di conteggiare l’utile lordo mensile aziendale.

Purtroppo la linearità di questi concetti, costi pieni e costi diretti è sporcata, in Italia, dall’abuso di linguaggio straniero. Non riusciamo a dire costi pieni, perchè i nostri studenti non sanno di cosa stiamo parlando, per loro sono full costing. Ne consegue che anche quelli diretti sono spesso tradotti in direct costing. Al di là dell’immaturità linguistica  e della deriva esibizionistica nello sfoggiare parole che fanno “fighi” a zero sostanza, ora i contenuti.

I costi diretti sono concentrati sui costi variabili perchè vogliono determinare l’utile di periodo SULLE VENDITE EFFETTUATE.

Al contrario i costi pieni si basano sulla VALORIZZAZIONE DEL MAGAZZINO considerato reddito. Detto ancora meglio, nei costi pieni l’invenduto concorre alla determinazione del valore d’impresa.

Lanciato il concetto ora maggiori approfondimenti.

L’utile aziendale emerge dalle vendite o dalla produzione?

Il fisco afferma che l’utile è determinato anche dalla produzione che è ancora in magazzino (perchè vuole allargare la base di reddito sui cui applicare le tasse). Al contrario la logica ritiene che l’utile sia il venduto e non lo stoccato in attesa di vendita.

A questo punto cosa utilizzare per correttamente considerare l’utile?

In un mondo normale la produzione poi si concretizza in venduto nel corso del tempo. Il fisco vuole “aggredire” per prendere a tutti i costi qualcosa e s’attacca allo stoccato/invenduto in magazzino, valorizzandolo al prezzo di produzione.

Quest’atteggiamenti predatori da parte dell’Agenzia delle Entrate, non devono però disorientare l’impresa dal corretto calcolo di un utile calcolato sulle vendite anzichè la produzione. Che l’azienda faccia il suo corso per costi diretti, lasciando con rassegnazione il bilancio redatto a costi pieni.

Il ragionamento fiscale è basato sulla considerazione che se si dovesse liquidare l’azienda, il magazzino sarebbe monetizzato almeno al valore di costo considerato il minore tra mercato e di produzione. E’ vero. Su questo il fisco ha ragione tranne che in caso di fallimento, i prodotti saranno svenduti. Questo è un ulteriore esempio di quanto il fisco sia sganciato dalla realtà.

Concludendo, i costi diretti sono per valorizzare l’utile sulla base delle vendite.

Al contrario i costi pieni valutano il magazzino come ricchezza aziendale e quindi utile.

E’ corretto utilizzare per una visione interna i costi diretti sapendo che il bilancio e le tasse traduce il tutto in costi pieni.

A seguire uno schema che contrappone, nello stesso mese, costi pieni ai diretti.

Si ringrazia la Mondadori per il miglior contributo sul tema presente nel panorama editoriale. Testo “telepass” volume 5 pagine 245-247