Antieuropeismo intelligente: una distinzione tra successo economico e fallimento politico.


Antieuropeismo, le premesse per meglio capire.
La superficie mondiale controllata dagli europei nel 1800 era il 35% ma nel 1914 salì all’84,4%. Di fronte a tanto potere (appunto imperiale) le energie che ne scaturirono portarono a 16 milioni di morti con la prima guerra mondiale a cui ne seguirono altri 55 con la seconda.
Con un simile dissanguamento, l’Europa cessò il ruolo imperiale consegnando agli Stati Uniti e all’Unione Sovietica la leadership.

Una lettura storica e sociologica
A questa traduzione storica ne segue un’altra di natura sociologica, relativa al ruolo della donna nella società. Infatti se in tutto il mondo, dai tempi di Tucidide (IV° sec. a.C. che rappresenta il primo storico dell’umanità avendo scritto “La guerra del Peloponneso) le donne avevano solo 2 funzioni: affettiva e riproduttiva, nei territori dove si scatenò il primo conflitto mondiale (in Occidente) il genere femminile dovette per forza di cose, subentrare ai caduti. 
In questo modo le donne acquisirono definitivamente un ruolo lavorativo, ben diverso da quello ausiliario nelle fattorie, entrando in fabbrica e nei cicli di lavorazione intensivi. Nel nuovo ruolo lavorativo (il terzo) conseguendo delle retribuzioni, il genere femminile benché rappresentato da vedove, figlie senza padre, fidanzate prive di partner, poterono sfamarsi e allevare i figli, ma anche assecondare un dono tutto peculiare, quello estetico, ovvero farsi più belle: ecco in arrivo le calze di nylon, quindi i tacchi alti negli anni Cinquanta e così via. Con ben 4 funzioni, le sole donne occidentali iniziarono a pensare, studiare, scrivere e pubblicare quindi acquisirono una quinta funzione: quella intellettiva.
Giunti negli anni sessanta, i tempi furono maturi per acquisire anche una sesta e ultima funzione; quella consumistica. Grazie a questo ruolo (basta osservare quante paia di scarpe hanno le donne rispetto agli uomini) nasce la società dei consumi che rappresenta un boom economico. Un successo! L’occidente ritrova così, oltre alla forma politica (la democrazia) anche il predominio economico sul mondo grazie al consumismo, differenziandosi in forme radicali dal resto del mondo.

Per gestire il successo industriale nasce la CEE
Per progettare e gestire lo sviluppo economico, l’Europa dovette scendere a patti con se stessa e fondare la CECA (unione doganale per il carbone e l’acciaio) quindi evoluta in CEE per l’abbattimento delle barriere al commercio. Fu un grande successo a cui dobbiamo la ricchezza di oggi. Il manifatturiero europeo, sostenuto dall’integrazione europea, in ambito CEE, rappresenta tuttora il motore del successo e della ricchezza occidentale.

Purtroppo dall’aspetto economico si passa a quello politico. Si motiva l’antieuropeismo.
Purtroppo però la CEE si è evoluta in UE, acquisendo un ruolo politico. Sono i tempi del prof. Prodi e dell’allargamento a 27. 27 lingue diverse, assetti culturali mischiati tra quelli ortodossi e occidentali nel tentativo di portare anche la cultura islamica (la Turchia) in ambito UE. Va ricordato come le culture (9 in tutto nel mondo) rappresentano spesso un ostacolo dimenticato da tutti, tranne quando drammaticamente si è costretti a prenderne atto. Quindi anche grazie al prof Monti siamo arrivati all’euro, ovvero una sola moneta per 17 economie diverse, quindi 17 lingue e culture differenti! Infine la UE ha spinto per la delocalizzazione, aprendo quella voragine che si chiama crisi anche per carenza di lavoro, nella quale stiamo soffrendo oggi. La delocalizzazione ha comportato il trasferimento di posti di lavoro dall’Europa al resto del mondo, da cui il crollo dei mercati interni. Come gli USA dal marzo del 2012 stanno riportando “a casa” le imprese prima de localizzate, l’Europa, con il programma Tajani, sta studiando se entro il 2020 potrà ricomporre il manifatturiero europeo al 20% delle merci vendute nel mercato continentale, assorbendo la devastante disoccupazione che ci sta stritolando.

L’euro e la delocalizzazione: motivi di fallimento da cui nasce l’antieuropeismo
Considerando il fallimento dell’euro, la superficialità nella delocalizzazione, gli stipendi folli e le politiche sganciate dalla realtà, la UE politica è un fallimento. 
Essere antieuropeisti, oggi vuol dire distinguere tra l’Europa economica, che resta un successo da quella politica da ridimensionare. 

Conclusioni agli studi sull’antieuropeismo
La prima considerazione che emerge da un titolo riconducibile all’euroscetticismo è che non sia affatto intelligente. Di fatto, però, di fronte al dogmatismo acritico istituzionale, per cui la UE non è criticabile, emerge naturalmente una riflessione che non è di destra o di sinistra, ma di persone che si pongono degli interrogativi per crescere.
In effetti essere contro l’Europa è alquanto sciocco, ma di quale Europa stiamo parlando? Laddove il riferimento corra alla UE politica il giudizio è negativo, giustificando scetticismo e disinteresse per smontare un carrozzone che non produce benessere.
La crisi greca è senza dubbio figlia di un paese che non ha saputo gestirsi adeguatamente in un retaggio culturale inadeguato (eccessi di garanzie per tutti) ma rappresenta anche un insuccesso della UE politica. Lo schema si replica nella penisola iberica. Il problema qui non è più se essere a favore o no della UE, ma come riformarla. Potrebbe essere che la Germania esca dall’euro? Ecco che difendere a oltranza fallimenti come l’euro e la UE, non è utile per uscire da una crisi di sistema, che ci sta logorando dentro, nel mercato interno ormai collassato.
De Gaulle parlò di un’Europa delle Nazioni. Sicuramente re-interrogarsi sulla bontà del progetto è saggio, pensando al ritorno delle monete nazionali collegate in una per le transazioni internazionali. Quindi a un contratto di lavoro europeo, a un manifatturiero europeo, a regole comuni nella sanità, a un codice civile, penale e fallimentare condiviso, a scuole con percorsi simili, a canali televisivi e quotidiani continentali, anziché difetti politici messi in comune.
Auguriamoci buona fortuna.