Colpo di stato in Egitto, cosa pensarne? di Giovanni Carlini. 

Il colpo di stato in Egitto aggiunge fermento all’intera area del Mediterraneo. In realtà non è solo l’Egitto un problema ma la Siria, la Turchia, l’intero Medio Oriente. Quindi l’Iran, l’Afghanistan, il Pakistan e la stessa Tunisia. E’ obbligatorio proseguire nell’elenco dei paesi che traballano con la Libia ma anche il Sudan, il Mali e a volte l’Algeria. Quindi l’Oman, il corno d’Africa, la Nigeria. Tutti questi paesi sono islamici e quindi instabili?

Per rispondere alla domanda servono delle premesse.

L’Occidente, nelle paci di Vestafalia del 1648, ha saputo dividere, Stato da Chiesa. Nell’Islam questa divisione non è ancora avvenuta a distanza di 400 anni dall’esperienza occidentale. A questo ragionamento c’è un importante eccezione. La Turchia. Un paese che ha dimostrato tutti i suoi limiti tra il 2016 e il 2017. Peccato. Le riforme istituzionali di Mustafa Kemal Ataturk, nella Turchia degli anni Venti, (1923) non hanno ottenuto lo scopo.

Finchè non verrà risolta la convivenza, tra fede religiosa e politica la tensione sociale è destinata a lievitare. Da qui la strutturale crisi di tutti i paesi arabi e islamici.

Quale la novità nel pensiero istituzionale arabo rispetto le primavere? Non solo, il colpo di stato in Egitto esprime qualcosa di nuovo? La novità consiste nella globalizzazione e l’uso di internet come relazione sociale. Questo mezzo ha saputo scardinare gli assetti tradizionali. Ciò ha imposto una corrispondenza a 3 tra modernità, forma di governo e gli stili di vita correnti.

Ne consegue che l’Occidente paga la globalizzazione in termini di disoccupazione, per aver ecceduto nella delocalizzazione. I paesi islamici in un lungo processo sociale cercando un nuovo equilibrio tra sacro e profano.

Dovremo abituarci ai colpi di stato e alle tensioni sociali in tutta l’area araba. Proteste, colpi di stato e guerra civile. Queste sono le meditazioni che emergono dal colpo di stato in Egitto. Un paese che cerca la laicità.